La questione è di fondamentale importanza nell’ambito delle vicende che ne derivano sovente assistendosi, nelle aule dei Tribunali, al fatto ( e non solo) che il conduttore, chiamato in giudizio con sfratto per morosità, per il mancato pagamento del canone di locazione, ovvero per il pagamento dello stesso in misura ridotta, eccepisca di aver sospeso il versamento mensile del corrispettivo convenuto ovvero di averlo “scontato” in ragione della presenza di vizi del bene locato, incidenti in concreto sul godimento dello stesso. In tale ultimo caso, la questione investe la pratica invalsa di procedere ad una autoriduzione della misura del canone , non consentita dal locatore.
Entrambe le evidenze richiamano l’attenzione sulla ammissibilità, nella materia delle locazioni, dell’exceptio non rite adimpleti contractus (ossia del rifiuto di uno dei contraenti di adempiere esattamente la propria prestazione se l’altro non adempie o non offre di adempiere contemporaneamente la propria) e della sua idoneità a paralizzare la domanda di risoluzione contrattuale, contenuta nella richiesta di sfratto per morosità.
Ma procediamo per ordine, dovendosi prima porre mente alla natura del contratto di locazione come delineato dal nostro Ordinamento.
Orbene, secondo quanto prescritto dall’art. 1571 C.C., la locazione è il contratto con cui una parte si obbliga a far godere all’altra una cosa mobile od immobile, per un dato tempo, verso un determinato corrispettivo: in tali due elementi si sostanziano, dunque, le obbligazioni principali delle parti cui vanno aggiunte (con riguardo al locatore e per il tema che qui interessa delle locazioni immobiliari) quelle di consegnare la cosa in buono stato di manutenzione, di mantenerla in istato da servire all’uso convenuto e di garantirne il pacifico godimento durante il rapporto, nonché (con riguardo al conduttore) quella di eseguire tutte le riparazioni necessarie di piccola manutenzione.
Dalla obbligazione di mantenere la cosa locata in istato da servire all’uso cui è destinata (art.1575 C.C.) va distinta l’obbligazione di garanzia dei vizi (invero modellata su quella della compravendita) prevista dall’art. 1578 C.C.: la prima impone al locatore di provvedere alle riparazioni di sua spettanza (Cass.1972/3620), la seconda, invece, interviene laddove è alterato l’equilibrio delle prestazioni corrispettive , incidendo sulla inidoneità all’uso della cosa locata a cui può porsi rimedio esclusivamente con la risoluzione contrattuale ovvero con la riduzione del corrispettivo, restando preclusa la esperibilità della azione di esatto adempimento, con la conseguente incompatibilità dei due rimedi.
Con particolare riferimento ai vizi della cosa locata, tema su cui è intervenuta la Cassazione con le decisioni in rassegna, essi vanno ricompresi in quei difetti che riguardano “ la struttura materiale della cosa, alterandone la integrità in modo tale da impedirne notevolmente il godimento, secondo la destinazione contrattuale, anche se eliminabili e manifestatisi successivamente alla conclusione del contratto di locazione… fra essi non sono ricompresi i guasti o i deterioramenti dovuti alla naturale usura, nel qual caso diviene operante l’obbligo del locatore di provvedere alle necessarie riparazioni ex art 1576 C.C., la cui inosservanza determina inadempimento contrattuale (Cass. 2007/11198; 2011/24459; da ultimo, Cass. 2013/6580).
In buona sostanza, costituirebbe un vizio della cosa locata quel difetto grave e non facilmente eliminabile se non attraverso un’opera di risanamento comportante un sacrificio economico per il locatore, laddove i guasti sono quelle alterazioni transitorie e connaturali all’uso ed al godimento, eliminabili attraverso opere di semplice riparazione, come tali a carico del locatore ex art. 1576. prima parte del 1° comma, C.C.
La distinzione è importante per discernere se ed in quali limiti possa operare, nei rapporti di locazione, il principio di autotutela previsto dall’art. 1460 C.C., di cui costituisce espressione l’exceptio non rite adimpleti contractus.
La peculiarietà della disciplina dei vizi nella locazione sta nel fatto che il vizio è tale laddove ed in quanto esso incida concretamente sul godimento del bene, diminuendone od impedendone la utilizzazione. Ai vizi è equiparabile la mancanza delle qualità promesse sia con riferimento alla risoluzione del contratto sia con riferimento alla riduzione del corrispettivo.
