Il mese di dicembre coincide con il pagamento della tredicesima mensilità, somma prevista dai contratti collettivi di lavoro per sostenere le spese dei lavoratori durante le festività natalizie.
La tredicesima spetta a tutti gli assunti con contratto di lavoro dipendente ma, a differenza delle mensilità ordinarie, viene liquidata in un’unica soluzione di norma, come già anticipato, in corrispondenza o entro il Natale.
L’importo di questa mensilità aggiuntiva è legato ai periodi in forza in azienda nonché a eventuali assenze che possono verificarsi durante l’anno, ad esempio per Cassa integrazione, comprese le domande con causale “COVID-19”.
Analizziamo nel dettaglio cos’è e come si calcola la tredicesima 2020.
Cos’è la Tredicesima
La tredicesima si qualifica come:
- Mensilità aggiuntiva, dal momento che si somma alle dodici ordinarie, da gennaio a dicembre;
- Retribuzione differita dal momento che, a differenza della paga ordinaria, la tredicesima matura mensilmente ma viene corrisposta in un’unica soluzione in un determinato periodo dell’anno.
La disciplina della tredicesima è lasciata ai singoli contratti collettivi, i quali si occupano di stabilirne anche i tempi di erogazione, di norma in coincidenza o entro le festività natalizie, da qui il nome alternativo di “gratifica natalizia”.
Tredicesima 2020: Quando viene pagata
Come anticipato, sono i singoli contratti collettivi (CCNL) a stabilire entro quando la tredicesima dev’essere corrisposta.
Se analizziamo ad esempio alcuni dei principali CCNL italiani notiamo che:
- Il contratto collettivo Alimentari – industria prevede l’erogazione della tredicesima alla vigilia di Natale;
- Il contratto Chimici – industria dispone il pagamento della tredicesima alla vigilia di Natale;
- Il CCNL Credito fissa la scadenza al 20 dicembre;
- Il contratto Metalmeccanica – industria stabilisce l’erogazione della mensilità aggiuntiva alla vigilia di Natale;
- Il CCNL Palestre e impianti sportivi anticipa la scadenza al 5 dicembre;
- Il Contratto Pubblici esercizi – Confcommercio prevede il riconoscimento della tredicesima in occasione del Natale.
Naturalmente, l’azienda è sempre libera, con un apposito contratto aziendale o per prassi, di erogare la mensilità aggiuntiva in anticipo rispetto alla scadenza del CCNL, in un’ottica di condizione di maggior favore per i dipendenti.
Il datore di lavoro che non rispetta la scadenza del contratto collettivo si espone al rischio di non avere diritto alle agevolazioni contributive previste dalla normativa vigente tra cui si citano, ad esempio, quelle per l’assunzione a tempo indeterminato introdotte dal recente Decreto “Agosto”.
Unica eccezione in cui non si osserva la scadenza prevista dal CCNL è quella del dipendente che interrompe il rapporto di lavoro. In questo caso la tredicesima maturata sino alla data di cessazione dev’essere liquidata insieme alle altre spettanze di fine rapporto, come ferie e permessi non goduti, TFR ed altre eventuali mensilità aggiuntive (ad esempio quattordicesima e quindicesima).
Tredicesima 2020: importi e calcolo
L’importo riconosciuto a titolo di tredicesima dev’essere calcolato nel rispetto di quanto previsto dal contratto collettivo applicato. Di norma questo stabilisce che la tredicesima sia pari ad una mensilità di retribuzione lorda. In assenza di disposizioni da parte della contrattazione collettiva si assume comunque come criterio quello del riconoscimento di un mese di retribuzione.
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Facciamo l’esempio del dipendente Caio assunto con la qualifica di impiegato, contratto collettivo Commercio e terziario – Confcommercio, terzo livello. La sua retribuzione lorda mensile sarà pari a:
- Paga base euro 1.263,15;
- Contingenza euro 527,90;
- Terzo elemento euro 2,07.
