Tragitto casa-lavoro in bici: siete sicuri?

Chi non ricorda il mitico ragioner Ugo Fantozzi che inforcava la sua vecchia gloriosa graziella al grido “in sella… alla bersagliera”?

Eppure il caro ragioniere tra una caduta e l’altra non si poneva di certo il problema della mancanza di una pista ciclabile sulla quale passeggiare, o del risarcimento danni da chiedere nel caso di cadute, tra l’altro repentine, quanto piuttosto era pronto a montare in sella all’insegna di nuovi guai….

Ma… credo sia meglio lasciare il nostro ragioniere alla pura fantasia per tornare, invece, alla realtà che ci circonda in cui un ciclista può sognare la spensieratezza di andare in bici, e preoccuparsi piuttosto di transitare su una pista ciclabile e in mancanza…… di non transitare.

Il problema è proprio questo: in Italia se vuoi andare in bicicletta puoi farlo tranquillamente…., cosa c’è di meglio e di più sano che alzarsi la mattina e andare al lavoro in bici? Nulla!

Puoi farlo, ma non senza problemi! Infatti, se lungo il tragitto casa-lavoro cadi e ti fai male il risarcimento te lo puoi sognare, salvo che non transitavi su una pista ciclabile.

La nostra normativa statale, afferma che l’Inail riconosce al lavoratore lo status di “infortunio in itinere” “purché avvenga su piste ciclabili o strade protette”; “in caso contrario, quando ci si immette in strade aperte al traffico bisognerà verificare se l’utilizzo era davvero necessario”.

Peccato che in Italia, le città dotate di piste ciclabili siano davvero poche!

A denunciare la situazione è la Federazione Italiana Amici della Bicicletta (Fiab) che in una lettera aperta al presidente del Consiglio, al Ministro dei Trasporti e ai presidenti di Camera e Senato, ha proposto la modifica dell’art. 12 del decreto 38/2000 e di aggiungere al testo attuale la frase: «L’uso della bicicletta è comunque coperto da assicurazione, anche nel caso di percorsi brevi o di possibile utilizzo del mezzo pubblico», così come previsto per il lavoratore che si reca al lavoro a piedi.

La proposta della Fiab ha già raccolto oltre diecimila firme e ricevuto parere favorevole da parte di ben tre Regioni, tre Province e sedici Comuni.

A mio avviso, si tratta di un’iniziativa importante e di grande merito civico, perché andare in bicicletta è un atto innanzitutto rispettoso dell’ambiente e degli altri.

In un’epoca in cui i problemi legati all’ambiente sono già tanti e alquanto preoccupanti, mi chiedo come può una normativa nazionale non agevolare e incoraggiare i cittadini all’uso di uno mezzo ecologico, silenzioso e perché no divertente come la bicicletta?

L’uso più frequente di questo mezzo costituirebbe, a mio dire, un gesto di rispetto e di sensibilità verso il mondo in cui viviamo, il problema è che non tutti se ne rendono conto!

Basta vedere i numeri dei ciclisti morti negli ultimi mesi per rendersi conto che, ancor prima delle piste ciclabili, ciò che manca è proprio il buon senso civico.

Per quanto riguarda le piste ciclabili, sono senz’altro essenziali in città, ma per quei cittadini che vivono in luoghi che ne sono sprovvisti, come fare?

Possono continuare ad andare in bici con il rischio che una caduta oltre al danno fisico non gli consenta neppure di ottenere un giusto risarcimento?

Non avrebbe più senso, modificare la normativa nazionale?

Nel frattempo non ci resta che sperare, sia che cresca nell’animo delle amministrazioni una sensibilità maggiore verso l’uso di questo mezzo, che magari le spinga verso la costruzione di strutture idonee alla loro sicura circolazione, sia che si sviluppi dentro ognuno di noi un forte rispetto e gran senso civico nei confronti di coloro i quali fanno/faranno la scelta delle due ruote.

Cristina Iemulo

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