Infatti, è stato precisato che l’apparato sanzionatorio, che prevede l’applicazione di una sanzione amministrativa pecuniaria che va da 1.000 euro a 5.000 euro, si riferisce ai mesi oggetto di trasgressione e non ad ogni singolo lavoratore. Vediamo quindi nel dettaglio quali sono le nuove modalità di pagamento delle retribuzioni, e come si applicano l’apparato sanzionatorio.
Stop stipendi in contanti e busta paga tracciabile: le nuove regole
Dal 1° luglio 2018, sono entrate in vigore le nuove regole sul divieto di pagamento degli stipendi in denaro contante, come stabilito dalla Legge di Bilancio 2018 (L. n. 205/2017) all’art. 1, co. da 910 a 914. I soggetti interessati dalla norma sono i datori di lavoro o committenti del settore privato che abbiano assunto direttamente il lavoratore, qualunque sia la tipologia del rapporto di lavoro instaurato. Si ricorda che per “rapporto di lavoro”, s’intende: “[…]ogni rapporto di lavoro subordinato di cui all’articolo 2094 del codice civile, indipendentemente dalle modalità di svolgimento della prestazione e dalla durata del rapporto, nonché ogni rapporto di lavoro originato da contratti di collaborazione coordinata e continuativa e dai contratti di lavoro instaurati in qualsiasi forma dalle cooperative con i propri soci ai sensi della legge 3 aprile 2001, n. 142”.
Quindi, l’obbligo si applica:
- ai rapporti di lavoro subordinato di cui all’art. 2094 c.c.,indipendentemente dalla durata e dalle modalità di svolgimento della prestazione lavorativa;
- ai contratti di collaborazione coordinata e continuativa;
- ed infine ai contratti di lavoro stipulati in qualsiasi forma dalle cooperative con i propri soci.
Restano espressamente esclusi dal predetto obbligo:
- i rapporti di lavoro instaurati con le pubbliche amministrazioni di cui al comma 2 dell’art. 1 del D.Lgs. n. 165/2001;
- i rapporti di lavoro domestico;
- i compensi derivanti da borse di studio, tirocini e rapporti autonomi di natura occasionale.
Altro aspetto importante è che la firma sulla busta paga non costituirà prova dell’avvenuto pagamento. Anche in questo caso, la scusa del datore di lavoro di far valere la firma del dipendente sul cedolino come prova del fatto di aver versato l’importo indicato sullo stesso, non più essere fatto valere.
Stop stipendi in contanti: i mezzi di pagamento ammessi
Ma quali sono i mezzi attraverso i quali i datori di lavoro possono retribuire i propri dipendenti? Il comma 910 della legge in commento afferma che la corresponsione degli stipendi può avvenire solo utilizzando i seguenti strumenti:
- bonifico sul conto identificato dal codice IBAN indicato dal lavoratore;
- strumenti di pagamento elettronico;
- pagamento in contanti presso lo sportello bancario o postale dove il datore di lavoro abbia aperto un conto corrente di tesoreria con mandato di pagamento;
- emissione di assegno consegnato direttamente al lavoratore o, in caso di suo comprovato impedimento, a un suo delegato.
Con la Nota n. 5828 del 4 luglio 2018, l’INL ha inteso far rientrare nell’ambito degli strumenti di pagamento elettronico anche le “carte di credito prepagate” intestate al lavoratore, anche laddove le stesse non siano legate ad alcuni codice IBAN. Unico adempimento del datore di lavoro che si avvale di tale mezzo di pagamento è l’obbligo di conservazione delle ricevute, affinché possano essere esibite in occasione di eventuali accessi ispettivi.
Come anticipato in premessa, rientrano tra i mezzi di pagamento genuini anche il “libretto del prestito”, che viene utilizzato per retribuire i lavoratori di cooperativa che siano anche “prestatori”. Tale strumento può essere utilizzato a condizione:
- che tale modalità di pagamento sia stata richiesta per iscritto dal socio lavoratore “prestatore”;
- che il versamento sia documentato nella “lista pagamenti sul libretto” a cura dell’Ufficio paghe e sia attestato dall’Ufficio prestito sociale che verifica l’effettivo accreditamento il giorno successivo alla sua effettuazione.
Stop stipendi in contanti: le sanzioni
Per quanto concerne le sanzioni amministrative pecuniarie, la norma prevede che chi non rispetti uno dei mezzi tracciati in precedenza elencati, rischia una sanzione che va da 1.000 euro a 5.000 euro. Si tratta di una violazione non diffidabile in quanto l’illecito non è materialmente sanabile. Pertanto, l’eventuale contestazione dell’illecito al trasgressore sarà sanzionata nella misura ridotta (ex art. 16 legge n. 689/1981), pari a 1.667 euro e, in caso di mancato versamento, sul codice tributo 741T, l’autorità competente a ricevere il rapporto, è l’Ispettorato territoriale del lavoro.
Sul punto, il recente intervento dell’INL chiarisce che la sanzione non si applica in relazione al numero dei lavoratori interessati dalla violazione, bensì ai mesi violati. Per esempio, se un datore di lavoro viole le norme per 2 mesi, in relazione a 3, lavoratori, dovrà scontare una sanzione pari 3.333,32 euro (1.666,66 * 2). Lo stesso importo sarebbe stato pagato anche per un numero maggiore o minore di lavoratori oggetto di violazione.
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