Le previsioni della Regione Puglia – si legge nell’atto di impugnazione dello Stato accolto dalla Consulta – hanno introdotto una “normativa diversa e più favorevole sia in punto di stabilizzazione che sotto il profilo economico valida solo in ambito regionale, con conseguente disparità di trattamento nei confronti di omologhe categorie lavorative radicate in altre regioni, nonché massimamente dell’art. 97 Cost. sotto il profilo della violazione del principio di imparzialità dell’azione amministrativa e uniformità della stessa sul territorio nazionale”.
Di seguito, tutte le previsioni dichiarate incostituzionali (sentenza 23 febbraio 2011 n. 68, presidente Ugo De Siervo, relatore Sabino Cassese):
1) l’art. 2 della legge della Regione Puglia n. 4 del 2010, laddove prevede l’accesso a posti di dirigente medico in assenza di concorso, “per violazione degli artt. 97 e 117, terzo comma, Cost., in materia di tutela della salute”.
“L’art. 117, terzo comma, Cost., è violato anche con riguardo alla materia del coordinamento della finanza pubblica, in quanto l’art. 2, quanto al comma 1 del sostituito art. 4 della legge della Regione Puglia n. 45 del 2008, della legge impugnata prevede l’assunzione di personale in violazione dei principi fondamentali stabiliti dalla legislazione statale. La norma censurata, infatti, contempla l’inquadramento di dirigenti medici già in servizio in una «disciplina diversa da quella per la quale» sono stati assunti, mentre l’art. 17, commi 10, 11, 12 e 13, del decreto-legge n. 78 del 2009 – richiamato dall’art. 2, comma 74, della legge n. 191 del 2009 – prevede per le amministrazioni la possibilità di stabilizzare il solo personale non dirigenziale”.
2) L’art. 13 della legge della Regione Puglia n. 4 del 2010, laddove consente l’inquadramento di personale e trasforma rapporti di lavoro a tempo determinato oppure rapporti di lavoro non di ruolo a tempo indeterminato in rapporti di lavoro di ruolo a tempo indeterminato. “E’ violato l’art. 97 Cost., perché la disposizione censurata non prevede il pubblico concorso per l’inquadramento, e dell’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost., in materia di ordinamento civile, perché la norma concerne l’istituto della mobilità, disciplinato dai contratti collettivi di lavoro”.
3) L’art. 15 della legge della Regione Puglia n. 4 del 2010, laddove prevede la stabilizzazione di personale alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni (ex lavoratori socialmente utili, LSU).
“Non essendo fornite indicazioni circa la sussistenza dei requisiti per poter ammettere deroghe al principio del concorso pubblico, vale a dire la peculiarità delle funzioni che il personale svolge o specifiche necessità funzionali dell’amministrazione, sono violati gli artt. 3, 51 e 97 Cost.; la norma, inoltre, dispone una stabilizzazione di personale che richiede una revisione della dotazione organica, in tal modo violando i limiti di spesa fissati per il personale sanitario dall’articolo 2, comma 71, della legge n. 191 del 2009, con conseguente violazione dei principi fondamentali stabiliti in materia di coordinamento della finanza pubblica ai sensi dell’art. 117, terzo comma, Cost.”
“Parimenti violato è l’art. 81 Cost., vale a dire dell’obbligo di copertura finanziaria delle disposizioni legislative … la sola formula ‘nei limiti dei posti vacanti della dotazione organica, i cui oneri già gravano sul bilancio di ciascuna azienda ovvero nell’ambito di una revisione della consistenza della dotazione stessa’, usata a chiusura della disposizione impugnata, non indica una copertura delle nuove spese derivanti dalla prevista stabilizzazione tale da essere ‘credibile, sufficientemente sicura, non arbitraria o irrazionale, in equilibrato rapporto con la spesa che si intende effettuare in esercizi futuri’ ”.
4) Gli artt. 16, commi 1 e 2, 19, comma 1, 22, comma 1, e 24, commi 1 e 3, della legge della Regione Puglia n. 4 del 2010, “a prescindere da qualsiasi valutazione sulla legittimità costituzionale della riserva di posti (non oggetto di impugnazione), le disposizioni censurate si riferiscono anche al personale delle aziende ospedaliero-universitarie, privando così le università della facoltà di procedere alla individuazione della quota di personale di eventuale propria competenza, secondo quanto previsto dall’art. 3, comma 2, del d.lgs. n. 517 del 1999. Ne discende la violazione dell’autonomia universitaria (art. 33 Cost.), nella parte in cui le norme impugnate non escludono il personale delle aziende ospedaliero-universitarie o, comunque, non prevedono un rinvio a protocolli di intesa tra università ed enti ospedalieri, né alcuna forma d’intesa con il rettore (sentenza n. 233 del 2006)”.
5) Gli artt. 16, comma 3, 17, 18, 19, comma 8, e 20 della legge della Regione Puglia n. 4 del 2010 prevedono misure di stabilizzazione del personale sanitario che abbia prestato servizio anche non continuativo con rapporto convenzionale e/o con incarico a tempo determinato, in assenza di pubblico concorso.
“Ciò si pone in contrasto, innanzitutto, con l’art. 117, terzo comma, Cost., con riferimento alla materia del coordinamento della finanza pubblica, dal momento che le norme censurate ampliano «il novero dei potenziali interessati alla stabilizzazione così come definito» dalla normativa statale (sentenza n. 179 del 2010).