Ne consegue che la paga lorda sarà l’equivalente della somma dei tre elementi citati pari a 1.793,12 euro. Il contratto collettivo Commercio prevede l’erogazione di una mensilità a titolo di tredicesima in coincidenza con la vigilia di Natale.
Questo significa che se Caio è in forza per tutti i dodici mesi dell’anno riceverà entro il 24 dicembre 2020 una somma di 1.793,12 euro lordi, in aggiunta alle mensilità ordinarie.
Tredicesima 2020: periodi non in forza
Posto che la tredicesima è solitamente pari ad una mensilità di retribuzione, cosa accade se il dipendente non è in forza per tutto l’anno? In questo caso si dovranno corrispondere tanti dodicesimi quanti sono stati i mesi di contratto.
Riprendiamo il caso di Caio e ipotizziamo che sia stato assunto il 1º maggio 2020. Di conseguenza, in sede di pagamento della tredicesima si dovrà dividere l’importo per dodici e moltiplicarlo per i mesi in forza:
- 793,12 (retribuzione lorda citata nell’esempio precedente) / 12 = 149,43 euro;
- 149,43 * 8 (mesi in forza nel 2020) = 1.195,44 euro (importo erogato a titolo di tredicesima 2020).
Lo stesso calcolo dev’essere operato in caso di dipendente che interrompe il rapporto in corso d’anno.
In presenza di mesi in cui il lavoratore non è stato interamente in forza, il criterio da adottare, in assenza di disposizioni diverse del CCNL, è quello di considerare come mesi interi i periodi pari o superiori a quindici giorni di calendario.
Ritornando all’esempio precedente, pensiamo a Caio assunto il 18 maggio 2020. In sede di pagamento della tredicesima dovremo quindi considerare i soli mesi da giugno a dicembre con esclusione di maggio:
- 1,793,12 / 12 = 149,43 euro;
- 149,43 * 7 (mesi in forza nel 2020 da giugno a dicembre) = 1.046,01 euro a titolo di tredicesima 2020.
Tredicesima 2020: matura durante le assenze?
Può accadere che il dipendente in forza durante il periodo di maturazione della tredicesima, si assenti dal lavoro. In questi casi è opportuno distinguere tra:
- Assenze che danno comunque diritto alla maturazione della tredicesima al pari dei periodi lavorati;
- Assenze che non consentono la maturazione della tredicesima.
Appartengono al primo gruppo, ad esempio, i periodi non lavorati per:
- Ferie;
- Permessi retribuiti;
- Malattia;
- Infortunio sul lavoro;
- Festività;
- Congedo obbligatorio di maternità;
- Donazione sangue;
- Permessi previsti dalla Legge n. 104/1992.
Al contrario, la tredicesima non matura per chi è assente, tra le altre cause, per:
- Congedo parentale;
- Sciopero;
- Aspettativa non retribuita;
- Assenze ingiustificate o non retribuite.
Ipotizziamo che Caio nel periodo in forza 1º maggio – 31 dicembre 2020 si sia assentato in aspettativa non retribuita dal 1º giugno al 17 giugno. In questo caso, in assenza di disposizioni diverse da contratto collettivo, si applica il criterio per cui il dipendente non matura la tredicesima per giugno 2020 posto che i giorni utili sono inferiori a quindici.
Tredicesima 2020: come funziona con la Cassa integrazione
Discorso a parte meritano le assenze del dipendente per Cassa integrazione, compresi gli eventi con causale COVID-19, siano essi di Cassa integrazione ordinaria, straordinaria, in deroga o assegno ordinario erogato dal FIS.
>> Rinnovo Cassa integrazione 2021: novità in Legge di bilancio
In questo senso è opportuno distinguere tra:
- Cassa integrazione ad orario ridotto;
- Cassa integrazione a zero ore.
