Oggi, ci troviamo di fronte all’ennesima promessa di condono prospettata dall’ “imperator” dei tempi odierni: l’ex premier Silvio Berlusconi non si limita, infatti, a garantire la restituzione dell’Imu, ma si lancia anche nell’assicurazione del condono tombale. L’intento, da sempre immutato, risponde all’obiettivo di accaparrarsi consensi per poter così risalire nei sondaggi.
L’acclamato condono tombale permette al contribuente che ha “dimenticato” di pagare le tasse di sanare definitivamente la rispettiva posizione dinanzi al fisco, regolarizzando la propria situazione a basso costo. Si prospetta così l’eden degli evasori che, in tal modo, sono abilitati a farla franca pagando una minima parte di quel che avrebbero legittimamente dovuto.
Il rischio che la baldanzosa dichiarazione di Berlusconi paventa è quello di incentivare ulteriormente l’evasione fiscale, e proprio in un periodo in cui si è tentata, per fortuna con successo, una parziale stretta sul fronte fiscale (si ricordino i blitz della Guardia di Finanza a Napoli, Cortina, Sardegna e alle indagini sulla tracciabilità del contante degli ultimi anni).
Berlusconi e il Pdl, prospettando l’eventuale condono tombale, tentano di rincuorare chi non ha pagato interamente le tasse e recuperare un po’ di gettito fiscale. Seguendo simili attese, le persone che hanno raggruppato un consistente gruzzolo di denaro in baffo al pagamento regolare delle imposte, alla prossima turnata verranno nuovamente meno al rispettivo dovere fiscale in vista dell’auspicato condono. Nient’altro che nuova linfa vitale alla ‘cultura dell’evasione’.
Il condono tombale si imporrebbe in caso di una riforma fiscale globale – precisa Berlusconi – e non diventa troppo arduo dedurre che la manovra altro non rappresenterebbe che un escamotage volto a racimolare i soldi necessari per la copertura della “promessa” restituzione dell’Imu. L’ex Presidente del Consiglio non induce affatto, però sui costi che, sul lungo periodo, stratagemmi di questo tipo potrebbero comportare per il bilancio pubblico.
Il contrassegno del condono rimane un marchio distintivo soprattutto delle manovre prospettiche e politiche del centro destra. Il nostro Paese dal 1973 in poi è stato attraversato da diverse misure sanatorie; si citano in ordine cronologico: il condono fiscale approvato dal Governo Rumor VI nel 1973 (Ministro delle finanze Emilio Colombo); il condono fiscale attuato dal Governo Spadolini I nel 1982 (Ministro delle finanze Rino Formica); il condono edilizio del Governo Craxi I del 1985 (Ministro delle finanze Bruno Visentini); il condono generale del 1992 approvato dal Governo Andreotti VII (Ministro delle finanze Rino Formica); il condono edilizio e il concordato fiscale approvati dal Governo Dini nel 1995 (Ministro delle finanze Augusto Fantozzi); ed infine i più recenti condoni varati dal Governo Berlusconi II (condono edilizio e fiscale) del 2003, con Ministro delle finanze Giulio Tremonti e lo scudo fiscale in vigore dal 2/10/2009 promosso dal Governo Berlusconi IV.
Lo stesso Rino Formica, padre del leggendario condono tombale datato 1982, ribadisce come “un condono fiscale in assenza di una modifica delle regole fiscali non è morale”. L’ex ministro aggiunge “la platea dei contribuenti oggi, in Italia, è spaccata in due. Da una parte i lavoratori dipendenti pubblici e privati, i professionisti che lavorano per le imprese, che pagano tutto col prelievo alla fonte e non hanno nulla da condonare; e poi tutti gli altri, i condonabili. Se tutti i cittadini producessero una dichiarazione spontanea, senza prelievo alla fonte, qualsiasi condono sarebbe popolarissimo. Nelle attuali condizioni, lo è solo per una parte, mentre gli altri si sentono defraudati, anzi, presi letteralmente in giro”. Resta implicito dedurre come un condono tombale odierno, senza previo mutamento delle regole in gioco, costituisca un provvedimento altamente nocivo, il quale secondo Maria Cecilia Guerra, specialista di fisco, può addirittura generare aspettative diseducative a vantaggio dei frodatori fiscali e a discapito dei più onesti.
Secondo la CGIA (Associazione Artigiani Piccole Imprese) di Mestre, il complesso dei condoni ratificati dal 1973 al 2005 avrebbe generato un incasso compiuto di 104,5 miliardi di euro (in valuta 2005); stando invece alle pubblicazioni di Fiscooggi.it (rivista online dell’Agenzia delle Entrate) tale cifra raggiungerebbe un target ben inferiore, pari a circa 26 miliardi di euro. Inoltre, risulta importante ricordare come soltanto i condoni fiscali di 1989 e 1992 siano effettivamente riusciti a sorpassare le attese di gettito, i provvedimenti restanti, al contrario, hanno disatteso fortemente le previsioni.
Nonostante le evidenze, il termine condono rimane un argomento di forte presa all’interno del sillabario politico-economico nazionale. Al momento, il pericolo di un’aggiuntiva, deturpante caduta della pulita aderenza dei cittadini italiani alle logiche del fisco si ripropone visibilmente. Allora cosa fare perché questo non avvenga…?
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