Spending review, non chiamatela manovra. E’ una super manovra!

Sgombriamo innanzitutto il campo da un possibile equivoco: il decreto legge 6 luglio 2012 n. 95 “Disposizioni urgenti per la revisione della spesa pubblica con invarianza dei servizi ai cittadini”, malgrado il titolo, i comunicati stampa e le precisazioni, è una manovra economica, con tagli, quasi del tutto analoga alle molteplici che si sono succedute dal 2010 ad oggi.

Al momento almeno, la “spending review”, per Regioni e Autonomie Locali, si è tradotta ancora una volta in tagli pressoché lineari, malgrado i possibili correttivi annunciati ma di difficile applicazione se non altro nel 2012, che si sommano ai pesantissimi tagli precedenti.

E non si comprende davvero come questo possa realizzarsi “con invarianza dei servizi ai cittadini”.

Forse il Governo si attende miracoli!

Per il sistema delle autonomie, si ripropone la quantificazione di tagli pari a 500 milioni di euro per l’anno 2012 e 2.000 milioni di euro a decorrere dall’anno 2013 per i Comuni e di 500 milioni di euro per l’anno 2012 e 1.000 milioni di euro a decorrere dal 2013 per le Province.

Tutto questo senza un preventivo confronto con le Autonomie, essendo stato il Governo impegnato a mediare al suo interno e a trattare gli interventi sui Ministeri, dimenticando che l’erogazione dei servizi ai cittadini deriva principalmente da Regioni ed Enti Locali.

L’art. 16 del Decreto Legge, da solo, prevede un risparmio complessivo di due miliardi e 300 milioni di Euro nel 2012 e di 5 miliardi e 200 milioni dal 2013, tutti a carico di Regioni, Province e Comuni.

Come faranno, in queste condizioni, le Regioni e gli Enti Locali, dopo i tagli già insostenibili previsti dalle precedenti manovre, ad assicurare “l’invarianza dei servizi ai cittadini”?

Dichiara il primo comma dell’articolo 16: “Ai fini della tutela dell’unità economica della Repubblica, gli enti territoriali concorrono, anche mediante riduzione delle spese per consumi intermedi, alla realizzazione degli obiettivi di finanza pubblica nel rispetto delle disposizioni del presente articolo che costituiscono principi fondamentali di coordinamento della finanza pubblica…”.

Pensa il Governo che Comuni e Province possono assorbire l’entità dei tagli con “la riduzione delle spese per consumi intermedi”?

Cosa sarebbero per il Governo i “consumi intermedi”?

Per fortuna e per non incorrere in violazione dei principi fondamentali di coordinamento della finanza pubblica è stata aggiunto un “anche”!

Non trascura il Governo di disciplinare in modo dettagliato le modalità di recupero dagli Enti Locali di tali somme.

Per i Comuni: l’Agenzia delle Entrate ha il compito di recuperare le somme all’atto del pagamento agli stessi Comuni dell’IMU unitamente alla quota già riservata allo Stato.

Alla faccia della prima imposta federalista!

Per le Province: l’Agenzia delle Entrate provvede al recupero delle somme a valere sui versamenti dell’imposta sulle assicurazioni contro la responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli a motore.

I tagli dovrebbero essere differenziati tenendo conto delle analisi di spesa del super tecnico commissario Bondi.

In ogni caso, che ci siano o no dei dati, provvede, entro il 15 ottobre 2012, un decreto del Ministro dell’Interno in proporzione alle spese sostenute per consumi intermedi.

Ottimo!

E tutto il lavoro in corso di svolgimento, con ingente impiego di risorse, di persone, ecc., per determinare finalmente, secondo criteri maggiormente oggettivi, i costi e i fabbisogni standard di comuni province e regioni?

