La Svizzera è da tempo il luogo prescelto anche da molti cittadini di altri Paesi allo scopo di potere porre fine, proprio qui, alla propria vita tramite eutanasia. La Repubblica Elvetica, infatti, consente il suicidio assistito fin dal 1941, permettendo che esso venga eseguito anche da personale non medico, al solo patto che l’esecutore non presenti interessi economici o personali nella vicenda. Una legislazione evidentemente molto elastica, soprattutto qualora si consideri il fatto che anche le malattie di carattere depressivo vengono ammesse tra le cause lecite di eutanasia. Gli utenti svizzeri delle procedure “di buona morte” hanno registrato, negli ultimi anni, un prevedibile incremento numerico, mentre sembrerebbero decisamente in calo, attualmente, gli utenti stranieri. Si pensi, difatti, come dai 199 cittadini stranieri del 2006, si fosse già passati ai soli 97 del 2010 ( ed i dati numerici sono rimasti, da allora, pressoché invariati ), prevalentemente Tedeschi, Francesi e Britannici.
Il referendum del 2011:
Lo scorso anno, l’Unione Evangelica Democratica elvetica promosse un referendum abrogativo della normativa in vigore sul tema dell’eutanasia. In realtà, i cittadini votanti furono chiamati a decidere su due diverse opzioni referendarie. La prima interpellava i convocati circa l’opportunità di mantenere la legge sulla “buona morte“. La seconda li interrogava, invece, circa la possibilità di mantenere, sì, l’eutanasia, vietando però ai soli stranieri il “turismo del suicidio”. In realtà, il referendum in questione non esordì alcun risultato nel senso della novità, e tutto restò assolutamente come prima.
L’ultima decisione del Parlamento
E’ ovviamente inutile affermare che il fallimento del su citato referendum non riuscì assolutamente a fiaccare l’insistenza di tutti i movimenti elvetici “pro vita“, i quali hanno continuato imperterriti, durante tutto questo tempo, il loro vento di fronda. Hans Peter Haering dell’Unione evangelica, ad esempio, non ha mai cessato di proporre una diversa immagine morale per la Repubblica Elvetica: “In altri Paesi – ci è dato ascoltare nelle sue interviste – il suicidio assistito è considerato sbagliato ed è illegale. Mi chiedo perché in Svizzera stiamo facendo cose che non sono ammesse in altri Paesi”.
Così, poiché – come sempre avviene – in perseverando stat virtus, l’avversione all’eutanasia si è recentemente riaffacciata nelle aule del Parlamento elvetico. Sebbene, nella certezza di non potere riuscire a spuntarla contro la legalizzazione della “buona morte”, essa si sia arginata alla proposta volta a limitare l’accesso alla procedura per i soli cittadini stranieri.
Tale proposta è stata comunque respinta, proprio in questi giorni, dal Parlamento stesso: motivo per cui i non Elvetici potranno tranquillamente continuare a richiedere ed ottenere un trattamento di eutanasia in territorio svizzero.
Mi sorge però spontaneo il dubbio se tale apertura di frontiere sia unicamente giustificata da una molto umanistica compassione nei confronti dello straniero sofferente, o vada viceversa letta come un’ulteriore – tra le svariate già esistenti – possibilità di ingresso di ricchezza straniera nei confini della verde Svizzera.
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