1) VIOLAZIONE DEL PRINCIPIO DI UGUAGLIANZA DI CUI ALL’ART. 3 DELLA COSTITUZIONE
Preliminarmente si rileva come l’interpretazione dell’art. 9, comma 6 del D.L. n. 1 del 24.1.2012, convertito in Legge n. 27 del 24.3.2012, fornita dal Ministero, palesi dei profili di dubbia costituzionalità.
A voler interpretare la norma secondo il senso fornito dal Ministero, in via meramente esemplificativa, il Praticante iscrittosi nel Registro dei Praticanti in data 23.01.2012 (un giorno prima dell’emanazione del D.L. n.1/2012) sarebbe costretto a svolgere un periodo di pratica di 24 mesi ed a poter sostenere l’esame di abilitazione non prima del Dicembre 2014 a differenza del Praticante iscrittosi in data 24.01.2012 il quale, a fronte dell’occorsa riduzione, potrebbe sostenere l’esame di Stato nel Dicembre 2013, ben un anno prima del collega con maggiore anzianità.
In tal senso il Consiglio dell’Ordine di Firenze, con delibera 09.05.2012, giustificava la scelta di applicare “erga omnes” l’occorsa riduzione del tirocinio rilevando che “una interpretazione restrittiva della norma, rappresenterebbe dei profili di dubbia costituzionalità sotto il profilo della disparità di trattamento perché si vengono a determinare casi di praticanti iscritti dopo il 24.1.2012 che riuscirebbero a sostenere l’esame di avvocato con un anno di anticipo rispetto a chi invece si è iscritto, anche solo di pochi giorni, prima di tale data, provocando quindi una discriminazione per l’acquisizione del titolo e conseguentemente per l’entrata nel mondo del lavoro”.
Nello stesso senso, in data 10.05.2012, si pronunciava anche il Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Campobasso, facendo proprie, di fatto, le considerazioni già svolte dall’Ordine di Firenze.
Appare, pertanto, palese come l’opzione scelta dal Ministero, ed avallata dal Consiglio Nazionale Forense, condurrebbe a conseguenze talmente illogiche da sfociare nel grottesco.
Ad esempio coloro che si sono iscritti prima del 24 gennaio 2012, pur di recuperare un anno, potrebbero, all’uopo, chiedere la cancellazione dal Registro per poi procedere ad una nuova iscrizione, con ripercussioni negative sia sugli Ordini territoriali, costretti a provvedere su di una non indifferente mole di domande di cancellazione e reiscrizione, sia sulle tasche degli aspiranti avvocati.
Si sottolinea, inoltre, l’enorme disagio che, a livello organizzativo, si verrebbe a creare qualora venisse avallata la tesi restrittiva della norma oggetto di analisi, considerato che la “forbice” di ammessi all’esame di abilitazione del 2013 includerebbe i Praticanti iscritti in un lasso di tempo che va dalla seconda metà di novembre 2010 sino alla prima decade del maggio 2012.
Tra l’altro, se l’obiettivo perseguito dal legislatore è quello di formare una classe, adeguatamente preparata, di neo-professionisti pronti ad inserirsi nel mondo del lavoro appare illogico e contraddittorio utilizzare come discrimine per l’applicazione della riduzione la data di emanazione del D.L. “Cresci Italia”.
Ciò che, infatti, consente “al tirocinante di acquisire la preparazione professionale ritenuta strumentale ed indispensabile per l’ammissione all’esame di abilitazione all’esercizio della professione” (cfr. pag. 2 del parere) è l’effettivo svolgimento di un tirocinio avente durata non inferiore a 18 mesi, a nulla rilevando, pertanto, la data di inizio dello stesso.
2) ERRATA APPLICAZIONE DEL PRINCIPIO DI IRRETROATTIVITA’ DELLA LEGGE EX ART. 11 DISP. PREL. C.C.
Nel giustificare l’applicabilità dell’art. 9, comma 6 del D.L. “Cresci Italia” solo ai tirocini iniziati successivamente al 24 gennaio 2012, anche alla luce dei principi generali di efficacia della legge nel tempo (art. 11 delle disposizioni preliminari al codice civile), il Ministero della Giustizia dimostra di non saper ben interpretare/applicare nemmeno i principi di diritto dallo stesso invocati.
A riguardo si osserva come ciò che il Ministero nel proprio parere sembra ignorare è che i tirocini ante 24 gennaio 2012 sono comunque dei tirocini in corso di svolgimento, pertanto, come chiarito da autorevole giurisprudenza, la norma sopravvenuta è pacificamente applicabile agli stessi.
A riguardo: “Il principio di irretroattività della legge, sancito dall’art. 11 disp. prel. c.c., implica l’applicabilità della norma sopravvenuta agli effetti non ancora esauriti di un rapporto giuridico sorto anteriormente, quando la nuova legge sia diretta a disciplinare tali effetti, con autonoma considerazione dei medesimi, indipendentemente dalla loro correlazione con l’atto o il fatto giuridico che li abbia generati”. (Cass.Civ., III, 16 aprile 2008 n.9972; id., I, 8 marzo 2001 n.3385; ibidem, 9 febbraio 2001 n.1851; id., sez.lav., 5 aprile 2000 n.4221; id., 1 giugno 1976 n.1965; id., 29 gennaio 1973 n.271; id., 12 ottobre 1972 n.3018; C.d.S., V, 21 maggio 2010 n.3216).