Inoltre, le previsioni in materia di stabilizzazione del personale sanitario dettate dalle norme impugnate non contemplano alcuna procedura selettiva, senza che vi siano peculiarità delle funzioni che il personale svolge o specifiche necessità funzionali dell’amministrazione, con conseguente violazione del principio del pubblico concorso di cui agli artt. 3, 51 e 97 Cost”.
6) Gli art. 21, commi 1, 4, 5 e 6, della legge della Regione Puglia n. 4 del 2010 riguardano il personale sanitario degli istituti penitenziari.
“Indicata genericamente una riserva di posti, senza che essa sia ‘delimitata in modo rigoroso’, con conseguente violazione dell’art. 97 Cost.
Non indicata in alcun modo la copertura finanziaria per l’assunzione del personale considerato, con conseguente violazione dell’art. 81 Cost..
Prevedendo una equiparazione tra il personale medico titolare di incarico provvisorio e quello titolare di incarico definitivo, anche a fini previdenziali, viene disposta la trasformazione di rapporti provvisori in rapporti definitivi.
Stabilendo una equiparazione tra medici del servizio integrativo di assistenza sanitaria e medici specialisti di cui agli artt. 51 e 52 della legge n. 740 del 1970, da un lato, e medici generali e per la specialistica ambulatoriale, dall’altro, si ha invasione dell’area della contrattazione collettiva. Le equiparazioni, nel disciplinare, anche a fini previdenziali, rapporti di lavoro di natura privatistica, violano l’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost., in materia di ordinamento civile.
7) L’art. 26 della legge della Regione Puglia n. 4 del 2010, “prevedendo l’incremento e l’integrazione del trattamento economico dei direttori generali, dei direttori sanitari e dei direttori amministrativi degli enti e istituti sanitari, comporta una maggiore spesa priva di copertura finanziaria, con conseguente violazione dell’art. 81 Cost.”
“La norma regionale viola anche il principio di riduzione dei trattamenti economici, ricavabile dall’art. 61, comma 14, del decreto-legge 12 luglio 2008, n. 112 (Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria), convertito in legge 6 agosto 2008, n. 133, in base al quale ‘A decorrere dalla data di conferimento o di rinnovo degli incarichi i trattamenti economici complessivi spettanti ai direttori generali, ai direttori sanitari, ai direttori amministrativi, ed i compensi spettanti ai componenti dei collegi sindacali delle aziende sanitarie locali, delle aziende ospedaliere, delle aziende ospedaliero universitarie, degli istituti di ricovero e cura a carattere scientifico e degli istituti zooprofilattici sono rideterminati con una riduzione del 20 per cento rispetto all’ammontare risultante alla data del 30 giugno 2008’ ”.
8) L’art. 30 della legge della Regione Puglia n. 4 del 2010 impone alle nuove imprese o società affidatarie dell’appalto l’«assunzione a tempo indeterminato», anziché l’«utilizzo», del personale della precedente impresa o società affidataria, ed estende quest’obbligo, senza prevedere alcuna procedura selettiva, anche alle società a partecipazione pubblica totale o di controllo.
“Viola l’art. 97 Cost. e le norme interposte dettate dall’art. 18 del decreto-legge n. 112 del 2008, come modificato dall’art. 19, comma 1, del decreto-legge n. 78 del 2009, in materia di reclutamento del personale delle società a partecipazione pubblica.
Il comma 1 dell’art. 18 del decreto legge n. 112 del 2008, infatti, dispone che «le società che gestiscono servizi pubblici locali a totale partecipazione pubblica adottano, con propri provvedimenti, criteri e modalità per il reclutamento del personale e per il conferimento degli incarichi nel rispetto dei principi di cui al comma 3 dell’art. 35 del d.lgs. 30 marzo 2001, n. 165». Il comma 2 dell’art. 18 del decreto legge n. 112 del 2008 prevede che le altre società a partecipazione pubblica totale o di controllo non di servizi pubblici locali – come nel caso delle attività di tutela della salute – «adottano, con propri provvedimenti, criteri e modalità per il reclutamento del personale e per il conferimento degli incarichi nel rispetto dei principi, anche di derivazione comunitaria, di trasparenza, pubblicità e imparzialità».
Viola l’art. 97 Cost., e le richiamate norme interposte, sia per l’assenza di criteri di trasparenza, pubblicità e imparzialità per il reclutamento di personale delle società a partecipazione pubblica totale o di controllo, sia perché il maggior onere derivante dall’obbligo posto all’affidatario di assumere «a tempo indeterminato» il personale già utilizzato si riflette – anche nel caso di imprese o società affidatarie dell’appalto interamente private – sui principi di legalità e di buon andamento della pubblica amministrazione affidante in termini di non conformità alle disposizioni sulla «clausola sociale», di minore apertura dei servizi alla concorrenza e di maggiori costi, considerato che l’obbligo eccede i limiti temporali dell’affidamento del servizio.
Ferma rimanendo l’applicazione, alle ipotesi previste dalle disposizioni impugnate, della «clausola sociale» in senso proprio, nei termini prescritti dalle norme e dai contratti collettivi vigenti, in permanenza dell’affidamento del servizio”.
Scrivi un commento
Accedi per poter inserire un commento