Il Tar di Milano, con sentenza n. 02761/2011, ha infatti condannato l’Università degli studi di Pavia a risarcire i propri studenti per aver alzato le tasse di iscrizione al di sopra dei limiti previsti dalla legge. Una sentenza-pilota che rischia di scatenare una reazione a catena e prosciugare le casse della maggior parte delle università italiane.
Il ricorso al Tar era stato presentato dall’Udu, l’Unione degli universitari. La sentenza del Tribunale Amministrativo condanna adesso l’università degli studi di Pavia al pagamento di 1,7 milioni di euro. I soldi dovranno dunque essere restituiti agli studenti, ma solo se l’ateneo perderà l’appello davanti al Consiglio di Stato.
“Si tratta di una storica vittoria contro l’innalzamento spregiudicato delle tasse universitarie che apre la concreta possibilità di ricorsi a catena in ogni università italiana“, hanno infatti commentato gli studenti ricorrenti, dal momento che in almeno venti atenei italiani le tasse sforano il tetto imposto dalla legge attuale.
L’art. 5 del d.P.R. n. 306 del 1997 stabilisce infatti che il contributo posto carico degli studenti (ovvero le tasse universitarie) non possono superare la soglia del 20% del finanziamento pubblico ricevuto dallo Stato: il cosiddetto Fondo di finanziamento ordinario degli atenei. Dal 2008 a oggi il F.f.o. è stato progressivamente assottigliato, sia a causa della crisi economica sia a causa dell’esigenza di far quadrare i conti pubblici, ma a tale riduzione non è corrisposto un calo anche delle tasse universitarie. Dal 2009 infatti molti rettori si sono mostrati inclini ad aggirare la disposizione normativa fissata proprio per evitare l’eccessivo aggravio sulle tasche degli studenti (o meglio, delle famiglie degli studenti) universitari.
L’avvocato Francesco Giambelluca, che ha patrocinato l’Udu, così commenta la decisione dei giudici amministrativi di Milano: “Con la sentenza, definitiva, il Tar di Milano ha dichiarato fondato e ha pertanto accolto il primo motivo di ricorso stabilendo che è stata illegalmente violata la soglia non superabile del 20 per cento che pertanto tutta l’eccedenza, pari a circa 1,7 milioni di euro, deve essere restituita sia ai ricorrenti, attivandosi d’ufficio verso tutti gli altri studenti“.
“Con due diverse verificazioni eseguite dalla Ragioneria generale dello Stato – spiega Giambelluca – è stato accertato uno sforamento pari all’1,331 per cento“. E il Tar ha condannato l’università di Pavia a restituire gli importi non dovuti agli interessati.
“E’ una sentenza storica e rivoluzionaria per l’università italiana – commenta Michele Orezzi, coordinatore nazionale dell’Udu – il Tar Milano ha sancito quello che noi ripetiamo da tempo: quel 20 per cento non è un parametro indicativo bensì vincolante, perché tutela il diritto allo studio“.
Ma non solo. “Questa sentenza – prosegue Orezzi – è un enorme argine verso l’innalzamento selvaggio delle tasse universitarie che sta diventando il peggiore ostacolo sociale per accedere al mondo accademico e rappresenta inoltre la risposta migliore a quanto scritto nella lettera di Berlusconi inviata all’Unione Europea, che ipotizzava un aumento selvaggio delle tasse per accedere all’Università“. E’ uno dei 39 punti di domanda rivolti dalla Commissione al governo italiano prima che cadesse sotto i colpi inferti dai mercati.
La questione infatti era stata toccata anche nella prima lettera inviata dall’ex presidente del consiglio all’Unione Europea, laddove si diceva che “si accresceranno i margini di manovra nella fissazione delle rette d’iscrizione” – cioè il tetto del 20% potrebbe salire, ma – “con l’obbligo di destinare una parte dei maggiori fondi a beneficio degli studenti meno abbienti”.
L’Europa ha chiesto di sapere, in pratica, che cosa implica la frase “maggior spazio di manovra nello stabilire le tasse di iscrizione”. Secondo gli studenti, “è un chiaro messaggio al nuovo governo Monti e al neo ministro Francesco Profumo: le tasse non solo non si possono più alzare, ma sono già ora troppo alte, tra le più alte d’Europa“.
Curiosamente questa sentenza destinata, nel suo piccolo, a diventare storica, arriva poche settimane dopo una sentenza del Tar Toscana che aveva respinto un analogo ricorso di un gruppo di studenti fiorentini. La pronuncia era stata confermata anche dal Consiglio di Stato, secondo cui quel 20% andava considerato con una certa elasticità.
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