È legittimo indicare il proprio tutore, curatore o amministratore di sostegno in previsione di una propria futura incapacità? Quale strumento giuridico mette a disposizione l’ordinamento?
Tutore dell’Incapace: chi lo nomina?
Norma paradigmatica in materia è l’articolo 408 c.c. al quale rinvia l’art. 424 c.c.: dal combinato disposto di queste due norme si può dedurre che le persone possono designare il proprio futuro ed eventuale rappresentante legale (tutore, curatore o amministratore di sostegno) purchè tale designazione sia inserita in un atto pubblico o in una scrittura privata autenticata. Da un punto di vista pratico dunque occorre un atto del notaio.
Si precisa che analogo potere di designazione del tutore del minore è attribuito ai sensi dell’art. 348 c.c. al genitore, il quale però designa in tal caso un rappresentante non per la cura dei propri interessi bensì di quelli del proprio figlio.
Tuttavia il potere di designazione appena descritto non equivale a potere di nomina del proprio rappresentante. Designare significa “porre un segno”: il privato può dunque solo “mettere dei confini” ma non ha il potere di scegliere il proprio tutore.
Potere di Designazione e potere di Nomina: cosa cambia?
La legge infatti stabilisce che il giudice tutelare in presenza di gravi motivi può nominare con decreto motivato un rappresentante diverso da quello indicato dal privato: l’interesse dell’incapace viene così tutelato da un ulteriore controllo pubblicistico. L’intervento del giudice è volto ad individuare il soggetto che possa curare al meglio l’interesse dell’incapace censurando una scelta viziata da gravi motivi: ad esempio una designazione effettuata nel momento in cui il soggetto designante era già in situazione di parziale incapacità.
La nomina dunque può essere indirizzata dai privati ma non è nella loro piena disponibilità. È naturale osservare che nessuno meglio dell’interessato possa individuare, in previsione del proprio futuro stato di incapacità, la persona che dovrà avere cura dei suoi interessi. Anche la Cassazione (sez. I, 23707/2012) ha evidenziato che la designazione preventiva “è espressione del principio di autodeterminazione della persona, in cui si realizza il valore fondamentale della dignità umana”.
In mancanza della designazione o in presenza di gravi motivi, nella scelta del rappresentante il giudice preferisce, ove possibile, uno dei soggetti indicati dall’art. 408 c.c. ovvero “il coniuge che non sia separato legalmente, la persona stabilmente convivente, il padre, la madre, il figlio o il fratello o la sorella, il parente entro il quarto grado ovvero il soggetto designato dal genitore superstite con testamento, atto pubblico o scrittura privata autenticata”.
Il giudice a tutela dell’interesse privato
Come ha precisato anche la giurisprudenza (Cass., sez. I, 19596/2011) tale ordine non è né tassativo né vincolante per il giudice: in sostanza la legge non stabilisce alcun criterio preferenziale lasciando ampia discrezionalità al giudice di merito più vicino alla situazione di fatto e agli interessi concreti dell’incapace.
In particolare riguardo al minore la legge sembra stabilire un ordine flessibile che privilegia l’affidamento della cura dell’incapace al parente più vicino a quest’ultimo nella sua quotidianità: come confermerebbe l’art. 354 c.c. quando parla di parenti “conosciuti” e “aventi il domicilio nello stesso luogo del minore”.
Occorre porre l’accento sul fatto che il rappresentante legale è tenuto a provvedere alla gestione e rappresentanza dell’incapace dei suoi rapporti patrimoniali. Il legislatore infatti si preoccupa in particolare della sorte di tali rapporti.
Rapporti Personali e Patrimoniali: la cura dell’incapace
In merito ai rapporti di natura personale al solo tutore ai sensi dell’art. 357 c.c. è affidata la cura della persona dell’incapace. Di conseguenza gli artt. 348 co. 2 c.c. e 408 c.c. individuano una serie di soggetti a cui affidare la cura non solo degli interessi patrimoniali ma anche personali dell’incapace.
A ben vedere prescindendo in questa sede dalle differenze tra i due gruppi di soggetti può osservarsi ragionevolmente come il legislatore abbia individuato nei parenti più prossimi all’incapace i destinatari degli interessi non patrimoniali di quest’ultimo. Tale principio troverebbe conferma non solo negli artt. 348 e 408 c.c. ma anche nell’art. 23 l. 633/1941, in forza del quale il c.d. diritto morale d’autore si trasmette ai parenti più prossimi del de cuius, nonché nell’art. 8 della proposta di legge in materia di testamento biologico (A.C. 3970), in virtù del quale in assenza di disposizioni anticipate sull’interruzione delle proprie cure, il personale sanitario dovrà tener conto della volontà manifestata dal paziente, tra gli altri, ai parenti più prossimi del malato, incapace di esprimere la propria volontà.
In verità la norma relativa al diritto morale d’autore si occupa più propriamente della trasmissibilità di un diritto a carattere personale di un soggetto deceduto. Diversamente le altre norme disciplinano gli interessi personali di soggetti ancora in vita ma non in grado di provvedervi autonomamente e per tale ragione in tali casi più correttamente si parla di “cura” e non di trasmissione.
Ad ogni modo sembra potersi dedurre dal complessivo sistema normativo il principio in forza del quale i “custodi” inter vivos o mortis causa degli interessi a carattere non patrimoniale di un soggetto, non più in grado prendersene cura, sono i parenti più prossimi di quest’ultimo.
Di particolare rilevanza sarebbe tale principio nella realtà contemporanea sempre più complessa in cui anche la sorte dei rapporti personali acquista crescente rilevanza come dimostrerebbe la proposta di legge in materia di disposizioni anticipate di interruzione delle cure (c.d. legge sul testamento biologico).
- Per approfondire, leggi in cosa consiste la legge sul testamento biologico
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