Tredicesima 2020 con Cassa integrazione a orario ridotto
Nei casi di Cassa integrazione ad orario ridotto il lavoratore di norma matura la tredicesima, a meno che il contratto collettivo applicato o l’accordo sindacale di accesso all’ammortizzatore non dispongano diversamente.
Si definiscono ad orario ridotto, i periodi in cui il dipendente si assenta in Cassa integrazione per parte dell’orario giornaliero previsto nel contratto di assunzione o nelle intese successivamente intervenute.
È ad esempio il caso del dipendente che, su un orario giornaliero di otto ore, fruisce di sei ore di Cassa integrazione mentre le restanti due le lavora.
Importante precisare che sono da considerarsi ad orario ridotto anche coloro che, nelle ore non di ammortizzatore sociale, si assentano in maniera giustificata ad esempio per ferie, permessi, malattia.
Tredicesima 2020 con cassa integrazione a zero ore
Gli eventi di Cassa integrazione a zero ore sono quelli in cui il dipendente è sospeso per l’intero orario giornaliero. Il contratto collettivo o l’accordo sindacale possono prevedere:
- La maturazione normale della tredicesima anche per i periodi di Cassa a zero ore;
- La maturazione della tredicesima solo se i giorni di Cassa a zero ore superano quelli lavorabili nel mese.
Con riferimento all’ultimo punto se Caio ad esempio ha un contratto a tempo pieno di quaranta ore settimanali distribuite su cinque giorni, nel mese di ottobre 2020 i giorni lavorabili saranno (esclusi sabati, domeniche e festivi) pari a ventidue. Le ore lavorabili invece pari a 22 * 8 = 176.
Caio si assenta per tredici giorni in Cassa integrazione a zero ore. Di conseguenza, non maturerà la tredicesima per il mese di ottobre 2020.
Tredicesima 2020: maturazione proporzionale
Sia nei casi di Cassa a zero ore che ad orario ridotto, gli accordi sindacali possono prevedere la maturazione della tredicesima in proporzione alle ore in cui il dipendente si è assentato fruendo dell’ammortizzatore sociale.
In questa ipotesi si dovrà sottrarre al valore uno, corrispondente alla maturazione piena della tredicesima, il risultato della divisione tra le ore di Cassa fatte nel mese e quelle lavorabili.
Ipotizziamo che le ore di ammortizzatore sociale siano 40 mentre quelle lavorabili 176. Il rapporto sarà 40 / 176 = 0,23.
Il risultato dovrà essere sottratto da 1 – 0,23 = 0,77.
>> Malattia e cassa integrazione: come funziona il conteggio
Di conseguenza, ipotizzando che il dipendente sia stato in forza per tutto il 2020, il mese di ottobre non avrà valore uno ai fini della tredicesima ma 0,77. Si dovrà quindi dividere l’importo della mensilità aggiuntiva per 12 e successivamente moltiplicarlo per 11 + 0,77 (ottobre 2020) = 11,77.
Tredicesima 2020: tassazione
Le somme corrisposte a titolo di tredicesima sono a tutti gli effetti soggette alle trattenute per contributi INPS e tassazione IRPEF. Le stesse entrano inoltre a far parte del reddito complessivo ai fini fiscali del percipiente.
