Il giudice di legittimità interpreta, dunque, in maniera certa, la generica espressione “quantità ingenti”, sino ad ora oggetto di scontro giurisprudenziale, stabilendo dei tetti minimi per le quantità sequestrate, al di sotto dei quali non si ravvisa l’aggravante.
Nel caso in cui, invece, tali soglie vengano superate, la valutazione se applicare o meno l’aumento della pena è lasciata alla discrezionalità del giudice di merito.
La scelta della Corte di mettere ordine nell’annosa questione sull’apprezzabilità da parte del giudice di un criterio basato su limiti ponderali predeterminati per tipo di droga, piuttosto che su indici fissi e aritmetici (si pensi alla pericolosità pubblica dello smercio di dosi massicce di droga o al rischio di soddisfare troppi consumatori per l’eccesso di dosi ricavabili), segue un precedente indirizzo giurisprudenziale che prediligeva l’elaborazione di “parametri e criteri idonei a rendere concrete le fattispecie attenuate o aggravate in base a giudizi di valore che competono ai giudici del merito, ma secondo criteri la cui logicità viene poi vagliata dal giudice di legittimità”, e risponde alla logica di una maggiore opportunità di valutazione delle differenti circostanze cui applicare o meno le aggravanti previste.
Del resto, anche il giudice rimettente aveva espresso forti dubbi sulla validità dei parametri fissi, di certo meno adattabili ai fatti concreti; adesso, quindi, non rimane che aspettare le motivazioni delle Sezioni Unite.
Scrivi un commento
Accedi per poter inserire un commento