Sistri: istruzioni per l’uso

Il SISTRI è un termine che ha scaldato assai le discussioni degli operatori del settore rifiuti. Al di là dei contenuti giuridici, stratificati nel tempo, vogliamo qui fornire alcuni semplici cenni tematici, utili non tanto a trovare risposte a singole domande, quanto a comprendere l’approccio più efficace per non perdersi in questo sistema che si presenta come un arcipelago di isole.

Il SISTRI non è solo uno strumento che deve seguire il trasporto, il SISTRI guarda anche alla movimentazione del rifiuto. Insomma dovrebbe soddisfare la famosa “tracciabilità”.

All’inizio il rifiuto intercettato doveva essere solo quello pericoloso, successivamente si è voluto allargare il campo sia ai non pericolosi, sia a quelli “speciali” (per capirci quelli non gestiti dal servizio pubblico).

Nelle intenzioni del legislatore il SISTRI doveva sostituire il formulario di identificazione dei rifiuti (FIR: come il DDT per le merci) e il registro di carico e scarico.

Allora, provate ad immaginare: il rifiuto quando viene prodotto viene caricato dal produttore sul proprio registro (e messo in “magazzino”). Poi il produttore (se non lo autosmaltisce) lo affida ad un operatore idoneo e autorizzato che lo preleva e lo porta con un proprio mezzo ad un impianto, accompagnandolo col FIR (così il produttore porta in diminuzione il rifiuto dal registro). Quando il rifiuto arriva e viene accettato all’impianto, viene accatastato in una area. Anche il gestore dell’impianto, manda una copia del FIR al produttore e carica il rifiuto nel proprio registro. Le successive movimentazioni dei rifiuti entro l’impianto vengono contabilizzate nel registro.

Il SISTRI cambia un po’ le regole, perché vuole seguire (con GPS) la motrice dell’autocarro che trasporta il rifiuto, mettendo insieme anche le informazioni che gli operatori devono digitare (nel portale SISTRI) talvolta addirittura prima delle fasi di carico, scarico, trasporto, eccetera. Inoltre delle telecamere vengono collocate in ingresso delle discariche per controllare chi e quando arriva a scaricare rifiuti, etc.

Insomma, tutti questi dati vengono elaborati dal “cervellone” SISTRI che incrocia i dati delle quantità, dei soggetti, degli automezzi, dei percorsi, degli orari, ed altri, senza però farli vedere agli altri soggetti.

Ecco emergere un aspetto interessante: mentre prima la chiusura delle operazioni avveniva tra i soggetti (che potevano controllarsi l’un l’altro col FIR e col registro), ora il SISTRI, in una logica di diffidenza, fa dire ai soggetti cosa fanno nella loro sfera, ma non li “relaziona” tra loro. Il retro pensiero del SISTRI è che in questo modo si scoprono collusioni e/o le sistemazioni delle carte, scovando i misfatti. Il controllo più che su strada diventa da colletto bianco.

Ma dal momento che sono sanzionabili anche le piccole dimenticanze e/o errori nei quali facilmente possono cadere gli operatori nella ragnatela del SISTRI si avrà che le Province potranno aumentare le loro entrate.

Inoltre, come detto, il SISTRI segue la motrice ma non il contenitore dei rifiuti, per cui anche potremmo avere il “gioco dei bussolotti”, spostando contenitori, rimorchi, etc.

La complicazione, per chi vuole capire il SISTRI nel suo insieme, avviene con la frantumazione in micro discipline. Dato che molte associazioni e/o categorie sono riuscite ad avere un “posto al sole” nei tavoli ministeriali o parlamentari, sono proliferate esclusioni, semplificazioni di obblighi, e così via arrivando a sostituire ad alcune fasi del SISTRI una scheda cartacea, omettendo certe operazioni fondamentali.

Ecco, ancora, che chi è abituato ad avere un quadro ordinato dei soggetti obbligati e capire cosa succede (p. es. che fa un produttore di rifiuti in un cantiere edile?) deve zoomare la disciplina di quel soggetto/attività, per come disciplinato, e vedere l’effetto che fa nel rapporto con gli altri soggetti (che vengono diversamente disciplinati) ….. Anche qui non mancano contraddizioni e storture a cui si è cercato di rimediare con le procedure software.

E’ a questo punto che risulta evidente come la disciplina del SISTRI non si possa apprendere solo leggendo il Codice Ambientale e la legislazione nel tempo affastellatesi, o i vari decreti ministeriali (poi riunificati malamente), perché è necessario guardarsi quanto inserito nel sito istituzionale: quasi 10 manuali e guide operative (che sono distinte per soggetti: produttori, trasportatori, intermediari, gestori) dove i procedimenti sono dettagliatamente indicati, anche qui con alcune sbavature (basta “simulare” la realtà per capire se i movimenti dei rifiuti “tornano” col software: spesso ciò non accade). Ancora, sono queste fonti “profane”che cambiano continuamente le carte in tavola, senza necessità di avvisi o pubblicazioni in gazzetta ufficiale, per cui l’interessato è costretto ogni mattina a visitare il sito alla ricerca di eventuali modifiche nella parte di disciplina che lo riguarda.

Se poi qualcuno volesse capire l’architettura e la logica del sistema deve immedesimarsi nella testa del carabiniere, con gli occhiali degli studi di settore. Perché, nelle procedure ci sono molti trabocchetti con presunzione di illegalità o mancate coerenze da parte degli operatori. Se si mettono insieme (come fa il “cervellone”) i dati di entrata, giacenza, uscita, tipologia rifiuto, quantità e perdite di processo (scarti o evaporazioni o altro) si ottengono interessanti statistiche e informazioni da incrociare per vedere se l’interessato “mente” (come il gangster Al Capone, che è stato incastrato non per quel che aveva fatto, ma per evasione fiscale).


Alberto Pierobon

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