L’inchiesta sull’affaire Terremerse ha destato dunque una certa sorpresa visto il coinvolgimento del governatore Errani, che ha capito di essere indagato solo lo scorso 16 marzo, all’indomani del termine delle indagini preliminari. Per i magistrati, che hanno coodinato le indagini della Finanza, la cooperativa di Giovanni Errani ha fatto di tutto pur di rimanere nei tempi previsti per avere il finanziamento (recentemente revocato dalla Regione). È stato proprio Giovanni Errani, il 31 maggio 2006, ad autocertificare il termine dei lavori, invece secondo gli accertamenti la cantina non era ancora finita e lo sarà solo il 15 settembre, ben oltre cento giorni dopo quella dichiarazione. Per questo, insieme a progettisti e direttore dei lavori, risponde di truffa aggravata. Nella relazione, redatta per l’accusa «su istigazione di Errani», la Terzini scrisse che l’autorizzazione edilizia concessa dal Comune di Imola il 23 maggio 2006, otto giorni prima del termine tassativo per ultimare i lavori, era in realtà una variante in corso d’opera e non un nuovo permesso a costruire come poi è emerso.
Il difensore del governatore, l’avvocato Alessandro Gamberini, ha sempre dichiarato la buona fede di Errani, che avrebbe optato per inviare quella relazione per fugare eventuali dubbi e non certo per gettare fumo negli occhi alle indagini. In quel momento la fase politica era delicata, l’opposizione stava sugli scudi dopo l’articolo del Giornale e l’affaire Delbono che pareva destinato all’archiviazione. La linea difensiva è stata riproposta nell’interrogatorio. Il governatore avrebbe sostenuto di aver telefonato al fratello subito dopo l’attacco del Giornale perché gli spiegasse la vicenda, di cui non si era mai interessato e quindi occupato. Giovanni l’avrebbe tranquillizzato sulla correttezza dell’operazione e pochi giorni dopo il governatore avrebbe convocato la dottoressa Terzini e l’avvocato Mariano Rossetti. In quella sede e in quel momento si propese per l’invio della relazione.
Di fronte ai pm Errani ha, ancora una volta, negato di aver visto il suddetto permesso a costruire che secondo la Regione era solo una variante. Dal momento che non ci sono stati stralci, il quadro accusatorio non sarebbe mutato neanche per gli altri imputati, incluso il tecnico del servizio aiuti alle imprese della Regione, Aurelio Selva Casadei, che per l’accusa non verificò che i lavori fossero realmente conclusi il 31 maggio.
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