“Ho ricevuto l’incarico di provare a formare il nuovo governo accettando con riserva – ha detto Renzi – metteremo in questa sfida tutta l’energia e l’impegno di cui saremo capaci. Domani inizieranno le consultazioni formali e ufficiali. L’impegno è molto serio, immaginiamo un allungamento della prospettiva politica di questa legislatura, nell’orizzonte naturale previsto dalla Costituzione. Entro il mese di febbraio un lavoro urgente sulle riforme costituzionali e nei mesi successivi, il mese di marzo il lavoro, in aprile la pubblica amministrazione e in maggio quella del fisco”.
Senza scorta o guardie del corpo, Renzi ha raggiunto Napolitano guidando un’Alfa Giulietta di colore bianco, accompagnato da Filippo Sensi, capo ufficio stampa del Pd, in anticipo rispetto ai tempi prefissati per l’appuntamento con li presidente della Repubblica.
Il Capo dello Stato ha ritenuto che, a seguito delle consultazioni, Renzi dovrebbe contare su una maggioranza autosufficiente, anche se, in realtà, nelle ultime ore sono emersi diversi distinguo che rendono il percorso del segretario Pd più accidentato del previsto.
Le prime defezioni, infatti, riguardano l’area civatiana dello stesso Partito democratico, con l’esponente di punta e sfidante di Renzi alle scorse primarie per la segreteria, che ha ribadito il proprio no alla sfida che vede il giovane leader a guida del governo.
Quindi, anche l’appoggio di Nuovo centrodestra non è scontato, come ha specificato ieri il vicepremier uscente Angelino Alfano intervenendo in merito alla possibilità di un’inclusione del suo partito nell’area di sostegno del premier: se, infatti, nel programma di governo figurassero i matrimoni gay, Alfano e i suoi potrebbero sfilarsi.
Così, molto dipenderà dalla squadra di ministri che il nuovo premier presenterà al giuramento dei prossimi giorni. Il totonomi impazza dalla scorsa settimana, anche se sono molti i rifiuti illustri che ha incassato il segretario e presidente del Consiglio incaricato.
Sono già tramontate, infatti, le varie suggestioni che rispondono al nome di Baricco, Farinetti e Guerra (ad di Luxottica). Ora, infatti, sembra più urgente bilanciare i rapporti di forza con gli alleati rispetto all’indicazione di nomi di grido.
Vediamo, dunque, chi sarebbero, al momento, i più papabili per guidare i vari ministeri:
Ministero dell’Economia: testa a testa tra Lucrezia Recihlin, Lorenzo Bini Smaghi e Fabrizio Barca. In corsa anche Enrico Morando e Giampaolo Galli.
Ministero dell’Interno: Angelino Alfano spera in una riconferma, a cui potrebbe legare il suo sì al governo. In alternativa, Dario Franceschini potrebbe ottenere una “promozione”.
Ministero della Giustizia: ancora in lizza Michele Vietti e Domenico Manzione, mentre salgono le quotazioni di Livia Pomodoro. Non ancora tramontato il nome di Giovanni Maria Flick.
Ministero degli Esteri: Emma Bonino dovrebbe restare in sella
Ministero del Lavoro: gli esperti Tito Boeri e Pietro Ichino devono vedersela con la giovane in ascesa della segreteria Renzi, Marianna Madia.
Ministero dello Sviluppo Economico: chiamatosi fuori Andrea Guerra, l’attuale vice Claudio De Vincenti potrebbe salire di grado. Mauro Moretti (presidente FS) sembra in corsa
Ministero del brand Italy: dovrebbe essere la vera novità dell’esecutivo, da assegnare a un nome “di peso”. Escluso Farinetti, sembra favorito Luca Cordero di Montezemolo.
Ministero della Cultura: punto interrogativo, Baricco ha detto no e sembrano vie difficili, ma percorribili Dario Franceschini e Maria Elena Boschi.
Ministero della Funzione Pubblica: potrebbe essere collegato al sottosegretario alla presidenza del Consiglio, ruolo ormai nelle mani di Graziano Delrio.
Ministero delle Riforme: Maria Elena Boschi è saldamente in pole.
Ministero della Pubblica Istruzione: Stefania Giannini di Scelta civica sembra la maggior candidata per succedere a Maria Chiara Carrozza
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