Lo strumento di tutela a favore del coniuge debole: il diritto al mantenimento

Luisa Camboni 18/07/14
Con questo mio breve scritto intendo esaminare lo strumento di tutela adottato dal nostro Legislatore a favore del coniuge debole: l’obbligo di mantenimento che altro non è che l’assegno di mantenimento. Tale obbligo sussiste sia nella fase di separazione, sia dopo lo scioglimento del matrimonio.

Che cosa si intende per assegno di mantenimento? Qual è la sua funzione?

Possiamo definire l’assegno di mantenimento come una forma di contribuzione economica che consiste, in caso di separazione tra coniugi e sempre che ricorrano determinati presupposti, nel versamento periodico di una somma di denaro o di voci di spesa da parte di uno dei coniugi all’altro o ai figli (qualora vi siano), per adempiere all’obbligo di assistenza materiale.
L’assegno di mantenimento trova la sua disciplina nell’art. 156 c.c. rubricato “Effetti della separazione sui rapporti patrimoniali tra i coniugi”.

Al comma 1, del summenzionato articolo, si legge: “Il giudice, pronunziando la separazione, stabilisce a vantaggio del coniuge cui non sia addebitabile la separazione il diritto di ricevere dall’altro coniuge quanto è necessario al suo mantenimento, qualora egli non abbia adeguati redditi propri”, al comma 2 il Legislatore precisa “L’entità di tale somministrazione è determinata in relazione alle circostanze e ai redditi dell’obbligato”.

La ratio di tale disposizione va ricercata nella tutela del coniuge più debole e nell’obbligo del coniuge economicamente più forte di assicurare, ove consentito dai suoi redditi, la conservazione del medesimo tenore di vita.
La mia esperienza professionale mi porta ad affermare che lo strumento di tutela dell’assegno di mantenimento non sempre è efficace perché la frattura del rapporto familiare si verifica, nella maggior parte dei casi, quando vi sono figli minori o ancora non autosufficienti e la madre non ha alcun reddito.

Intento del Legislatore con la previsione di un tale assegno è quello di evitare che la frattura del rapporto coniugale possa determinare dei pregiudizi tra le parti. Proprio per questo si ritiene che la funzione di tale assegno sia una funzione perequativa che si estrinseca nel realizzare, dopo la separazione, un riequilibrio economico delle posizioni dei due coniugi per garantire, ove consentito dalle capacità economiche dell’altro coniuge, la continuazione del precedente tenore di vita.

Il quantum dell’assegno de quo, pertanto, deve essere determinato tenendo conto sia del tenore di vita goduto manente matrimonio, sia delle circostanze e dei redditi dell’obbligato. Non sempre però l’obiettivo di garantire al coniuge più debole la conservazione del precedente tenore di vita risulta di piena realizzazione.

Come va accertato il tenore di vita?

L’accertamento del tenore di vita goduto in costanza di matrimonio consiste nella dimostrazione delle spese che la famiglia affrontava per mantenere il suo abituale stile di vita.
Passiamo ora ad esaminare il caso in cui il coniuge non ha svolto e non svolge attività lavorativa.

Come va determinato l’assegno di mantenimento?

Se prima della separazione i coniugi avevano concordato – o, perlomeno, accettato che uno di essi non svolgesse attività lavorativa, l’efficacia di tale accordo, per unanime giurisprudenza, perdura anche dopo la separazione.
Sul punto è bene precisare che l’inattività lavorativa non necessariamente è indice di scarsa diligenza nella ricerca di un lavoro finché non sia provato ai fini della decisione e determinazione dell’assegno. Il rifiuto di una concreta opportunità lavorativa potrebbe, infatti, essere interpretato, secondo le circostanze, come rifiuto o non avvertita necessità di un reddito. Un tale rifiuto giustificherebbe, pertanto, l’esclusione per il coniuge inattivo dal diritto di mantenimento.

Nel caso in cui al coniuge più debole è addebitabile la separazione è riconosciuto l’assegno di mantenimento?

E’ bene precisare che la pronuncia di addebito implica la prova che la frattura coniugale sia riconducibile esclusivamente al comportamento volontario e consapevole di uno dei coniugi diretto al mancato rispetto dei doveri imposti ai coniugi ex art. 143 c.c.. Al riguardo i Giudici di Piazza Cavour hanno stabilito che il diritto all’assegno di mantenimento viene meno per il coniuge a cui sia addebitabile la separazione, anche se privo di mezzi di sostentamento ( Cass. Civ. Sez. I, 15 febbraio 2008, n. 3797).
Il coniuge al quale sia stata addebitata la responsabilità della separazione ha diritto, sempre che ne ricorrano le condizioni, agli alimenti, cioè a ricevere periodicamente una somma di denaro nei limiti di quanto indispensabile al suo sostentamento.

La breve durata del matrimonio preclude il riconoscimento del diritto all’assegno di mantenimento?

I Giudici di Piazza Cavour sostengono che la breve durata del matrimonio non preclude il riconoscimento del diritto all’assegno di mantenimento, ove di questo sussistano gli elementi costitutivi.

Da quando decorre l’assegno di mantenimento?

L’assegno di mantenimento, riconosciuto in sede di separazione personale, decorre dalla data della domanda (Cass. Civ., sentenza n. 25010/07).
Ciò in forza del principio per il quale un diritto non può restare pregiudicato dal tempo necessario per farlo valere in giudizio e, ancor di più, per analogia con la regola prescritta dall’articolo 445 c.c., in materia di alimenti, secondo cui “Gli alimenti sono dovuti dal giorno della domanda giudiziale o dal giorno della costituzione in mora dell’obbligato, quando questa costituzione sia entro sei mesi seguita dalla domanda giudiziale“.
Questa regola trova applicazione nell’ipotesi in cui il Giudice della separazione non abbia stabilito espressamente una decorrenza diversa, ovvero se abbia stabilito soltanto la corresponsione del mantenimento entro una certa data di ogni mese. (Cass. Civ., sentenza n. 7770/97).

 

Luisa Camboni

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