V’è da dire, comunque, che se i vizi della cosa, secondo il significato di cui sopra, erano conosciuti o facilmente riconoscibili (espressione che va intesa con riguardo alla possibilità che una persona di normale diligenza abbia di rilevare il vizio, tenuto conto del concreto contenuto del contratto e delle qualità delle persone) ed il conduttore abbia omesso di denunciarli, tale comportamento andrebbe interpretato nel senso di una rinuncia a farli valere, con la conseguenza che il medesimo non potrebbe chiedere la risoluzione del contratto o la riduzione del canone né il risarcimento del danno né l’esatto adempimento. Su tale conclusione è attestata la giurisprudenza, segnalandosi, ex multis, Cass..2001/3341, Cass.2010/12708.
Alla ipotesi testè indicata deve intendersi, a maggior ragione , assimilata quella in cui il conduttore abbia dichiarato espressamente nel contratto di accettare il bene in locazione nonostante la presenza dei vizi, specificamente indicati, ma non anche nella diversa ipotesi in cui, invece, il medesimo abbia genericamente affermato di accettare la cosa nello stato di fatto in cui si trova, non comportando un simile dichiarazione rinuncia a farli valere, trattandosi di una clausola (quella così inserita nel contratto) di stile, che spesso si rinviene nei contratti di locazione attraverso l’inciso “di aver visitato i locali oggetto della locazione e di averli trovati adatti ed esenti da vizi ed in buono stato locativo.
Ed, invero,tale dichiarazione, secondo la prima delle decisioni in rassegna (Cass. 29/11/2013 n.26780) non può avere valore confessorio, mancando l’animus confitenti e dovendo ritenersi, per l’appunto di mero stile, a cui non può essere attribuito valore probatorio preminente.
Quanto sopra ovviamente per i vizi della res locata preesistenti alla locazione, precisandosi che la esclusione della responsabilità del locatore è configurabile non solo in presenza dei vizi conosciuti o riconoscibili ovvero accettati espressamente ma anche (a mente dell’art. 1578, 2° comma, C.C.) nella ipotesi diversa di ignoranza del locatore in ordine alla presenza dei vizi stessi al momento della consegna del bene, il quale è onerato della relativa dimostrazione. Prevale la opinione che il diritto riconosciuto al conduttore ex art 1578, 1° comma, C.C. prescinde dalla colpa del locatore, invece richiesta dal secondo comma, laddove esclude la responsabilità di quest’ultimo nel caso di ignoranza dei vizi che rendono impossibile il godimento della cosa ma non la possibilità del primo di chiedere la risoluzione del contratto (Cass. 1959/2037).
La giurisprudenza è stata più volte interrogata, e lo è tutt’ora, in merito alla problematica se il mancato rilascio del certificato di abitabilità od agibilità dell’immobile locato possa costituire un vizio della cosa locata ovvero una mancanza delle qualità promesse idoneo, nel caso in cui non fosse stato riconosciuto o facilmente riconoscibile, a consentire i rimedi esperibili, previsti dall’art. 1578 C.C.
Orbene, l’orientamento della giurisprudenza di legittimità non può dirsi uniforme.
Va premesso, in via generale, che il carattere abusivo di un immobile, per la mancanza di provvedimenti autorizzatori o concessori, relativi alla sua destinazione d’uso ovvero all’abitabilità dello stesso, non è di ostacolo alla valida costituzione di un rapporto locatizio, non incidendo detto vizio sulla liceità del dell’oggetto del contratto ex art 1346 C.C., o della causa ex art. 1343 C.C., né potendo operare la nullità di cui all’art. 40 L.1985/47 (v. Cass. 1999/4228; Cass.2007/22312; Cass 2010/12983), con la conseguenza, in linea di principio,che il conduttore è comunque tenuto a pagare il canone concordato, perché vi è comunque la utilizzazione del bene (v. Tribunale Roma 14/11/2013 n. 22852; Cass. 2010/25798).
Va aggiunto che nella specificità dei casi concreti, si registrano opposte decisioni. Infatti, vi è un gruppo di pronunce adottate in relazione ai contratti di locazione per uso diverso a quello per l’abitazione, che reputano non configurarsi alcuna responsabilità per inadempimento del locatore per il mancato rilascio, dovuto al diniego del certificato di agibilità del bene, delle autorizzazioni necessarie al conduttore per lo svolgimento della attività che il medesimo intende esercitare nell’immobile locato poichè quest’ultimo è gravato dall’onere di verificare che le caratteristiche del bene siano adeguate a quanto tecnicamente necessario a tal fine, salvo la ipotesi in cui la c.d. garanzia del pacifico godimento della cosa, in relazione all’uso convenuto, sia stata oggetto di specifica pattuizione, non essendo sufficiente la mera enunciazione, in contratto, che la locazione sia stata stipulata per un certo uso ( in questo senso v. Cass.2001/3341; Cass.2007/13395; Cass.2008/20067; Cass.2009/25278; Cass.2011/1735; Cass. 2013/7271)
Un secondo gruppo di decisioni opina che la mancanza dei provvedimenti amministrativi , condizionanti la regolarità del bene dal punto di vista urbanistico ed, in particolare, la sua idoneità all’esercizio della attività commerciale, costituisce inadempimento del locatore che giustifica la risoluzione del contratto di locazione ex art. 1578 C.C., a meno che il conduttore non sia a conoscenza della situazione e l’abbia accettata (v. Cass.2006/7081; Cass2006/8409; Cass. 2011/12286; Tribunale di Salerno 5.5.14 n.2251).
