Il prelievo è rivolto alle multinazionali che operano nei settori del digitale, e che spostano i loro profitti verso giurisdizioni fiscali maggiormente favorevoli. L’obiettivo è quello di contrastare l’erosione fiscale tipica delle transazioni “on line” internazionali poste in essere anche in assenza di una presenza materiale dell’impresa nello Stato.
Il decreto interviene sulla norma introdotta dalla Legge di Bilancio 2019 (art. 1, commi 35-50, della Legge n. 145 del 30 dicembre 2018) che aveva abrogato la precedente web tax “imposta sulle transazioni digitali” introducendo la nuova web tax “imposta sui servizi digitali”, ma che a seguito della mancata emanazione dei provvedimenti attuativi non è entrata in vigore.
Questa volta la web tax entrerà in vigore senza alcun decreto attuativo, ma solo con le modifiche operative apportate dal decreto fiscale alla disciplina dello scorso anno.
L’imposta, secondo quanto previsto dal testo, resterà in vigore fino all’attuazione delle disposizioni che deriveranno da accordi raggiunti nelle sedi internazionali in materia di tassazione dell’economia digitale.
Vediamo in dettaglio cos’è la web tax, chi colpirà e come funzionerà sulla base delle ultime novità varate con la Manovra 2020.
Web Tax 2020: cos’è e chi colpisce
L’imposta sulle transazioni digitali, interessa dunque le multinazionali del settore digitale. Queste infatti verranno colpite dell’introduzione di questa imposta. Attualmente nell’ambito del processo di riforma dell’imposizione sugli utili di impresa, è in corso all’OCSE un negoziato per introdurre nuove regole di tassazione delle multinazionali, a partire da quelle digitali, che sono tra i maggiori responsabili di fenomeni di erosione delle basi imponibili, e della traslazione dei profitti in aree a bassa tassazione.
> Consulta lo speciale Legge di bilancio 2020 <
Web Tax 2020: quanto si paga
Nello specifico, la web tax prevede un’aliquota del 3% sui ricavi da applicare ai soggetti che prestano determinati servizi digitali, che hanno un ammontare complessivo di ricavi non inferiore a 750 milioni, e un ammontare di ricavi derivanti dalla prestazione di servizi digitali non inferiore a 5,5 milioni.
Ai fini del computo delle soglie di ricavi il cui superamento consente l’individuazione dei soggetti passivi dell’imposta, vanno considerati quelli conseguiti nell’anno precedente a quello di riferimento.
Web Tax 2020: entrata in vigore e quando si paga
L’imposta si applica sui ricavi realizzati nell’anno solare, a decorrere dal 2020.
L’imposta dovrà essere liquidata su base annuale (invece dei trimestri previsti dalla precedente normativa), ovvero il 16 marzo dell’anno successivo a quello dell’esercizio chiuso. La società dovrà tenere una contabilità dedicata dei servizi digitali imponibili, inoltre è necessaria la presentazione della dichiarazione annuale dell’ammontare dei servizi tassabili forniti, entro il 30 giugno dello stesso anno.
Per le società appartenenti ad uno stesso gruppo, per l’assolvimento degli obblighi che derivano dalle disposizioni relative all’imposta sui servizi digitali, è nominata una singola società del gruppo.
Per i soggetti non residenti, privi di stabile organizzazione nel territorio dello Stato, e stabiliti in uno Stato diverso da uno Stato membro dell’Unione Europea o dello Spazio Economico Europeo con il quale l’Italia non ha concluso un accordo di assistenza reciproca per il recupero dei crediti fiscali, è anche prevista la nomina di un rappresentante fiscale per l’assolvimento degli obblighi dichiarativi e di pagamento dell’imposta.
Web tax 2020: per cosa si applica
Il collegato fiscale ha raffinato la definizione di “servizi digitali”, indicano quelli che non vengono fatti rientrare nella definizione ai fini dell’imposta, in particolare per non colpire le PMI che sfruttano il web per sviluppare il proprio business.
Rimane fuori dalla web tax il mondo dell’intermediazione finanziaria tradizionale, oltre a quello già interessato dalle accise.
Non si considerano servizi digitali, la fornitura diretta di beni e servizi, nell’ambito di un servizio di intermediazione digitale e, nemmeno la messa a disposizione di un’interfaccia digitale il cui scopo è quello di fornire agli utenti contenuti digitali, servizi di comunicazione o servizi di pagamento.
Fuori dal perimetro, restano anche la fornitura di servizi finanziari regolamentati da parte di entità finanziarie regolamentate, oltre che la cessione di dati effettuati dai medesimi soggetti.
Per la determinazione dei corrispettivi digitali che diventeranno invece imponibili, si farà riferimento all’insieme dei corrispettivi versati dagli utilizzatori dell’interfaccia digitale (social, motori di ricerca e simili) al netto di quelli versati come corrispettivo della cessione di beni o della prestazione di servizi, individuando di fatto come imponibile l’attività di facilitatore/intermediatore.
Localizzazione dell’operazione imponibile
Per la localizzazione dell’operazione imponibile, si considera l’indirizzo di protocollo internet IP del dispositivo o altro sistema di geolocalizzazione, nel rispetto delle regole relative al trattamento dei dati personali.
Questo modello applicato alla pubblicità online, permette di calcolare l’imponibile come prodotto della totalità dei ricavi derivanti dai servizi digitali ovunque realizzati per la percentuale rappresentativa della parte di tali servizi collegata al territorio dello Stato.
Per la vendita di pubblicità, si farà riferimento all’intermediazione resa, mentre l’utente era localizzato/localizzabile in Italia, mentre per i servizi multi-sided (social, aste online ecc.) basterà che una delle parti sia localizzata in Italia al momento della conclusione dell’operazione.
Web tax 2020: Il gettito atteso
In termini di gettito, la nuova disposizione si rifà a quanto previsto dalla Legge n. 145/2018, tuttavia è necessario considerare che le attività in questione, sono caratterizzate da uno sviluppo crescente.
E’ stata rivista la stima originaria, di 600 milioni di euro annui con riferimento all’anno 2019 e, in base ai dati della relazione annuale 2019 dell’Agcom, il tasso di crescita annuale medio della pubblicità on-line dal 2015 al 2018 è stato del 18%.
Tale dato rappresenta un utile riferimento per analizzare l’evoluzione delle altre componenti della base imponibile, e a seguito del forte sviluppo di tali attività, il gettito stimato dal Governo è aumentato attestandosi a circa 708 milioni su base annuale.
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