Si tratta di un dipinto ad olio raffigurante la cattedrale di Salisbury, molto ritoccato tra la fine del XIX e l’inizio del XX secolo, che era stato inizialmente catalogato dagli esperti di Christie’s come opera di un seguace di John Constable. Una volta ripulito e restaurato, l’opera è stata invece attribuita alla mano dello stesso maestro e si è accertato che costituisce un dipinto preparatorio dell’opera del 1831 di Constable stesso dal titolo “Salisbury Cathedral from the Meadows” ora alla Tate di Londra.
Casi come questo non sono così rari.
E’ recente la notizia che pochi anni fa gli esperti di Sotheby’s hanno ritenuto un quadro di Michelangelo Merisi detto il Caravaggio una copia di un seguace del maestro e, con tale attribuzione, posto in asta l’opera, aggiudicata per 42 mila sterline; salvo pochi anni dopo emergere che l’opera era autentica del Caravaggio e il suo valore stimabile in dieci milioni di sterline.
L’attribuzione di un’opera ad un autore costituisce tuttavia sempre un’attività poco agevole, in particolare per le opere dell’arte antica. Si narra che lo stesso Federico Zeri, uno dei critici più preparati, sostenesse paradossalmente l’erroneità propria di ogni attribuzione, in quanto si conosce solo una minima parte dei pittori dei secoli passati e quindi ogni riconoscimento non potrebbe che essere aleatorio e intrinsecamente parziale.
A fronte dell’alea legata ad ogni attribuzione, l’acquirente che abbia acquistato all’asta un’opera che si scopre appartenere ad un autore diverso da quello creduto potrà legalmente rivolgere verso il proprietario venditore del bene e/o la casa d’aste un’azione di annullamento del contratto per vizio del consenso entro cinque anni decorrenti dalla scoperta del vizio, o un’azione di risoluzione del contratto per vendita di aliud pro alio entro dieci anni dalla sua conclusione. E’ salvo, in ogni caso, la responsabilità per comportamenti viziati da colpa grave o dolo.
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