Ed ancora: “La legge sopravvenuta deve essere comunque applicata quando il rapporto giuridico disciplinato, sebbene sorto anteriormente, non abbia ancora esaurito i suoi effetti e purché la norma innovatrice non sia diretta a regolare il fatto e l’atto generatore del rapporto ma gli effetti di esso nonché il suo perdurare nel tempo“. (Cass. Civ., I, 09 febbraio 2001 n. 1851).
Sull’argomento lo stesso Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Brindisi, con delibera del 24.04.2012, dopo aver richiamato la sopracitata giurisprudenza, concludeva sostenendo che “facendo buona applicazione del richiamato principio interpretativo dell’art.11 citato, il comma 6 dell’art.9 del d.l. n.1/2012 prevede una diversa durata complessiva del tirocinio e può essere applicato alle situazioni di pratica forense in corso, per le quali cioè non è stato ancora rilasciato il certificato di compiuta pratica, in quanto indica appunto una “nuova “ durata che non incide sul momento genetico dell’iscrizione nel registro dei praticanti, bensì produce l’effetto di ridurre il periodo complessivo del procedimento volto all’acquisizione della condizione necessaria per partecipare all’esame di abilitazione all’esercizio della professione di avvocato. La nuova previsione del resto, piuttosto che modificare o comprimere fatti o status sorti anteriormente alla sua entrata in vigore, agevola il percorso del tirocinio sotto l’unico aspetto della diminuzione del periodo e dunque costituisce una positiva incisione sulla posizione giuridico-soggettiva del praticante avvocato”.
Prive di pregio, tra l’altro, si appalesano le considerazioni svolte dal Ministero secondo il quale “la nuova disciplina del tirocinio per l’accesso alle professioni regolamentate contenuta nell’art. 9, comma 6, decreto-legge n.1 del 2012 non si limita a ridurre la durata complessiva del tirocinio ma contiene anche disposizioni sulle sue modalità di svolgimento”.
A riguardo è sufficiente, in questa sede, rilevare come in nessun modo le modalità di svolgimento del tirocinio svolto dal Praticante iscrittosi nel Registro dei Praticanti dopo il 24 gennaio 2012 siano mutate rispetto alle modalità di svolgimento del tirocinio svolto dal Praticante già iscritto a quella data, e ciò, semplicemente, perché la legge nulla ha innovato in tal senso!!!
Ma ciò non è tutto.
Nello strenuo tentativo di giustificare il fragile edificio di assurdità eretto per motivare la propria illogica interpretazione, il Ministero della Giustizia, a mezzo del proprio Ufficio Legislativo, sostiene che “l’art. 1 d.P.R. n. 101 del 1990, cit., ad esempio, consente al praticante avvocato di sostituire la frequenza dello studio professionale (che si svolge sotto il controllo di un avvocato e comporta il compimento delle attività proprie della professione forense) con la frequenza di un corso post-universitario, per la durata di un anno. Applicando retroattivamente le nuove disposizioni sulla durata del tirocinio professionale, si dovrebbe pertanto ritenere che in questi casi l’aspirante avvocato possa essere ammesso a partecipare all’esame di abilitazione all’esercizio della professione forense avendo svolto un periodo effettivo di pratica professionale di soli sei mesi: ciò appare in contrasto con la complessiva disciplina del tirocinio dei praticanti avvocati”.
Ebbene, ciò che il Ministero sembra, con malizia, misconoscere, è che anche a riguardo nulla è stato innovato dalla recenti modifiche legislative, pertanto, sussistendo ancora oggi la possibilità di sostituire la frequenza dello studio professionale con la frequenza di un corso post-universitario, per la durata di un anno, il problema sollevato riguarderebbe tutti i tirocini, e non soltanto quelli iniziati prima del 24 gennaio 2012.
3) ERRATA APPLICAZIONE DEI PRINCIPI BASILARI IN MATERIA DI ERMENEUTICA
Anche i più elementari principi di ermeneutica legislativa risultano del tutto disattesi dal parere oggetto d’esame, posto che il Ministero della Giustizia, nell’interpretare l’art. 9 comma 6 del D.L. n. 1 del 24.1.2012 convertito in Legge n. 27 del 24.3.2012, sembra ignorare bellamente l’art. 12, co.1 delle preleggi.
Stando alla norma in parola il procedimento ermeneutico si compie mettendo all’opera e combinando due diversi criteri, ossia, il criterio letterale che fa leva sul significato delle parole connesse secondo le regole della sintassi ed il criterio della c.d. “intenzione del legislatore”.