Con la sentenza qui in rassegna (Cass. 16.06.2014 n. 13651) sembra che siano state formulate ulteriori conclusioni, laddove viene stabilito che solo quando la inagibilità o l’inabilità dipenda da caratteristiche proprie del bene locato, tali da impedire il rilascio degli atti amministrativi relativi a dette abitabilità o agibilità e tali da non consentire l’esercizio lecito della attività del conduttore, conformemente all’uso pattuito, può configurare l’inadempimento del locatore, fatta salva la ipotesi che quest’ultimo abbia assunto l’obbligo specifico di ottenere tali atti.
Per i vizi preesistenti, ma anche per quelli preesistenti manifestatisi successivamente, la domanda di risarcimento danni non è configurabile autonomamente rispetto a quella di risoluzione o di riduzione del corrispettivo mentre lo è di meno nel caso di vizi sopravvenuti, non potendosi parlare di conoscenza degli stessi o di colpevole ignoranza al momento della consegna(Cass. 2013/6580) . Per tale tipo di vizi, l’art 1581 C.C. sancisce che per essi si osservano le disposizioni degli articoli precedenti in quanto applicabili. Ciò significa, alla luce dell’orientamento della S.C. nella sentenza citata, che nel caso concreto sarà il giudice, investito di specifica domanda, competente a verificare se tali difetti rientrano nella nozione di guasti, per cui il conduttore potrà chiederne l’eliminazione, ovvero di veri e propri vizi in cui non potranno non valere i criteri della conoscibilità e/o conoscibilità (in quanto sopravvenuti), con la conseguenza che al conduttore sarà possibile ottenere la risoluzione del contratto o la riduzione del corrispettivo a seconda della incidenza degli stessi sulla concreta utilizzazione/godimento del bene.
Le suesposte osservazioni ci permettono, a questo punto, di definire la questione della c.d. autoriduzione del canone di locazione a cui spesso ricorre il conduttore in presenza di vizi della cosa locata.
Ebbene, si deve premettere che in via di principio il ricorso a tale strumento appare del tutto arbitrario ed illegittimo, ex art. 1578 C.C., provocando il venir meno dell’equilibrio sinallagmatico del negozio anche se l’autoriduzione è stata effettuata per ripristinare l’equilibrio stesso frustrato dall’inadempimento del locatore in ragione dei vizi della res locata (v. Cass. 2002/10271, Cass. 2006/6425; Cass. 2010/74; Cass.2012/10639). Detta norma, infatti, non abilita il conduttore “ ad operare la c.d. autoriduzione del canone ma solo a domandare la risoluzione del contratto od una riduzione del corrispettivo, essendo devoluta al potere del giudice di valutare l’importanza dello squilibrio tra le prestazioni dei contraenti”. Tale principio va applicato caso per caso perché, ad esempio, quando il conduttore sospenda totalmente il pagamento del canone in presenza di alcuni vizi da imputare al locatore, pur continuando a godere l’immobile, l’art 1460 C.C. non potrebbe operare essendo necessario valutare la proporzionalità tra i rispettivi inadempimenti, a cui è deputato per l’appunto il giudice, non in rapporto alla rappresentazione soggettiva che le parti se ne facciano bensì in relazione alla situazione oggettiva (in questo senso, Cass. 2010/74). In tale prospettiva, è stato giustamente precisato che la sospensione della controprestazione del conduttore è legittima solo se conforme a lealtà e buona fede, come nella ipotesi di sospensione circoscritta alla sola durata della inutilizzabilità dell’immobile locato (Cass. 2008/261).
Tirando le fila del discorso si può così riassumere la complessa vicenda in questione.
1) In presenza di vizi preesistenti della res locata non riconosciuti o non riconoscibili, il conduttore potrà senz’altro adire il giudice con l’azione di risoluzione contrattuale o di riduzione del corrispettivo ( per cui vale la regola “ electa una via datur recursus ad alteram”), il quale ne valuterà la ammissibilità e fondatezza in ragione dell’importanza dello squilibrio tra le prestazioni dei contraenti.
