Tre amici al bar discutono di legalità, imprenditoria occulta e Europa

Giovedì scorso al tavolo del bar il professore di filosofia difendeva con le parole e coi fatti la sua posizione del tutto identica a quella del professore per antonomasia, Romano Prodi. Come Romano, sarebbe andato a votare per le primarie del PD perché il PD era l’ultimo baluardo della legalità costituzionale. Della legalità, non della sinistra, si badi bene.

Fuori della legalità e contro la legalità e la Costituzione infatti agivano tutti gli altri. La Lega Nord che da sempre attentava contro l’unità della Nazione. Forza Italia che per salvare il proprio leader, il suo potere economico e personale, esigeva ad ogni passo la cancellazione della norma delle norme: la legge è uguale per tutti. E infine, ultimo arrivato e forse il più pericoloso di tutti, il Movimento a cinque stelle che imitava il metodo fascista dello sfascio al “tanto peggio tanto meglio” e della messa alla gogna della libera informazione e dei deputati suoi avversari.

Gli chiesi allora se avesse letto la lettera aperta di Natuzzi, l’imprenditore pugliese del divano imbottito, al Presidente della Repubblica. Mi disse di no. Te la spiego io in due parole, gli dissi. In questo paese non esistevano più solo la mafia e lo Stato ma una imprenditoria palese ed una occulta. Quella palese rispetta i contratti sindacali, paga le imposte e i contributi e fatica a vendere i suoi prodotti di qualità ai prezzi di mercato. Quella occulta, spesso cinese, spesso italiana, non rispetta i contratti, non paga le imposte, sfrutta in nero e senza contributi gli operai, svende a man bassa cattivi prodotti a basso prezzo e prospera.

Questa illegalità diffusa negli ultimi venti anni, tollerata dai governi Berlusconi e dai governi Prodi, di destra e di sinistra, ha fatto saltare il debito pubblico dello Stato e ha fatto salire alle stelle la ricchezza privata di molti. Per questo la Germania virtuosa e che paga le tasse non vuole saperne che l’Europa si faccia il pur minimo carico di aiutare un paese corrotto come il nostro. Il professore allargò le braccia come fanno i siciliani quando si parla di mafia. Lui era d’accordo con Nesi, lo scrittore di Prato, che era impossibile per le forze dell’ordine controllare quattromila capannoni che si spostavano sul terreno come missili Patriot.

Di che legalità parlava il PD allora?, sentenziai. Secondo me ne andava della sopravvivenza del nostro paese. O la finivamo con le missioni all’estero e utilizzavamo l’esercito in questa guerra contro tutte le mafie o avremmo perduto la nostra sovranità nazionale e saremmo finiti commissariati dagli stranieri dell’Europa e del Fondo Monetario Internazionale per salvare le casse dello Stato e la incolumità degli onesti, come era successo a Cipro, alla Grecia e all’Italia tante volte nella sua storia.

Mi ero accorto che il sangue mi era salito alla testa e che intorno a noi si era radunato il solito crocchio di curiosi, tra cui alcuni cinesi che sorridevano beffardi. Noi non capiremo la loro lingua, ma questi capiscono benissimo la nostra, pensai e invocai sottovoce l’impero austroungarico.

Francesco Ciotti

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