E’ questo il principio affermato dai giudici di Piazza Cavour nella sentenza n. 20993 depositata il 15 maggio scorso, con cui viene respinto il ricorso presentato dall’imputato condannato già in sede di giudizio abbreviato, con rideterminazione in senso favorevole della pena nel giudizio di appello.
Secondo la consolidata giurisprudenza in materia l’orientamento interpretativo prevalente il delitto di stalking è configurabile quando, in osservanza delle disposizioni contenute nell’art. 612 bis, co. 1 cod. pen., il comportamento minaccioso o molesto, posto in essere attraverso condotte reiterate, cagioni nella vittima o un grave e perdurante stato di turbamento emotivo ovvero abbia ingenerato un timore fondato per l’incolumità propria o di un prossimo congiunto o di persona legata al medesimo da relazione affettiva ovvero infine abbia costretto lo stesso ad alterare le proprie abitudini di vita.
Gli stessi Ermellini nel corpo della sentenza evidenziano che il reato prevede eventi alternativi e che pertanto la realizzazione di ciascuno è idonea ad integrare lo stalking.
La Corte procede ancora di più nel dettaglio precisando che per alterazione delle proprie abitudini di vita deve intendersi ogni mutamento significativo e protratto per un apprezzabile lasso di tempo dell’ordinaria gestione della vita quotidiana, indotto nella vittima, dalla condotta persecutoria altrui, come potrebbe essere l’utilizzazione di percorsi diversi rispetto a quelli usuali per i propri spostamenti, la modificazione degli orari per lo svolgimento di certe attività o la cessazione di attività abitualmente svolte, persino il distacco di apparecchi telefonici negli orari notturni. In definitiva, per integrare il reato – usando le stesse parole della Cassazione – non occorre una rappresentazione anticipata del risultato finale, ma piuttosto, la costanza consapevolezza, nello sviluppo progressivo della situazione, dei precedenti attacchi e dell’apporto che ciascuno di essi arreca all’interesse protetto, insita nella perdurante aggressione da parte del persecutore della sfera privata della persona offesa.
Come dare torto, nel caso in questione , al Giudice di merito, visto il comportamento dell’imputato che ha posto in essere una nutrita serie di episodi di pesante interferenza nella vita privata della vittima, a lui in precedenza legata da una relazione affettiva, con caratteristiche di assillante insistenza ed ossessiva ripetitività? Tra di essi si evidenziano episodi di frequentissime telefonate, massiccio invio di sms, appostamenti e pedinamenti, scenate di gelosia, con intollerabile esercizio di potere di veto addirittura sulle scelte di frequentazione sociale della vittima, nonché intrusioni moleste nella vita privata di persone vicine alla vittima.
Da qui il rigetto del ricorso dell’imputato che aveva incentrato le proprie doglianze difensive sul fatto che avrebbe dovuto escludersi la configurabilità del reato di stalking per assenza di dolo specifico e di uno scopo premeditato.
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