Versamento delle ritenute previdenziali a carico dei lavoratori dipendenti: l’imprenditore fallito non è esonerato

La Corte di Cassazione con Sentenza del 13 maggio 2014 n. 19574, ha affermato il principio secondo cui anche l’imprenditore fallito ha l’obbligo di versare le ritenute previdenziali per i lavoratori dipendenti (ex art. 2 della l. 638/83).
Analizziamo i fatti.

L’imprenditore D.A., quale soggetto titolare di una ditta individuale, risultava, in ossequio alla normativa di cui sopra, non aver versato le ritenute previdenziali e assistenziali dei propri dipendenti nel periodo agosto 2005 – settembre 2007 per un importo complessivo di € 64.753,00.

Di fronte a tale condotta, l’Inps, in data il 22/04/2009, notificava all’imputato un avviso di accertamento della violazione.
Lo stesso veniva dichiarato fallito in data 05/02/2007.

La Corte d’Appello di Bologna, riformando parzialmente la sentenza di primo grado del Tribunale di Ravenna, datata 13/10/2011, ha sottolineato l’insussistenza del reato in relazione alla condotta posta in essere nell’agosto/settembre 2007 in quanto la notifica del provvedimento di illecito è avvenuta nel periodo successivo alla dichiarazione di fallimento; permane tuttavia, secondo la Corte, la responsabilità del datore di lavoro, imputabile per la condotta relativa al periodo precedente.

Dal canto suo, la difesa ribadiva il fatto che l’avviso di accertamento veniva notificato in data 22/04/2009 per sottolineare che il giudice di appello avrebbe dovuto estendere l’assenza di responsabilità anche al periodo antecedente all’agosto/settembre 2007 in quanto, il sopravvenuto fallimento, impediva oggettivamente l’adempimento di cui all’oggetto.

Per questi motivi, la difesa proponeva ricorso in Cassazione.
Secondo la normativa vigente e la giurisprudenza costante, il datore di lavoro ha verso i propri dipendenti due obblighi: corrispondere le retribuzioni e trattenere, versando successivamente all’Erario in qualità di sostituto, le ritenute assistenziali e previdenziali.

Il datore di lavoro, nel caso di specie, ha preferito omettere di versare all’Inps le ritenute previdenziali e provvedere, invece, al pagamento delle retribuzioni, ottenendo in tal modo profitti illeciti.
La Cassazione ha più volte ribadito che il mancato versamento delle ritenute (anche) per comprovate difficoltà economico-finanziarie non costituisce di per sé attenuante atta a scagionare il sostituto garantendogli la non punibilità.

Prosegue la Corte: il datore di lavoro, nell’atto di corrispondere le retribuzioni ai propri dipendenti, è obbligato a distribuire equamente le risorse disponibili in modo tale da poter adempiere, secondo quanto previsto dalla legge, ex art. 2, comma primo, lett. b) del D.Lgs. n. 422 del 1998, al versamento delle ritenute per i dipendenti entro il giorno sedici del mese successivo a quello cui si riferiscono i contributi “anche se ciò dovesse comportare l’impossibilità di pagare i compensi nel loro intero ammontare.

Secondo i Giudici della Cassazione “Il mancato accantonamento delle somme o, quanto meno, la mancata ripartizione delle risorse da parte dell’imprenditore in grave crisi economica in una situazione in cui non è ancora stato dichiarato il fallimento, concreta una forma di responsabilità a suo carico[…] Da qui l’affermata irrilevanza, sempre sotto il profilo dell’elemento soggettivo, della situazione di criticità attraversata dal datore di lavoro e anche della circostanza che egli destini risorse finanziarie per far fronte a debiti ritenuti più urgenti”.

 

L’avviso di accertamento dell’illecito, notificato dall’Inps all’imprenditore anche in data postuma alla dichiarazione del fallimento, rappresenta una condizione di punibilità e non di procedibilità. Infatti, l’art. 2 comma 1 bis della L. 638/83 specifica che “il datore di lavoro che abbia omesso il versamento dei contributi, non è punibile se provvede al loro pagamento entro tre mesi dalla contestazione o dalla notifica dell’avvenuto accertamento della violazione”.

La notifica dell’illecito, avvenuta oltre il termine di dichiarazione del fallimento, non costituisce assenza di reato poiché lo stesso si è consumato in precedenza, nel momento in cui il datore di lavoro ha omesso di versare all’Inps, entro i termini previsti dal D.Lgs. n. 422 del 1998, le quote a carico dei lavoratori.

Da ultimo, il Giudice sottolinea che nei casi di notifica dell’illecito oltre il termine di dichiarazione di fallimento, come nel caso di specie, “il curatore, opportunamente e doverosamente sollecitato dall’imprenditore fallito che voglia comunque evitare una responsabilità penale conseguente all’omesso versamento, può provvedere nei termini previsti dall’art. 2 comma 1 bis della L. 638/83 a versare le somme dovute all’Istituto senza incorrere nel rischio della bancarotta preferenziale, attingendo, se del caso, alle risorse personali dell’imprenditore medesimo, così consentendo a quest’ultimo di beneficiare della causa di non punibilità prevista dallo stesso art. 2 comma 1 bis prima parte.”

Vincenzo Frandina

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