Questi cani sono allevati in apposite “farm” dove avviene a monte una selezione durissima: in media su una cucciolata di 8-10 cuccioli, solo un paio sopravvivono fino a 2-3 anni dopo aver superato all’età di 12-15 mesi una ulteriore scrematura che sceglie solo i più adatti alla corsa.
I Greyhounds, infatti , sono i cani che, nei cinodromi inglesi e spagnoli e, in Italia clandestinamente, alimentano involontariamente il mercato delle scommesse più o meno lecite.
Chi è sopravvissuto a competizioni senza tregua, appena si fa male o diventa lento è ucciso.
Spesso sono abbandonati o impiccati o legati alle traversine dei treni o, più spesso, venduti per pochi euro ai coreani che li mangiano.
E’ stato stimato che ogni anno dei circa 30.000 cani fatti nascere, oltre la metà fa questa fine nell’indifferenza più totale.
Anche la civilissima Spagna non si sottrae a questo scempio.
A Barcellona è stato recentemente chiuso un cinodromo e quasi 700 greyhounds sono rimasti “disoccupati”.
Circa 100 sono stati recuperati da associazioni europee, per quelli rimasti l’avvenire è incerto: rimangono alloggiati in luride, buie e microscopiche baracche di latta dove d’estate crepano di caldo e d’inverno congelano.
In Italia il maltrattamento degli animali è punito dall’art. 544 ter del codice penale che testualmente recita.”Chiunque, per crudeltà o senza necessità, cagiona una lesione ad un animale ovvero lo sottopone a sevizie o a comportamenti o fatiche o a lavori insopportabili per le sue caratteristiche etologiche è punito con la reclusione da 3 mesi a 1 anno o con la multa da 3.000 a 15.000 euro. 2. La stessa pena si applica a chiunque somministra agli animali sostanze stupefacenti o vietate ovvero li sottopone a trattamenti che procurano un danno alla salute degli stessi. 3. La pena è aumentata della metà se dai fatti cui al primo comma deriva la morte dell’animale”.
Il nostro ordinamento ha superato una precedente impostazione dando finalmente tutela al sentimento verso gli animali, ovvero alla sensibilità degli esseri umani nei confronti degli animali.
Il concetto di “crudeltà” già oggetto di definizione fin dai tempi di Ovidio secondo cui “La crudeltà verso gli animali è tirocinio della crudeltà contro gli uomini“ è stato già inquadrato dalla giurisprudenza della Cassazione secondo cui «la crudeltà è di per sé caratterizzata dalla spinta di un motivo abbietto o futile. Rientrano nella fattispecie le condotte che si rivelino espressione di particolare compiacimento o di insensibilità» (19 giugno 1999, n. 9668.), con «atti concreti di crudeltà, ossia l’inflizione di gravi sofferenze fisiche senza giustificato motivo» (11 ottobre 1996, n. 601) ed è auspicabile che sia risolto anche il coordinamento con l’art. 727 c.p.
La strada è ancora lunga perchè si avveri il sogno di Gandhi.
La grandezza di una nazione e il suo progresso morale si possono giudicare dal modo in cui tratta gli animali.
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