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Riforma pensioni: le nuove proposte
In base agli ultimi confronti di fine luglio tra Governo e sindacati, tra le proposte di riforma sulle pensioni volte ad aiutare chi in pensione c’è già andato ve ne erano sostanzialmente 2: l’innalzamento della cosiddetta no tax area, ossia il limite al di sotto del quale non devono essere pagate tasse e l’allargamento della quattordicesima, l’assegno ‘aggiuntivo’ che viene recapitato ai pensionati con basso reddito.
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Le 2 misure, però, ora sembrano perdere quota in favore della vecchia proposta, cavallo di battaglia del premier Matteo Renzi, riguardante l’aumento delle pensioni minime; ipotesi che torna così ad affacciarsi tra i temi principali della riforma pensioni in vista dei nuovi incontri con i sindacati, fissati per la prossima settimana.
Pensioni minime: di quanto aumenteranno?
Dal momento che, ad oggi, sono 3,5 milioni i cittadini che incassano la pensione minima, un’estensione del bonus da 80 euro all’intera platea dei beneficiari arriverebbe a costare alle casse dello Stato 3,5 miliardi di euro. Una cifra eccessiva se si tiene conto che l’intera riforma pensionistica (includente anche le ricongiunzioni gratuite e l’uscita anticipata dal lavoro) dovrebbe stare entro la soglia massima dei 2 miliardi.
Tuttavia, se dalla platea vengono lasciati fuori quei pensionati che ricevono sì la minima, avendo però anche ulteriori incassi previdenziali, come ad esempio la reversibilità, calano a 2,3 milioni gli italiani coinvolti.
La platea dei beneficiari scenderebbe ulteriormente poi (intorno al milione) se si utilizzasse l’indicatore della situazione economica diminuirebbe (ISEE), il quale escluderebbe i pensionati al minimo aventi un patrimonio immobiliare di un certo valore o viceversa un coniuge con un reddito elevato.
La posizione dell’INPS
A privilegiare un intervento sulle pensioni minime piuttosto che sulla quattordicesima è intervenuto anche Tito Boeri, presidente dell’INPS, intervistato dal Sole24Ore, il quale ha sottolineato che “Se si vogliono aiutare i pensionati poveri è bene guardare al reddito familiare, non al solo reddito pensionistico individuale, come fa la quattordicesima che, proprio per questo, in 7 casi su 10 va a persone che povere non sono”.
“Anche il coniuge del percettore di un ricco vitalizio – ha proseguito Boeri – può accedere alla quattordicesima se il suo reddito non supera di 1,5 volte il trattamento minimo. Meglio allora aumentare le maggiorazioni sociali, che guardano all’insieme dei redditi familiari o, ancora meglio, selezionare i beneficiari con l’ISEE, coerentemente con quanto ci si propone di fare nel disegno di legge delega sul contrasto alla povertà”.
Il numero uno dell’INPS si è poi detto concorde con il sottosegretario Nannicini “sul fatto che ampliamento della no-tax area e aiuto a pensionati poveri non siano necessariamente in contraddizione, se ci sono le risorse per permettersi entrambe le cose”.
Pensione anticipata prima?
Due nuove proposte riguardano poi lo strumento dell’APE, il cosiddetto anticipo pensionistico che permetterà di andare prima in pensione (esattamente di 3 anni) ai soggetti nati tra il 1951 e il 1953.
Per i soggetti che sono rimasti senza lavoro, i disabili o ancora per quelli che hanno un disabile a carico, l’assegno pensionistico subirebbe una penalizzazione contenuta tra lo 0 e il 2,9% annuo.
La stessa aumenterà, invece, tra il 4,5% e il 6,9% per coloro che decidono spontaneamente di lasciare prima il lavoro.
Riforma pensioni: il calendario dei prossimi incontri
E’ stato messo in calendario per giovedì prossimo un incontro tra i sindacati e Confindustria dove, si prevede, verrà approvato un atto in cui si chiede una nuova manovra che tocchi la platea dei 30mila lavoratori presenti nelle aree di crisi: a partire dal 1° gennaio 2017, infatti, verranno cancellate per loro cassa integrazione in deroga e mobilità.
Poi, prima del via libera alla legge di Stabilità, dovrebbe essere approvato anche un apposito decreto ministeriale volto a far partire gli accordi con assicurazioni e banche.
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