YouTube non è un editore

Ius On line 31/05/12

Tribunale de Grande Instance Parigi (Francia), 29 maggio 2012

Parti: S.A. Television Francaise 1 – TF1 / YouTube LLC

FATTO

La controversia vede contrapposti, da un lato, la società televisiva generalista TF1 (un tempo emittente pubblica, poi ceduta ai privati) e, dall’altro, YouTube.

L’oggetto del contendere, come è facilmente immaginabile, è la ritrasmissione, sulla piattaforma della società di Mountain View, di alcuni spezzoni di proprietà del canale televisivo, tra cui interviste politiche, spezzoni di partite di calcio e di gran premi di Formula 1, estratti da telefilm (“The Departed” e “Grey’s Anatomy”), puntate di cartoni animati (Barbapapa).

A fronte di tali ritrasmissioni, TF1 domandava la condanna di YouTube ad un risarcimento complessivo pari a 150 milioni di euro per violazione del Codice sulla proprietà intellettuale (in particolare l’art. 216-1 che subordina la diffusione e la ritrasmissione di un’opera dell’ingegno all’autorizzazione del titolare dei diritti), della Convenzione di Roma del 26 ottobre 1961 e dell’art. 1382 del Code civil (corrispondente al nostro art. 2043 c.c.).

Tale condanna si fonderebbe, a giudizio dell’attrice, sulla circostanza che YouTube non si limiterebbe ad un ruolo di mera intermediazione tecnica e dunque non svolgerebbe attività di hosting, trovandosi, viceversa, in una posizione attiva, equiparabile a quella di un editore, avente capacità di controllo sui contenuti pubblicati sulla piattaforma.

DECISIONE

I giudici parigini hanno rigettato tutte le istanze formulate da TF1, condannandola anche al pagamento delle spese legali, quantificate in € 80.000.

In primo luogo, la sentenza rigetta la domanda di concorrenza sleale, affermando che la durata limitata della ritrasmissione impedisca la realizzazione dell’illecito, atteso che, per la visione dell’intero programma, gli utenti dovrebbero comunque servirsi del tradizionale canale televisivo.

A tal riguardo, molto interessante, poi, appare l’inciso nel quale si statuisce espressamente che “il modello economico sviluppato dalla società YouTube nella sua qualità di fornitore di hosting non è né vietato, né illecito e nessuno sviamento di clientela” può esserle rimproverato.

L’osservazione non è di poco conto, se si riflette sulla motivazione che spinge, non solo in Francia, le società televisive ad agire contro YouTube (si pensi, ad esempio, ai casi Viacom negli Stati Uniti ed a quelli RTI e Telecinco rispettivamente in Italia e Spagna).

Siamo al cospetto, difatti, non di un problema strettamente connesso con una violazione del diritto d’autore, ma di uno scontro tra diversi modelli di business, che affonda le sue motivazioni nella modifica delle abitudini di entertainment degli utenti, che preferiscono trascorrere il proprio tempo libero cercando video su YouTube piuttosto che dinanzi alla televisione. Ciò determina, come è facile immaginare, la migrazione degli investimenti pubblicitari che vengono canalizzati verso i servizi internet a discapito dei media tradizionali.

Rigettata altresì anche la richiesta di condanna per illecito sfruttamento dei marchi di impresa TF1 e LCI (l’emittente news di proprietà della società attrice), dal momento che non sarebbe stato dimostrato lo sfruttamento commerciale di tali marchi per i prodotti o servizi offerti da YouTube.

Il passaggio più rilevante della decisione, invero, è quello nel quale i giudici d’Oltralpe affermano, facendo chiarezza su di un punto controverso nella materia che ci interessa, che l’attività di YouTube rientrerebbe nella nozione di hosting e non sarebbe in alcun modo assimilabile all’attività editoriale.

A nulla sono valse le contestazioni sollevate dalla televisione francese secondo le quali Google – in relazione al servizio YouTube – non avrebbe dovuto essere considerato un intermediario della comunicazione in quanto procederebbe ad una verifica a priori al fine di “censurare” la pubblicazione di taluni contenuti che “ritiene contrari alla propria linea editoriale”, all’organizzazione dei contenuti ed alla vendita di spazi pubblicitari.

Egualmente irrilevante secondo i giudici francesi la circostanza che Google, attraverso le condizioni generali relative al servizio YouTube, acquisisca, in automatico, i diritti d’autore necessari allo sfruttamento dei contenuti postati dagli utenti.

Nessuna di tali circostanze, infatti, farebbe venir meno la qualità di fornitore di hosting in capo a Google.

In particolare, secondo i giudici francesi, la disciplina in materia di responsabilità degli intermediari non potrebbe in nessun modo essere interpretata nel senso di prevedere che l’eventuale raccolta di pubblicità connessa ai contenuti pubblicati comporterebbe la perdita dello status di intermediario e, egualmente, a tale conclusione non potrebbe condurre la circostanza che Google si riservi il diritto di utilizzare i contenuti dei propri utenti, in assenza di qualsivoglia prova di un effettivo esercizio di tale diritto al fine di conferire alla piattaforma una specifica linea editoriale.

 

La sentenza integrale è disponibile qui

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