Tragedia Lampedusa: i tre amici parlano…della morte dei poveri

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Si parlava dei morti di Lampedusa questa mattina al bar. Ma il discorso si faceva talmente tetro e lugubre che il pediatra apparentemente divagò e risalì fino alla Sicilia meridionale per raccontare le sue vacanze estive. Da Marzameni e Borgo S.Lorenzo, diceva, l’Oasi di Vendicari si può raggiungere a piedi lungo la costa fino alla torre di vedetta, dove Giuseppe, la guardia forestale, vi accoglierà con un sorriso e scendendo vi farà vedere il palmento, ossia il luogo dove fino al ’60 uomini e donne a piedi nudi pestavano l’uva su un terrazzo alto da dove il mosto sgorgava copioso nei tini in muratura sottostanti. Vi racconterà anche storie di migranti. Di quando una notte, mentre era di vedetta sulla torre insieme al suo collega, vide sull’isoletta distante due chilometri dalla costa delle luci o dei fuochi misteriosi ed inspiegabili dato che l’isoletta è deserta di case e di persone. Per questo avvertì la guardia costiera che all’alba si recò sull’isola e vi trovò dei migranti sporchi e laceri, sbarcati lì chissà da chi e chissà da quando, che incapaci di nuotare in quel braccio di mare avevano acceso fuochi nella notte per chiedere soccorso. Vi inviterà anche Giuseppe a fermarvi dinanzi all’ingresso sud dell’oasi, quello verso Borgo San Lorenzo, per pregare su una piccola lapide che reca scritti in arabo tredici nomi di tredici persone che furono trovate morte sulla battigia in un giorno di burrasca del 2007. Sicilia, terra promessa nei secoli delle genti del Mediterraneo, che sono arrivate con le loro navi e con le loro mani per lasciarvi i segni delle civiltà del mare e i geni della bellezza dei sud del mondo, e vi hanno lasciato la vita prima dell’approdo o dopo, a seconda della crudeltà dei tempi. Ora il tempo dell’oggi ha la crudeltà feroce del dio denaro che nessuno vuole cedere all’altro perché la terra è sempre più piccola e arida per i bisogni insaziabili di una specie che cresce come un mostro.

Quelle parole, unite alle immagini di quei corpi coperti di plastica allineati sulla banchina del porto di Lampedusa, mi ammutolivano. Solo il professore reagì, con la solita forza della sua mente, per negare che l’umanità di oggi sia diversa da quella di sempre. L’uomo è lupo ed amico al suo simile, in lui sono la paura e il desiderio che a volte si incontrano a volte si respingono, anche per gli eventi del caso, anche nella stessa persona. E così colui che da turista oggi salva e soccorre il naufrago sulla battigia può essere lo stesso di quello che ieri o domani al sicuro del suo paese inveisce contro l’invasione dello straniero che gli ruba la donna e la roba. E le nazioni, come gli uomini, ora si rinchiudono nel loro bieco egoismo ora si aprono alla solidarietà e alla cooperazione, anche se è vero che l’occidente negli ultimi secoli ha mostrato più il volto del nemico colonizzatore che del cooperante alla pari. La verità, concluse lo psichiatra, è che chi è ricco tende più alla paura e al rifiuto per il timore di perdere ciò che ha conquistato negli anni.

Per la prima volta ho lasciato anzitempo i miei amici senza dire nulla, dubbioso. Avrei voluto dire che qualche giorno prima mio figlio aveva perso il lavoro perché il suo principale con un pretesto non gli aveva rinnovato il contratto, e avevo saputo per vie indirette che subito dopo aveva assunto in nero un extracomunitario per pochi soldi. Una guerra tra poveri, ho pensato, dove il ricco è sempre più ricco in ogni epoca e in ogni latitudine. Solo i sindacati e i socialisti di fine ottocento avevano cominciato forse a riordinare il mondo. Ma il mondo li aveva schiacciati come insetti fastidiosi e ora ci restava solo Papa Francesco che, come il santo da cui prendeva il nome, era luce fioca nel buio profondo di un nuovo Medioevo.

 

Francesco Ciotti

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