2) L’excepio non rite adimpleti contractus, quale espressione del principio di autotutela di cui all’art. 1460 C.C., è applicabile anche al contratto di locazione , postula la proporzionalità dei rispettivi inadempimenti da accertarsi attraverso la comparazione dei comportamenti delle parti , riservata insindacabilmente al giudice necessariamente adito con le predette azioni.
3) La peculiarità del rapporto di locazione , caratterizzata , a differenza di altre figure contrattuali a prestazioni corrispettive, dal godimento dell’immobile, integrante la prestazione del locatore, imporrebbe dei correttivi alle regole di autotutela nel senso che il pagamento del canone non potrà essere sospeso, unilateralmente ed immediatamente, in caso di omesso od inesatto adempimento del locatore senza l’intervento di un provvedimento giudiziale. anche sommario (art. 657 C.P.C), salva la ipotesi, testè indicata, in cui la mancata controprestazione del conduttore dipenda dal mancato godimento dell’immobile ed è circoscritta alla sola durata della sua inutilizzabilità.
3) Detti principi, valevoli per i vizi preesistenti, sono applicabili anche a quelli sopravvenuti con i cennati correttivi della non operatività delle regole sulla conoscenza e conoscibilità degli stessi proprio perché successivi alla consegna(v. art 1581 Cod. Civ.).
4)I rimedi della risoluzione o della riduzione del corrispettivo convenuto, in caso di presenza di vizi, purchè sconosciuti e non facilmente riconoscibili da parte del conduttore, non escludono, in caso contrario, la possibilità di chiedere la risoluzione del contratto per inadempimento ed il risarcimento danni, purchè ricorrano tutti i presupposti di cui all’art. 1453C.,C,, solo se il locatore abbia assunto espressamente e poi non abbia adempiuto l’obbligo di eliminare i vizi stessi (v. Cass.2009/14773, Cass . 2010/1472).
5) La ricordata peculiarità del rapporto di locazione, come visto, caratterizzato dal godimento della cosa, spiega il motivo per cui non è possibile convenire l’esclusione della responsabilità del locatore per i vizi della cosa locata quando questi rendono impossibile il godimento della stessa (art.1579 C.C.). Riprendendo quanto già detto in precedenza, la giurisprudenza esclude che possa equivalere come rinuncia a far valere i vizi non apparenti, che rendono la cosa inidonea all’uso, la generica dichiarazione del conduttore di accettare la cosa nello stato in cui si trova. In questo senso, sarebbe valida la rinuncia del conduttore a far valere i vizi della cosa, ancorchè manifestatisi successivamente alla consegna, nella ipotesi in cui gli stessi siano ignorati dal locatore (v. Cass.2002/16620).
6) I principi della irrilevanza dei vizi conosciuti o conoscibili (art.1578 C.C.) e quelli relativi alla limitazione convenzionale della responsabilità del locatore (art. 1579 C.C.) subiscono, rispettivamente, una eccezione ed integrazione per effetto dell’art. 1580 C.C. per cui “se i vizi della cosa o di parte notevole di essa espongono a serio pericolo la salute del conduttore o dei suoi familiari o dipendenti, il conduttore stesso può ottenere la risoluzione del contratto anche se i vizi erano noti, nonostante qualunque rinuncia”. La giurisprudenza tende ad escludere il risarcimento danni eventualmente subito per effetto dei vizi giacchè tale danno deve ritenersi consapevolmente accettato dal conduttore (v. Cass.1998/3636; Cass. 1984/1399).
Il carattere eccezionale della norma (art.1580 C.C.) escluderebbe la sua applicazione allorchè la cosa sia affetta da vizi non conosciuti dal conduttore ovvero quando il locatore siasi reso inadempiente all’obbligo di mantenere la cosa in istato da servire all’uso convenuto. In tali ipotesi la giurisprudenza (v Cass. 1998/3636) ritiene applicabili le disposizioni di cui agli artt. 1218 e 1453 C.C.
Sul punto è bene evidenziare una ulteriore impostazione della Suprema Corte, la quale si basa sui valori costituzionali del diritto alla salute, cui fa riferimento la sentenza 2014/19744, citata all’inizio delle presenti note.
Ebbene, la Cassazione riprendendo un precedente conforme (Cass. 1999/915) ha ritenuto che il locatore è responsabile ed è tenuto “ a risarcire il danno alla salute subito dal conduttore in conseguenza delle condizioni abitative dell’immobile locato quand’anche tali condizioni fossero note al conduttore, al momento della conclusione del contratto, in quanto la tutela del diritto alla salute prevale su qualsiasi patto interprivato di esclusione o limitazione della responsabilità”
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