La domanda principali in questo è: come funzionano le verifiche? Come avviene il processo di restituzione dei soldi indebitamente percepiti? Nelle seguenti righe cerchiamo di capire come il pensionato o lavoratore deve restituire i sussidi INPS non dovuti e come funzionano appunto le verifiche adoperate dall’Istituto previdenziale stesso.
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Sussidi Inps non dovuti: errata comunicazione dei dati
Un primo caso di indebita percezione dei sussidi INPS si ha per errata comunicazione dei dati da parte dell’Amministrazione datrice di lavoro.
Al riguardo, l’art. 8, co. 2, del Dpr. n. 538/1986 stabilisce che, al di fuori dell’ipotesi di fatto doloso dell’interessato, qualora per errore, contenuto nella comunicazione dell’Ente di appartenenza, venga liquidato un trattamento pensionistico in misura superiore a quella dovuta, l’Ente responsabile della comunicazione, quale obbligato diretto nei confronti dell’Istituto previdenziale, è tenuto a rifondere le somme indebitamente corrisposte, salvo rivalsa verso l’interessato da parte dell’Ente datore di lavoro.
Sussidi Inps non dovuti: indebito su pensione definitiva
Può capitare, altresì, che si verifichi un indebito accertato in sede di attribuzione del trattamento di pensione definitiva e riferito alla differenza fra trattamento di pensione provvisorio e trattamento di pensione definitiva.
In questo caso, l’art. 162 del Dpr. n. 1092/1973 dispone invece il conguaglio a debito nel caso di minore importo del trattamento definitivo di pensione e il recupero dell’indebito direttamente sul trattamento pensionistico nell’ambito del rapporto obbligatorio che si articola secondo lo schema ordinario di bilateralità tra Istituto previdenziale e pensionato.
Sul punto, l’orientamento giurisprudenziale che si è consolidato nel corso degli anni ha progressivamente introdotto il principio della tutela dell’affidamento ingenerato nel pensionato in buona fede dalla legittimità del provvedimento pensionistico provvisorio adottato. Tale affidamento deve essere valutato, in particolare, considerando il lasso temporale intercorso tra la fruizione della prestazione pensionistica indebitamente erogata e il momento in cui ne è chiesta la restituzione, nonché l’assenza di dolo dell’interessato nella causazione dell’errore che ha determinato detta prestazione.
Alla luce di tale indirizzo giurisprudenziale, l’art. 162 del Dpr. n. 1092/73 – che non fissa alcun limite temporale per l’eventuale recupero degli importi pensionistici provvisoriamente corrisposti – non può trovare applicazione qualora la liquidazione del trattamento definitivo di pensione sia oltremodo tardiva, rispetto ai perentori termini procedimentali fissati dalla legge, essendo trascorso un notevole lasso temporale tra la formazione dell’indebito e la richiesta di restituzione dell’Ente previdenziale.
L’obbligo di procedere all’azione di recupero – atteso che la provvisorietà del trattamento conferito, implicando il successivo conguaglio o la rettifica dello stesso, non preclude il diritto-dovere dell’Istituto alla ripetizione dell’indebito – comporta necessariamente l’esperimento dell’azione di recupero nei confronti delle Amministrazioni statali per gli indebiti sorti in applicazione di decreti dalle stesse emessi e posti in pagamento dall’ex INPDAP a seguito dell’ assunzione della competenza alla gestione e al pagamento delle pensioni agli iscritti alla CTPS.
Sussidi Inps non dovuti: revoca o modifica del trattamento pensionistico definitivo.
Altro caso di indebito si ha in caso di revoca o modifica del trattamento pensionistico definitivo. In tal caso, il recupero degli indebiti scaturiti da revoca o modifica di provvedimenti di pensione è disciplinato dall’art. 206 del D.P.R. n. 1092/73, il quale dispone l’irripetibilità degli stessi, salvo che la revoca o la modifica siano state disposte in seguito all’accertamento di fatto doloso dell’interessato.