Libri e E-book utili:
CASSA INTEGRAZIONE GUADAGNI E CONTRATTI DI SOLIDARIETÀ – e-Book
Mai come in questo periodo il tema degli ammortizzatori sociali è stato così sentito dall’intero sistema produttivo. In occasione della pandemia Covid19 ed alle conseguenti chiusure degli esercizi commerciali e dei siti produttivi il ricorso agli ammortizzatori sociali ha coinvolto praticamente tutto il mondo del lavoro. Un vero stress-test dell’impianto disegnato dal D.lgs 148/15. Il decreto legislativo, inserito nella più ampia manovra passata alla storia come JobsAct, traendo esperienza dalla crisi del 2009 ha previsto al fianco degli ammortizzatori sociali “storici” (il sistema della cassa integrazione ordinaria e straordinaria) una copertura rispetto a settori, fino a quel momento, poco interessati alla gestione di temporanee crisi d’impresa. Le considerazioni che si possono fare a valle del dramma Coronavirus, ed alle conseguenze che lo stesso ha determinato nel mondo del lavoro ed al nuovo assetto che ne deriva degli ammortizzatori sociali, sono diverse. Partirei dal porre quattro questioni che ritengo primarie:1) ha senso disegnare tanti sistemi e procedure diverse per affrontare i medesimi problemi? Non sarebbe più corretto giungere ad un meccanismo unico per rispondere alle crisi d’impresa?2) in che rapporto si deve porre sistema di ammortizzatori conservativi con un meccanismo di politiche attive del lavoro che favorisca la mobilità e la ricollocazione della forza lavoro?3) se il beneficiario dell’ammortizzatore sociale è il lavoratore come inquadrare l’inadempienza contributiva del datore di lavoro? Quali le sue conseguenze?4) chi deve pagare il sistema di ammortizzatori sociali? Il mondo del lavoro o la fiscalità generale?Sono quesiti importantissimi quelli che ci lascia come eredità la crisi della pandemia del 2020. Per provare a fornire una complessiva, sia pure in termini generali, risposta ritengo che sia necessario partire dalla valutazione di quello che ha funzionato e quello che non ha funzionato in questi mesi.Avere tanti strumenti differenti suddivisi per tipologia e dimensione d’impresa crea una difficoltà enorme di gestione del sistema obbligando sia gli operatori professionali (consulenti del lavoro) che la PA ad impiantare, conoscere e manutenere sistemi tecnologici differenti. La tecnologia in una situazione del genere diventa un amplificatore di burocrazia. Esattamente il contrario dell’approccio digitale ai problemi. Un sistema non si semplifica trasformando moduli cartacei in digitali, si semplifica utilizzando l’analisi digitale per un suo ripensamento. Quindi uno strumento “tagliato su misura” per ogni impresa non diventa sinonimo di strumento idoneo, al contrario crea una babele di procedure nella quale è difficile districarsi. A tutto ciò deve aggiungersi che il D.lgs 148 ha previsto la creazione di ammortizzatori sociali di comparto, i fondi bilaterali, creati dalle forze sociali di settore. Un simile impianto prevede un presupposto fondamentale. La chiarezza di chi sia rappresentativo di un settore e quale sia la contrattazione collettiva di effettivo riferimento. Senza di ciò il sistema di finanziamento di questi fondi rischia di entrare in quel complesso di dubbi interpretativi che ha sempre accompagnato gli istituti presenti nella cd. “parte obbligatoria” del CCNL alla stregua degli enti bilaterali, della sanità integrativa o della previdenza complementare. In definitiva se non si parte dalla vigenza erga omnes di talune disposizioni diventa impossibile pretendere la contribuzione e, conseguentemente in un sistema puramente assicurativo, la prestazione.Veniamo al punto successivo. In mancanza di contribuzione manca la prestazione. Questo è evidente in un impianto assicurativo classico ma il concetto è difficilmente traslabile in un meccanismo di sicurezza sociale in cui il contraente (datore di lavoro) ed il beneficiario (lavoratore) sono soggetti diversi. La prestazione consente di evitare il licenziamento del lavoratore ed il mantenimento del rapporto di lavoro sia pure in fase di temporanea sospensione. Si evita di generare disoccupazione involontaria. Pertanto, in ossequio all’art. 38 Cost., dovrebbe valere, per ogni tipologia