Ebbene, con riguardo al primo criterio appare bastevole osservare che la formulazione originaria dell’art. 9, co. 6, del Decreto Cresci Italia (“La durata del tirocinio previsto per l’accesso alle professioni regolamentate non potrà essere superiore a diciotto mesi […]”) rispetto alla diversa formulazione risultante a seguito delle modifiche apportate dalla legge di conversione (“La durata del tirocinio previsto per l’accesso alle professioni regolamentati non può essere superiore a diciotto mesi […]”) non può che deporre per una applicazione “erga omnes” dell’occorsa riduzione.
In claris non fit interpretatio!!!
Anche dall’analisi del secondo dei criteri ermeneutici elencati, a mente dell’art. 12 delle disposizioni sulla legge in generale, non sembra sussistere dubbio alcuno circa la volontà del legislatore di voler estendere a tutti gli iscritti all’albo la riduzione della pratica forense.
All’uopo è sufficiente riportare testualmente le poche righe iniziali che fungono da preambolo al Decreto “Cresci Italia”: “Ritenuta la straordinarieta’ ed urgenza di emanare disposizioni per favorire la crescita economica e la competitivita’ del Paese, al fine di allinearla a quella dei maggiori partners europei ed internazionali, anche attraverso l’introduzione di misure volte alla modernizzazione ed allo sviluppo delle infrastrutture nazionali, all’implementazione della concorrenza dei mercati, nonche’ alla facilitazione dell’accesso dei giovani nel mondo dell’impresa”.
Se, pertanto, la ratio sottesa al Decreto Legge de quo è volta ad eliminare le barriere preclusive che impediscono ai giovani Praticanti l’accesso alla professione un’interpretazione restrittiva dell’art. 9 sarebbe senza dubbio contraria alla volutas legis e dunque del tutto inaccettabile.
4) DIFFORME APPLICAZIONE DELLA NORMA ALLE DIVERSE PROFESSIONI REGOLAMENTATE
L’interpretazione fornita dal Ministero contrasta con quanto, correttamente, stabilito dalla recente ordinanza di indizione, per l’anno 2012, della sessione degli esami di Stato per l’abilitazione all’esercizio della libera professione di agrotecnico.
A riguardo nel riferirsi ai candidati che abbiano “completato il tirocinio ai sensi della Legge n° 27/2012, art. 9, comma 6, presso un agrotecnico o un perito agrario o un dottore in scienze agrarie o forestali iscritto al rispettivo albo da almeno un triennio” il MIUR dimostra di ben assimilare la giusta interpretazione della norma.
Anche la recente ordinanza di indizione, per l’anno 2012, della sessione degli esami di Stato per l’abilitazione all’esercizio della libera professione di perito industriale, tra i requisiti di accesso, si riferisce esplicitamente ai candidati che abbiano “completato un periodo non superiore a diciotto mesi di attività tecnica subordinata, anche al di fuori di uno studio tecnico professionale, con mansioni proprie della specializzazione relative al diploma”.
Stesso discorso per quanto riguarda i requisiti di ammissione previsti dalla ordinanza di indizione, per l’anno 2012, della sessione degli esami di Stato per l’abilitazione all’esercizio della libera professione di geometra il cui bando assimila l’occorsa riduzione del tirocinio senza operare alcuna distinzione di sorta circa l’applicazione della stessa.
Inutile dire che a fronte di una norma cristallina, la cui applicazione si riferisce a tutte le professioni regolamentate, un’interpretazione restrittiva, riguardante la sola professione forense, arrecherebbe rilevante nocumento agli iscritti nonché una inaccettabile discriminazione tra i praticanti avvocati ed i colleghi praticanti geometri, agrotecnici e periti industriali.
La situazione in parola sfiora il limite del paradosso se si considera che sia con riguardo alle professioni di agrotecnico, perito industriale e geometra, che con riguardo alla professione di avvocato, l’Autorità competente per il riconoscimento è lo stesso Ministero della Giustizia.
A conclusione del quadro tracciato è opportuno segnalare come lo stesso Ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti contabili di Venezia, con istanza di intervento indirizzata al Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili datata 28 maggio 2012, con riferimento al parere reso dal Ministero della Giustizia al Consiglio Nazionale Forense, rilevava “l’evidente disparità di trattamento nei confronti dei Tirocinanti già iscritti nel registro dei Tirocinio alla data del 24 gennaio 2012 rispetto a coloro che si sono iscritti successivamente”, auspicando, pertanto, la regolarizzazione della posizione dei Tirocinanti in generale e dei Tirocinanti dottori commercialisti ed esperti contabili in particolare, iscritti nei relativi registi alla data del 24 gennaio 2012, mediante l’emanazione di una norma transitoria, che regolarizzi il tirocinio degli stessi, adeguandolo, adeguandolo al periodo di 18 mesi.
5) VIOLAZIONE DEL PRINCIPIO DI CONCORRENZA
In conclusione giova sottolineare come la posizione assunta dal Consiglio Nazionale Forense integri gli estremi di un comportamento anticoncorrenziale, passibile di denuncia all’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato con conseguente possibile apertura di un’istruttoria ed eventuale irrogazione di sanzioni.
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