L’articolo 38 del D.Lgs. 163/2006 prevede i c.d. requisiti di ordine generale, che debbono necessariamente possedere i soggetti al fine di partecipare alle procedure di affidamento per gli appalti di lavori, forniture e servizi, ed al fine di potere stipulare i relativi contratti, oltre che per rimanere affidatari di subappalti.
Tali requisiti possono essere dimostrati dagli operatori economici anche mediante dichiarazione sostitutiva di cui al D.P.R. 445/2000, che però va verificata dalla stazione appaltante. Detta verifica va fatta sia in ordine alla procedura di affidamento – tant’è che l’aggiudicazione definitiva diventa efficace solo dopo la verifica dei requisiti (cfr. art. 11, comma 8, D.Lgs. 163/2006) – che in ordine alla stipula del contratto di appalto.
Pertanto, senza la previa verifica dei requisiti generali previsti dall’articolo 38 del codice dei contratti, non è possibile procedere all’affidamento, nè alla stipula del contratto, nè, tanto meno, all’esecuzione dell’appalto.
Ciò potrebbe comportare non pochi problemi laddove l’appalto dovesse iniziare in tempi brevi, insufficienti per potere procedere all’acquisizione dei documenti presso altre amministrazioni.
Particolarmente problematica è, ad esempio, la verifica del requisito – previsto nella lett. b), primo comma, dell’art. 38 – dell’assenza di procedimenti per l’applicazione di una delle misure di prevenzione di cui all’articolo 3 della legge 27 dicembre 1956, n. 1423 e s.m.i. o di una delle cause ostative previste dall’articolo 10 della legge 31 maggio 1965, n. 575 e s.m.i. o l’assenza di misure di prevenzione definitive che comportano, ai sensi e per gli effetti del combinato disposto dell’art. 38, comma 1, lett. m), del D.Lgs. 163/2006, e dell’art. 67 del D.Lgs. 159/2011, l’impossibilità di contrarre con la pubblica amministrazione. La problematicità deriva dal fatto che la verifica dell’assenza di tali cause d’esclusione, da effettuare presso le Prefetture di competenza, può comportare tempi molto estesi (anche oltre i 30 giorni) che potrebbere essere incompatibili con appalti che, per ragioni improcrastinabili, dovessere essere iniziati prima.
A tale problema, tuttavia, c’è oggi una soluzione: l’iscrizione alla “white list” della Prefettura in cui ha sede l’operatore economico e che equivale a certificazione dell’insussistenza delle cause ostative alla partecipazione alle procedure di affidamento di appalti pubblici ed alla stipula dei relativi contratti. Più precisamente, consiste in un elenco, tenuto presso ciascuna Prefettura, in cui sono riportati i nominativi degli operatori economici operanti nei settori a rischio d’infiltrazione mafiosa (noli a caldo, movimentazione terra, trasporto e smaltimento rifiuti etc.). La normativa di riferimento è contenuta nell’art. 1, commi da 52 a 57, del D.LGS. 190/2012, e nel D.P.C.M. di attuazione del 18 aprile 2013 (pubblicato sulla GURI – Serie Generale n. 164 del 15 luglio 2013).
In particolare va notato che, a mente dell’articolo 2, comma 2, del D.P.C.M. del 18 aprile 2013, l’iscrizione in white list comprova l’assenza delle cause di decadenza, sospensione o di divieto di cui all’art. 67 del Codice Antimafia (D.Lgs. 159/2011) e l’assenza di tentativi di infiltrazione mafiosa tendenti a condizionare le scelte e gli indirizzi dell’impresa, di cui all’art. 84, comma 3, del medesimo Codice Antimafia.
Pertanto, qualora un appalto dovesse essere iniziato in tempi molto ristretti – si pensi a servizi da iniziare entro qualche giorno o settimana dall’inizio della procedura selettiva -, l’amministrazione avrà l’opzione di scegliere imprese iscritte nella white list della Prefettura competente. Da ciò ne deriva l’opportunità e la convenienza, per le imprese che partecipano sovente ad appalti pubblici, ad iscriversi nella white list citata – purchè si tratti di imprese operanti nei settori sensibili ed a rischio di infiltrazione mafiosa, così come individuati nel D.P.C.M. del 18 aprile 2013.
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