YouTube, in Spagna, non è responsabile dei contenuti pubblicati dagli utenti

Ius On line 20/12/11
Scarica PDF Stampa

 Juzgado de lo Mercantil di Madrid (Spagna), 20 settembre 2010

Parti: Gestevision Telecinco SA, Telecinco Cinema SAU v. Youtube

FATTO

La problematica sottoposta ai giudici spagnoli era relativa allo sfruttamento, da parte di YouTube, di spezzoni di video di proprietà della società attrice.

Gli spezzoni, caricati da utenti di YouTube (e, quindi, da soggetti terzi, non direttamente dal gestore della piattaforma) riproducevano, a giudizio di Telecinco, opere dell’ingegno coperte dal diritto d’autore (di cui era titolare ovviamente Telecinco stessa), in assenza di una apposita licenza.

DECISIONE

Inizialmente, la Corte commerciale di Madrid (Juzgado de lo Mercantil di Madrid, 23 luglio 2008) emetteva un provvedimento d’urgenza, inaudita altera parte, accogliendo le richieste di parte attrice.

Successivamente, a seguito della lettura delle eccezioni della parte resistente, con una ordinanza del 21 novembre 2008, la stessa corte ordinava a Telecinco di fornire gli URL o i codici dei video da rimuovere.

La decisione finale ha tuttavia rigettato l’istanza di parte attrice.

Innanzi tutto, i giudici madrileni hanno ammesso che il servizio offerto da YouTube rientri tra quelli previsti dalla direttiva sul commercio e che, di conseguenza, YouTube sia un prestatore della società dell’informazione.

YouTube, in quanto soggetto intermediario, non ha l’obbligo di controllare la liceità dei contenuti caricati sul proprio servizio, ma unicamente quello di collaborare con i titolari dei diritti. Il prestatore intermediario, a giudizio della corte, avrebbe adempiuto ai suoi doveri, anche per mezzo del sistema di notifica denominato Video ID.

La decisione si sofferma anche sul concetto di “effettiva conoscenza”, rilevando che l’illiceità del contenuto pubblicato deve comunque essere dichiarata da un organo giurisdizionale o amministrativo e che non sia sufficiente l’invio di una comunicazione dal titolare dei diritti al prestatore intermediario. Nello stesso senso si era già pronunciata la giurisprudenza spagnola, nel caso deciso dall’Audiencia Provencial di Madrid il 19 febbraio 2010.

Sul punto, la decisione rileva altresì che la nozione di “effettiva conoscenza” debba essere interpretata in senso restrittivo. Difatti, non è sufficiente che si abbiano dei sospetti o degli indizi (il corrispondente, nel diritto italiano, alfumus boni juris), ma sia necessario che la prova dell’illiceità sia fornita dettagliatamente.

“Ciò significa – prosegue la decisione – che, nel caso concreto, partendo dal principio secondo cui non grava sulla convenuta alcuna obbligazione di monitorare o controllare preventivamente i contenuti caricati sul proprio sito web, il ricorrente debba informare effettivamente YouTube dei contenuti che possono ledere la titolarità dei propri diritti di proprietà intellettuale”.

La notifica dei presunti contenuti illeciti – prosegue la decisione – non dovrebbe essere massiccia e incondizionata, ma dovrebbe individuare concretamente e singolarmente i materiali protetti. De resto, si legge ancora nella pronuncia in esame, “è possibile che molti dei video che gli utenti hanno caricato sul sito YouTube siano spezzoni non protetti dalla legge sulla proprietà intellettuale o semplici parodie di programmi di proprietà di Telecinco che non sono coperti da tale tutela”.

Interessante appare anche il punto della sentenza nel quale si discorre del sistema di rilevamento (Video ID) predisposto da YouTube. A tal riguardo, si afferma che “Per farlo, il convenuto ha stabilito, come abbiamo visto sopra, un sistema di rilevazione e di verifica che consente il controllo da parte di terzi interessati dalla possibile violazione dei diritti di proprietà intellettuale. Certo, siamo d’accordo che non sia una procedura semplice e conveniente per l’attore, soprattutto perché porta l’ingrato compito di monitoraggio e controllo dei contenuti ospitati nel sito del convenuto. Ma risponde alle priorità che la Comunità e legislatori nazionali hanno stabilito”.

Infine, la decisione si concentra sui rapporti tra la direttiva sul commercio elettronico e la direttiva c.d. enforcement. Nelle motivazioni si legge testualmente che: “L’attore sostiene che con la riforma, di cui all’articolo 138 della legge sulla proprietà intellettuale, sia perfettamente possibile articolare un’azione contro gli intermediari che forniscono servizi della società dell’informazione, anche se gli atti compiuti da questi intermediari non costituiscono di per sé una violazione.

Questa affermazione è solo parzialmente vera, perché entrambe le disposizioni che contemplano le ingiunzioni prevedono un’eccezione nel loro ultimo comma che prevede che ciò debba avvenire ‘nel rispetto delle disposizioni della Legge 34/2002, del 11 luglio sui servizi della società informazione e commercio elettronico’. E’ dunque una prova lampante che l’eccezione prevista con l’espressione ‘senza pregiudizio’ sia alla base della possibilità di presentare un ricorso contro i servizi senza intermediari e che, a questo riguardo, la legge sulla proprietà intellettuale non aggiunge alcuna nuova esenzione alla LSSI” (la legge di recepimento della direttiva sul commercio elettronico”.

Il testo integrale della decisione è disponibile qui

Ius On line

Scrivi un commento

Accedi per poter inserire un commento