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Sussidi Inps non dovuti: riforma in caso di sentenza favorevole al pensionato
Le somme corrisposte in esecuzione di sentenza favorevole al pensionato, poi riformata in un successivo grado di giudizio, devono essere restituite all’Ente erogatore. Ciò in quanto dalla sentenza di riforma discende l’effetto di porre nel nulla, sin dal momento della sua emissione, il provvedimento dal quale traeva titolo il pagamento preteso e ottenuto dal ricorrente vittorioso; sicché l’esecuzione della sentenza di riforma non può non avere l’effetto di ripristinare la situazione giuridica riconducibile al primo decisum, quale era anteriormente alla proposizione del ricorso.
Per quanto sopra, nessun affidamento nella sentenza favorevole al pensionato/iscritto rispetto al vaglio del Giudice superiore può essere ritenuto meritevole di tutela, atteso che il ricorrente vittorioso non può ignorare l’esistenza del principio costituzionale del duplice grado di giudizio, in virtù del quale la decisione favorevole al pensionato può essere, come spesso avviene, ribaltata in grado successivo.
In sostanza, la sentenza di riforma della prima sentenza favorevole al pensionato/iscritto implica la condanna, implicita, alla restituzione di quanto già percepito in esecuzione della prima sentenza, poi riformata. L’Istituto, infatti, a seguito della sentenza sfavorevole provvede al pagamento solo ed esclusivamente in forza della provvisoria esecutività della sentenza di primo grado ex articolo 431 c.p.c.
Per effetto della sentenza di riforma l’interessato, al quale è nota la provvisorietà degli effetti della prima sentenza, non ha più titolo per trattenere le somme percepite in via provvisoria.
Sussidi Inps non dovuti: problema contabile o reddituale
Per quanto riguarda gli indebiti derivanti dalle verifiche reddituali, l’art. 13, co. 2, della L. n. 412/1991, impone all’INPS di procedere annualmente alla verifica delle situazioni reddituali dei pensionati incidenti sulla misura o sul diritto alle prestazioni pensionistiche e a provvedere, entro l’anno successivo, al recupero di quanto eventualmente pagato in eccedenza.
Ebbene a questo riguardo l’Istituto spiega (Circolare 47/2018) che se la verifica riguarda “redditi non conosciuti” (cioè redditi non presenti nelle banche dati a disposizione dell’Istituto) che determinino un indebito pensionistico, gli stessi devono essere recuperati entro l’anno successivo a quello nel corso del quale è stata resa da parte del pensionato la dichiarazione di dati completi.
Se si tratta di “redditi conosciuti” (es. pensioni o assegni già in godimento dal pensionato o dai suoi familiari comunicate al Casellario Centrale) il recupero dei relativi indebiti pensionistici deve essere effettuato entro l’anno successivo alla liquidazione del trattamento pensionistico rilevante.
Se, invece, l’errore di somme indebitamente erogate riguarda provvedimenti dell’Istituto di previdenza sociale, esse allora rientrano nella sanatoria, nel caso in cui:
- siano effettuate sulla base di provvedimenti formali e definitivi;
- i provvedimenti siano stati comunicati al pensionato;
- il provvedimento sia viziato da un errore imputabile all’Inps.
L’Istituto può avere diritto a ricevere rimborsi di somme erroneamente versate, solamente nel caso in cui il pensionato non comunica all’Istituto fatti, di cui l’ente non era a conoscenza, e che potrebbero modificare l’importo della pensione dello stesso.
Se tuttavia, l’interessato comunica adeguatamente all’Inps i fatti necessari e l’Istituto continua ad erogare somme che non spettano al pensionato, non può essere prevista alcuna restituzione. È l’ente, infatti, ad avere il dovere di verificare ogni anno i redditi del pensionato, che possano incidere sul diritto o sull’importo della prestazione.
Non solo: il recupero delle somme erroneamente versate deve avvenire entro un termine determinato, oltre il quale non può essere richiesto alcun risarcimento. In particolare:
- se i redditi che incidono sull’ammontare della pensione non erano a conoscenza dell’Istituto, la restituzione delle somme deve essere richiesta entro il 31 dicembre dell’anno successivo a quello in cui l’Inps viene a conoscenza dei redditi;
- se i redditi sono stati comunicati in sede di dichiarazione, l’erogazione errata delle somme deve essere notificata entro il 31 dicembre dell’anno successivo a quello della dichiarazione dei redditi.
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