di ammortizzatore, il principio dell’automaticità della prestazione fermo restando l’obbligo contributivo del datore di lavoro. Altro tema importante è quello relativo alla funzione propria degli ammortizzatori sociali. Il nome stesso “ammortizzatore” evoca la funzione di quel meccanismo che serve ad evitare colpi improvvisi ed a superare dossi o avvallamenti stradali con il minor danno possibile. Sul punto il richiamato D.lgs 148/15 aveva ben introdotto meccanismi che impedissero l’attivazione degli strumenti per funzioni diverse (pensiamo al caso di cessazione dell’attività aziendale) promuovendo in tali circostanze meccanismi di presa in carico del lavoratore da parte dei servizi di ricollocazione con supporto della assicurazione sociale per l’impiego (naspi). Negli anni questi concetti sono stati un po’ lasciati in disparte dal sistema che ha preferito “tornare all’antico” accantonando la ricollocazione dei lavoratori, propria delle politiche attive del lavoro, e privilegiando il sostegno al mancato reddito riprendendo quindi temi di politiche passive del lavoro. Un meccanismo così impostato rende difficile ipotizzare riprese occupazionali visto anche il dichiarato e mai realizzato potenziamento tecnico/organizzativo dei centri per l’impiego ai quali l’avvento della figura dei “navigator” non ha fornito alcun beneficio concreto.Ultimo tema sollevato è quello relativo al finanziamento degli ammortizzatori sociali. La questione è molto ampia e delicata. Mi limito solo a segnalare che la risposta dipenderà dalla funzione che il sistema darà agli stessi. Se rimanessero nell’alveo di uno strumento temporaneo di “sicurezza aziendale” il loro costo non potrà che essere a carico delle imprese e dei lavoratori. Se invece si evolvesse a meccanismo di generale ed universale difesa dalla povertà (reddito di cittadinanza), ancorchè temporanea, del lavoratore potrebbe aprirsi un tema di riconsiderare come destinatario del costo non il mondo del lavoro ma l’intera collettività. In questo caso l’aggravio per la fiscalità generale sarebbe compensato dal minor onere per le imprese che potrebbe tradursi con maggior gettito salariale e quindi maggior introito fiscale.Tematiche ampie e strutturali. Sicuramente lo stress test Covid19 non passerà inosservato anche in tema di ammortizzatori sociali che saranno probabilmente ristrutturati. Come ogni crisi, anche questa, avrà come conseguenza elementi di miglioramento. L’economista Joseph Schumpeter insegnava che proprio dalla crisi, la cui etimologia greca fa riferimento al cambiamento, deriva ogni miglioramento sociale. Speriamo valga anche questa volta.Paolo Stern – presidente Nexumstp S.p.A.Paolo SternConsulente del Lavoro in Roma. Socio fondatore di Nexumstp Spa. Autore di numerose pubblicazioni in materia di lavoro e relatore a convegni e seminari. Professore a contratto presso università pubbliche e private.Sara Di NinnoDottore in Scienze politiche e Relazioni internazionali, collaboratrice area normativa del lavoro presso Nexumstp Spa. Specializzata in Diritto del lavoro e Relazioni industriali, è dottore di ricerca in Diritto pubblico, comparato ed internazionale, con tema di ricerca in Diritto del lavoro internazionale, e docente in corsi di formazione in materia di disciplina del rapporto di lavoro.Massimiliano Matteucci Consulente del Lavoro in Roma, Socio Nexumstp spa. Laureato in Economia. Specializzato in normativa di Diritto del lavoro e previdenza sociale. Cultore della materia presso la Cattedra di Diritto del lavoro dell’Università La Sapienza di Roma e preso l’Università Niccolò Cusano di Roma. Membro del Centro Studi dell’Ordine dei Consulenti del Lavoro Roma, relatore a convegni e seminari. È articolista per la rivista TWOC dell’Ordine dei Consulenti del Lavoro di Roma. Consulente Asseveratore Asseco.Lorenzo Sagulo Laureato in Economia e Gestione delle imprese all’Università degli Studi “Roma Tre”. Collabora con Nexumstp Spa nell’area consulenza del lavoro. È specializzato in normativa di Diritto del lavoro e relazioni industriali.
Massimiliano Matteucci, Sara di Ninno, Lorenzo Sagulo, a cura di Paolo Stern | 2020 Maggioli Editore
20.89 € 16.71 €
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