La sovratassa si pagherà su ogni pernottamento in una struttura ricettiva, ed è dovuta fino a un massimo di 10 notti consecutive dai soggetti non residenti.
Si calcola moltiplicando il numero degli ospiti per il numero dei loro pernottamenti e poi il risultato ottenuto per la tariffa corrispondente alla categoria di appartenenza, fermo restando il vincolo di destinarne gli introiti a interventi nei settori del turismo e dei beni culturali.
L’ iniziativa, è ora estesa a tutti i 8.100 Comuni, e la sua disciplina è indicata nel regolamento del sindaco. Il decreto prevede, che gli albergatori funzionino come sostituti d’ imposta, con il pagamento della sanzione pari al 100 o al 200 per cento dell’ importo dovuto in caso di omessa o infedele dichiarazione.
Inoltre, ai proprietari delle strutture turistiche compete, il diritto di rivalsa sui turisti, a cui si aggiunge anche l’ obbligo di girare l’ importo del prelievo alle casse comunali. Se non lo faranno o lo faranno solo in parte incorreranno in una sanzione amministrativa pari al 30% di ogni importo non versato. Tutto ciò sentendo le associazioni maggiormente rappresentative dei titolari delle strutture ricettive.
Ma, se da un lato, il Comune rimpingua le proprie casse, dall’ altro solleva delle critiche, prima fra tutte provenienti dalla Confcommercio la quale ribadisce l’ effetto negativo sul turismo.
Infatti, il turismo, è la principale industria italiana e rappresenta circa l’ 11% del PIL nazionale.
L’ Italia è uno dei pochi paesi ricchi di patrimonio artistico, naturale, culturale, con oltre 9 mila luoghi di interesse, tra monumenti, musei, siti alcuni dei quali dichiarati Patrimonio Mondiale dell’ UNESCO.
Da uno studio, dell’Istituto Nazionale delle Ricerche turistiche dell’ottobre 2009 è emerso che tra i principali fattori che possono incidere sfavorevolmente sul turismo in Italia è la valutazione negativa del rapporto qualità-prezzo e la mancanza di infrastrutture turistiche.
Al riguardo, il Governo ha varato il cd. “Patto per il turismo”, con una serie di azioni tra le quali: il rafforzamento della politica nazionale del turismo; la promozione degli investimenti nel settore, con lo sblocco di risorse volte soprattutto a finanziare progetti di destagionalizzazione (turismo culturale, congressuale, religioso, enogastronomico, sportivo); il sostegno alle imprese sotto il profilo del credito e della semplificazione attraverso “Italia e Turismo”, un prodotto finanziario specifico per le imprese del turismo per finanziamenti a condizioni favorevoli gestiti attraverso otto grandi istituti di credito; l’introduzione dei “Buoni vacanze”, un contributo alle famiglie a basso reddito, ai giovani, agli anziani e ai diversamente abili; la promozione dell’immagine dell’Italia con più comunicazione all’estero;
Il Ministero, poi, per il triennio 2012-2014 ha stanziato 250 milioni di euro per opere di intervento e restauro, distribuiti tra le regioni, che dal 2000 hanno assunto competenza legislativa in materia di turismo.
In particolare, si osserva che la tassa di soggiorno disincentiva il turismo in Italia per vari ordini di motivi:
1) La tassa di soggiorno costituisce un obbligo di imposizione tributaria di un paese, che potrebbe valere se si risiede in quel paese. Lo straniero non vi rientra di certo se rimane a pernottare qualche giorno in un albergo italiano.
Ponendosi in aperta violazione dell’art. 1 Cost. secondo cui: “La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione”.
2) L’ elevata tassazione in un paese, induce il turismo medio a preferire mete meno care, per prolungare le proprie vacanze, così anche da regioni a regioni oltre che da Stati a Stati.
Alla luce di quanto esposto, sarebbe auspicabile, magari, una tassa meno onerosa o simbolica per tutti, tale da non risentirne gli effetti.
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