Unioni Civili, diventano legge: che cosa cambia, punto per punto, per coppie gay e non sposate

Redazione 11/05/16
E’ arrivato ieri lo storico sì della Camera al disegno di legge sulle unioni civili, presentato dalla senatrice Monica Cirinnà, sul quale il Governo aveva chiesto la fiducia.

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Vediamo di seguito quali sono i principali elementi di novità introdotti dal ddl.

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  1. Coppie gay: sì al riconoscimento

In base alla legge Cirinnà l’unione civile tra soggetti dello stesso sesso viene riconosciuta come specifica formazione sociale e che quindi può essere legittimamente costituita da 2 persone maggiorenni che appartengono allo stesso sesso di fronte ad un ufficiale dello stato civile e alla presenza di 2 testimoni.

L’unione civile non viene invece riconosciuta nel caso in cui uno dei 2 partner sia già sposato o abbia contratto un’unione civile, se risulti interdetto per infermità mentale, o ancora se abbia subito  condanne per omicidio consumato o tentato nei confronti di chi è coniugato o unito civilmente con l’altro partner. Ovviamente, i 2 conviventi non devono poi essere parenti.

L’unione civile viene certificata dal documento attestante la rispettiva costituzione, il quale deve recare oltre ai dati anagrafici dei partner, il regime patrimoniale e la residenza, in aggiunta ovviamente ai dati anagrafici e alla residenza dei testimoni.

  1. Obbligo di assistenza ma non di fedeltà

I 2 partner che sono legati dall’unione civile acquisiscono gli stessi diritti e gli stessi doveri. Possono decidere di assumere un cognome comune, scegliendolo fra i rispettivi, essendo anche tenuti a concordare l’indirizzo della vita familiare e la residenza comune.

Differentemente dalle coppie sposate, i partner dell’unione civile però non hanno l’obbligo di fedeltà. Viene invece a sussistere l’obbligo reciproco all’assistenza morale e materiale e alla coabitazione, oltre a quello di contribuire ai bisogni comuni.

  1. Diritti successori come nel matrimonio

Il regime patrimoniale dell’unione civile, così come previsto per l’unione matrimoniale, nel caso non vi sia una convenzione patrimoniale differente, coincide con quello della comunione dei beni.

Qualora poi l’unione civile termini, si applicano le medesime disposizioni valide per il matrimonio in relazione al versamento degli alimenti che viene a scattare nei confronti del partner economicamente più svantaggiato.

Entrambi i partner, poi, acquisiscono gli stessi diritti successori che di cui beneficiano marito e moglie, oltre al diritto a percepire la pensione di reversibilità.

  1. Divorzio in soli 3 mesi

L’unione civile, diversamente dal matrimonio, può essere sciolta dai partner in maniera diretta, quindi senza passare dalla separazione. I conviventi, infatti, sono semplicemente tenuti a comunicare, anche in via separata, all’ufficiale dello stato civile, l’intenzione di interrompere l’unione. L’istanza di scioglimento può essere proposta 3 mesi dopo.

Anche in questo caso rimangono fruibili canali diversi per divorziare: in Comune, davanti all’ufficiale dello stato civile, o attraverso la negoziazione assistita degli avvocati. L’unione civile viene sciolta anche nel caso 1 dei partner dovesse cambiare sesso. Nel caso in cui, invece, la rettifica anagrafica di sesso dovesse avvenire all’interno di un matrimonio e i coniugi non abbiano intenzione di divorziare, viene ad instaurarsi automaticamente l’unione civile.

  1. Adozione negata: no stepchild adoption

L’unione civile non riconosce, nemmeno per quanto riguarda il figlio del convivente, la possibilità di adottare. Quanto prevedeva la cosiddetta stepchild adoption, infatti, è stato interamente stralciato dal testo di legge.

Il ddl, tuttavia, prevede che quanto viene consentito in materia di adozione dalle norme attualmente vigenti viene mantenuto: un escamotage che lascia quindi ai giudici la facoltà di poter decidere in maniera contraria.

COPPIE ETEROSESSUALI, QUALI NOVITÀ?

  1. Coppie etero non sposate: quali diritti

Le coppie eterosessuali, unite da vincoli affettivi, che decidono di non contrarre matrimonio diventano a tutti gli effetti conviventi di fatto. In realtà, purtroppo, le tutele che la legge riconosce a queste nuclei familiari non si possono nemmeno paragonare a quelle sussistenti perle coppie sposate o per quelle omosessuali che si legano con l’unione civile.

In caso di malattia o di ricovero, i partner conviventi eterosessuali hanno il diritto reciproco di visita, di assistenza e di accesso alle informazioni personali, secondo quanto stabilito dagli ospedali nei confronti dei coniugi e dei familiari. In caso di malattia, poi, il convivente di fatto può venire indicato dall’altro partner come suo rappresentante per quanto concerne le decisioni relative allo stato di salute e, in caso di decesso, alla donazione degli organi.

Vengono, poi, riconosciuti ai conviventi sono gli stessi diritti di visita in carcere previsti per i soggetti sposati. Per quanto, invece, concerne il risarcimento del danno, qualora uno dei 2 partner muoia per illecito da parte di un terzo, il superstite ha diritto al risarcimento secondo i medesimi parametri applicabili ai coniugi.

  1. Casa comune al superstite ma soltanto a tempo

Nel caso in cui muoia il convivente di fatto proprietario della casa comune, quest’ultima secondo la legge Cirinnà viene destinata all’altro convivente, il quale, però , ha diritto a viverci per 2 anni oppure per un periodo pari alla convivenza nel caso sia superiore, rimanendo tuttavia detto periodo mai superiore a 5 anni e ad almeno 3 se nella casa abitano anche figli minori o disabili.

Tale diritto decade qualora il convivente smetta di abitare nella casa stabilmente oppure instauri una nuova convivenza, un’unione civile o un matrimonio. Per quanto concerne, invece, le case popolari, qualora l’appartenenza ad un nucleo familiare risulti titolo o causa di preferenza nelle graduatorie, tali condizioni vengono riconosciute anche alle coppie conviventi di fatto.

  1. I contratti di convivenza

Il ddl sulle unioni civili, per quanto concerne i conviventi di fatto eterosessuali, anch’essi vincolati all’assistenza morale e materiale reciproca, stabilisce la facoltà di firmare un “contratto di convivenza” atto a regolare i rapporti economici all’interno della coppia, oltre a precisare le modalità di contribuzione alla vita comune.

Qualora, poi, il convivente lavori in via stabile nell’impresa dell’altro, il nuovo articolo 230-bis del Codice civile assicura la partecipazione agli utili dell’impresa. Se i conviventi di fatto dovessero interrompere l’unione, gli alimenti spettano al partner economicamente più indigente, soltanto però per un periodo proporzionale alla durata della convivenza.

In materia, invece, di eredità e pensione di reversibilità alle coppie conviventi eterosessuali la legge non riconosce alcun diritto.

Redazione

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