L’emendamento, come presentato alla Commissione industria di Palazzo Madama dai relatori, Filippo Bubbico (Pd) e Simona Vicari (Pdl), prevedeva che le concessioni demaniali balneari fossero prorogate sino al 2045. La Commissione bilancio ha quindi bocciato la modifica, dando invece il via libera condizionato a una proroga di 5 anni, sino al 2020. Questo al fine di favorire il raggiungimento di un’intesa tra Governo e Commissione europea di Bruxelles, che si è mossa a tutela della concorrenza richiedendo l’indizione di gare pubbliche a partire dal 2015 per l’assegnazione delle concessioni.
La proroga trentennale delle concessioni aveva, infatti, già incontrato il parere negativo della Commissione europea, in quanto contrastante con la direttiva che per le concessioni del demanio dello Stato prevede l’assegnazione esclusivamente tramite asta pubblica. Secondo l’Unione europea, le concessioni delle spiagge sono “servizi su suolo pubblico” e devono pertanto essere aperti alla libera concorrenza come stabilito dalla c.d. “Direttiva Bolkestein”, una norma comunitaria del 2006 recepita dall’ordinamento italiano nel gennaio del 2010.
Allo stato attuale, si attende la formulazione del maxiemendamento sul quale l’Esecutivo porrà con ogni probabilità la questione di fiducia per sapere se, visto il parere contrario espresso dal Governo, conterrà comunque la modifica votata.
Lo stop alla proroga trentennale da parte della Commissione industria del Senato ha, intanto, riscosso il plauso delle associazioni ambientaliste e degli utenti. Federconsumatori: “Finalmente si inizia a ragionare sul problema delle concessioni demaniali delle nostre coste. Una mini-proroga di 5 anni è sicuramente meglio di un regalo di 30”. Per l’associazione dei consumatori l’avvio immediato delle gare pubblica rimane comunque la scelta migliore, una “operazione urgente e fondamentale per incentivare la concorrenza e il rispetto dell’ambiente. Tali gare, da un lato, dovranno necessariamente tenere conto degli investimenti già fatti da parte dei gestori, dall’altra dovranno prevedere criteri di assegnazione delle concessioni improntati al minore impatto ambientale possibile ed alla qualità dei servizi offerti”.
Soddisfatto anche il Wwf, da tempo impegnato in una battaglia su questo tema, che si spinge oltre chiedendo al Governo di non concedere nemmeno la miniproroga di 5 anni delle concessioni balneari e di “far sì che il termine delle concessioni resti al 31 dicembre 2015”. Questo al fine di “evitare il rischio di un nuovo scempio ambientale, con una prolungata – o addirittura ulteriore – cementificazione delle coste e garantire il rispetto della direttiva europea sulla libera concorrenza”.
Di parere nettamente contrario, come prevedibile, la posizione della Confesercenti a difesa dei bagnini: “È ormai del tutto evidente che questo Governo ha stretto accordi in sede europea esclusivamente per favorire i grandi gruppi a scapito delle piccole e medie imprese”. Secondo il Vice-presidente nazionale (Riccardo Vincenzi) e il coordinatore regionale per l’Emilia-Romagna (Riccardo Santoni) di Fiba Confesercenti, l’Esecutivo dovrebbe lasciare aperta la possibilità di riconoscere alle imprese balneari italiane “ciò che è stato o sarà concesso a Spagna, Croazia e Portogallo” (nostri diretti concorrenti nel turismo balneare), cioè proroghe molto più consistenti.
Secondo la Sib-Confcommercio ed Assobalneatori, unitesi alla Fiba nella protesta, “la cosa che sorprende di più è che ancora una volta non si è tenuto conto che questa proroga non dà fiato alle imprese né promuove gli investimenti. Sarebbe oltremodo grave e del tutto inaccettabile che il governo dia seguito all’art. 11 della comunitaria 2010 procedendo a emanare una nuova normativa per questo settore senza tenere conto della posizione di Parlamento, Regioni, Anci, Upi e associazioni di categoria”. Circa trentamila imprese balneari disseminate lungo i 3534 chilometri di spiagge italiane sono, di fatto, già sul piede di guerra e l’intero settore conferma lo stato d’agitazione.
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