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Se i gruppi parlamentari principali rimarranno quelli già presenti – con l’eccezione di Liberi e Uguali che ingloberà Sinistra Italiana e i fuoriusciti dal Pd – altrettanto non può dirsi sui big della politica, dello spettacolo e della cultura che hanno tentato la candidatura.
Alcuni di loro hanno cercato l’elezione per la prima volta, e hanno colpito nel segno, altri invece hanno sofferto una dolorosa sconfitta alle urne, scoprendo che la politica attiva può essere assai amara.
Gli assenti
In gergo si definiscono volgarmente “trombati”: sono tutti quei candidati che non hanno raggiunto il seggio malgrado le varie opzioni messe a disposizione dalla legge elettorale. Con il Rosatellum molti di questi sono gli sconfitti all’uninominale e solo alcuni di loro hanno trovato il paracadute del listino proporzionale dopo la sconfitta.
Uno dei perdenti più illustri è senza dubbio Massimo D’Alema, candidato in Puglia con Liberi e Uguali ha racimolato percentuali infime per un politico del suo corso. Una scelta, quella di correre per il seggio, che il diretto interessato ha già sconfessato. A fargli compagnia, l’ex dissidente dem Pippo Civati, anche lui sconfitto in Lombardia.
Niente da fare per la Iena Dino Giarrusso, candidato M5S che ha perso a Roma, così come per Domenico Fioravanti, mediaglia d’oro olimpica nel nuoto e ministro dello Sport in pectore nell’annunciato governo Di Maio.
Stop anche per il presidente della Lazio Claudio Lotito, che non è riuscito a imporsi in Campania, superato dalla moglie di Clemente Mastella Sandra Lonardo.
Out anche Riccardo Illy, già sindaco di Trieste e presidente della regione Friuli: il salto verso la Capitale non è riuscito al patron del caffè. Un altro colosso della Seconda Repubblica che resta ai box è Roberto Formigoni, candidato da Noi con l’Italia – la formazione dei centristi con Salvini e Berlusconi – che non ha raggiunto il 3%.
Luce rossa anche per due ex ministri Pd: Cesare Damiano e Giuseppe Fioroni hanno ceduto nei rispettivi collegi.
I ripescati
A Parma, non passa Lucia Annibali, simbolo della lotta contro le violenze sulle donne in quota Pd. Stessa sorte per la giornalista Francesca Barra, che ha deluso in Basilicata. Per loro, però, scatta il ripescaggio tramite listino.
Idem Vittorio Sgarbi, surclassato ad Acerra da Luigi Di Maio nell’uninominale, ma che poi raggiunge l’elezione grazie al proporzionale di Forza Italia.
Il conduttore e giornalista Gianluigi Paragone, candidato M5S, dopo la disfatta a Varese contro la Lega riesce a ottenere il seggio grazie alla “porta di servizio”, così come l’ex comandante Gregorio De Falco, noto alle cronache per aver richiamato all’ordine Schettino durante le vicende della Costa Concordia.
Anche tra i big dei partiti, bisogna riconoscere che l’opzione del listino è stata molto gettonata per prevenire sconfitte all’uninominale: rientrano nel secondo giro infatti la presidente della Camera uscente Laura Boldrini quello del Senato Pietro Grasso e Pier Luigi Bersani di LeU, il ministro dell’Interno Marco Minniti, quello della Giustizia Andrea Orlando, quello della Cultura Franceschini più Debora Serracchiani e Matteo Orfini per il Pd, così come Michaela Biancofiore, perdente nel duello “rosa” con Maria Elena Boschi a Bolzano, Stefania Prestigiacomo e Mara Carfagna per Forza Italia.
I promossi
Tra i Vip che invece hanno fatto centro al primo colpo, da segnalare l’atleta paraolimpica Giusy Versace e Adriano Galliani, eletto in Senato, entrambi nelle fila di Forza Italia.
C’è poi un tris vincente di giornalisti noti al pubblico televisivi e non solo, posizionati su tre diversi schieramenti, che hanno superato brillantemente la prova del voto: l’ex direttore Sky Tg24 Emilio Carelli per il MoVimento 5 Stelle, l’ex timoniere di Panorama Giorgio Mulè per il centrodestra e il condirettore di Repubblica Tommaso Cerno per il Pd.
Inossidabile, quindi, Umberto Bossi che, seppur nelle retrovie, ha ottenuto nuovamente il seggio al Senato dopo ben 31 anni dalla prima elezione.
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