Secondo l’art. 1-bis della Legge 6 luglio 2012 n. 94, di conversione del D. L. 52/2012, che ha avviato la “spending review” e legittimato la nomina del super commissario, ai fini della razionalizzazione della spesa, “il Governo verifica prioritariamente l’attuazione della procedura per l’individuazione dei costi e dei fabbisogni standard e degli obiettivi di servizio, secondo quanto previsto dal D. Lgs. 216/2010 e dall’art. 13 del D. Lgs. 68/2011, provvedendo all’acquisizione e alla pubblicazione dei relativi dati entro il 31 dicembre 2012 nonché a ridefinire i tempi per l’attuazione dei medesimi decreti sui costi e fabbisogni standard entro il primo quadrimestre 2013”.

Eppure nell’art. 16, nel determinare i tagli a Regioni, Province e Comuni, di tutto questo non vi è traccia, se si eccettua un generico richiamo al comma 6, riferito ai Comuni, ma del tutto ignorato per Regioni e Province.

Il Decreto Legge insiste su alcuni temi entrati ormai nell’immaginario collettivo come ad esempio le auto di servizio: dal 2013 tutte le amministrazioni sono tenute a ridurre la spesa del 50% rispetto al 2011.

Ancora una volta la misura è annunciata come “taglio alle auto blu”, senza considerare che la gran parte dei mezzi riguarda gli operai di Comuni e Province che si recano nei cantieri stradali, i messi che notificano gli atti, gli infermieri e gli addetti all’assistenza domiciliare, ecc.

Perché, una volta per tutte, non si distinguono le auto di rappresentanza dalle auto di servizio e si taglia chiaramente sulle prime?

Per alcuni temi ci si muove, al contrario, con una cautela incomprensibile.

Due esempi per tutti: la soppressione di enti e agenzie e le consulenze.

L’art. 9, per l’ennesima volta, si occupa del “divieto di istituzione e soppressione di enti, agenzie e organismi”.

Verrebbe da dire: finalmente!

Invece no.

Le Regioni, Province e Comuni devono sopprimere o accorpare, in misura non inferiore al 20%, enti, agenzie e organismi comunque denominati che esercitano, anche in via strumentale, funzioni fondamentali, di cui all’art. 117, comma 2, lett. p) della Costituzione o funzioni amministrative spettanti a Comuni e Province ai sensi dell’art. 118 della Costituzione.

Solo il 20%.

Come va inteso: una Provincia o un Comune, su 5 Enti deve sopprimerne uno prescindendo da dimensioni, bilanci amministrati, numero di dipendenti, ecc.?

A quali funzioni fondamentali va fatto riferimento, visto il richiamo dell’art. 117, comma 2, lett. p) della Costituzione?

Alle funzioni attribuite ai Comuni e Province dal D. Lgs. 267/2000? A quelle previste dalla Legge 42/2009? Alle “nuove” funzioni attribuite alle Province dallo stesso D. L. 95/2012?

E per le Regioni?

E per lo Stato?

Perché dunque non prevederne la generale anche se progressiva soppressione? In modo chiaro, inequivocabile, senza dubbi interpretativi che fino ad oggi ne hanno impedito l’attuazione?

Evidentemente manca l’effettiva volontà di intervenire.

Le consulenze.

Da qualche anno vige l’obbligo per le amministrazioni di pubblicare l’ammontare delle consulenze.

Il dato aggiornato a maggio, riferito al 2011, ma ancora incompleto visto che l’obbligo di legge di comunicazione scade il 30 giugno di ogni anno, delle consulenze attribuite, pubblicato dal Ministero per la Pubblica Amministrazione, riporta un importo erogato di Euro 689.642.907,91.

700 milioni di Euro!

Perché semplicemente non disporre il divieto di attribuire incarichi, questo sì ad “invarianza dei servizi ai cittadini”?

Invece l’unica disposizione rinvenibile nel D. L. 95/2012 è quella che impone il divieto alle pubbliche amministrazioni di attribuire incarichi di studio e di consulenza a soggetti, già appartenenti ai ruoli delle stesse e collocati in quiescenza, che abbiano svolto, nel corso dell’ultimo anno di servizio, funzioni e attività corrispondenti a quelle oggetto dello stesso incarico di studio e di consulenza.

 

Carlo Rapicavoli

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