Sinistri stradali: l’efficacia probatoria dei verbali della Polizia Municipale

Silvia Surano 17/02/11
Quando si verifica un sinistro stradale, generalmente con feriti, alcuni organi facenti parte di soggetti della pubblica amministrazione dotati del potere di controllo sul territorio, possono intervenire ad eseguire accertamenti non ripetibili (art. 360 c.p.p.) con lo scopo di agevolare i soccorsi ed individuare notizie di reato o condotte passibili di sanzione amministrativa.

Il c.d. “verbale”, redatto dalla Polizia Municipale o da altri organi, è il risultato di questi accertamenti non ripetibili e costituisce, senza dubbio, una delle prove più rilevanti nell’eventuale procedimento civile che segua per l’accertamento delle responsabilità. Ciò è dovuto al fatto che, trattandosi di un atto pubblico, godrebbe di una “fede privilegiata” e farebbe piena prova fino a querela di falso.

Il verbale, oltre ai rilievi e alla descrizione dello stato dei luoghi, può contenere anche valutazioni degli accertatori sulla dinamica del sinistro nonché la trascrizione delle dichiarazioni rese dalle parti coinvolte o da eventuali testimoni. Cosa succede se queste dichiarazioni sono, a nostro avviso, non veritiere o comunque illogiche? È possibile contrastarle in giudizio? E in che modo?

Nonostante non ci siano recenti modifiche legislative o novità giurisprudenziali sul punto e il quesito sembri di facile soluzione, la frequenza con cui si dibatte, in sede contenziosa, della necessità o meno di proporre querela di falso, fa pensare che l’argomento meriti un breve approfondimento. Spesso infatti, si sollevano questioni, anche meramente strumentali, sull’interpretazione da dare all’art. 2700 c.c. nella parte in cui prevede che l’atto pubblico faccia piena prova, fino a querela di falso, delle dichiarazioni delle parti.

Il disposto della norma sembrerebbe quindi essere, ad un esame superficiale, poco chiaro o comunque mal interpretabile, ma non altrettanto può dirsi dell’applicazione concreta che ne viene fatta.

Secondo dottrina e giurisprudenza univoca, infatti, l’atto pubblico fa piena prova fino a querela di falso, ma la sua efficacia è limitata esclusivamente ai fatti che il pubblico ufficiale attesti essere avvenuti in sua presenza e verbalizzati senza alcun margine di apprezzamento, agli atti da lui compiuti e alla provenienza del documento dallo stesso pubblico ufficiale.

Alle dichiarazioni delle parti coinvolte o dei c.d. “testimoni”, la fede privilegiata è riconosciuta limitatamente alla provenienza delle stesse, non certo anche alla veridicità dei loro contenuti.

Allo stesso modo, non fanno piena prova i giudizi valutativi o gli apprezzamenti personali del pubblico ufficiale né, da ultimo, la descrizione di fatti mediata da percezione sensoriale di cui non si possa avere un riscontro obiettivo nella realtà.

Di conseguenza, qualora in giudizio sia prodotto un verbale di accertamento contenente la trascrizione di dichiarazioni delle parti che riteniamo raccontino i fatti in maniera difforme alla realtà, potremo confutarle con ogni mezzo, senza che sia necessario proporre querela di falso.

Il materiale probatorio prodotto sarà liberamente valutabile e apprezzabile dal giudice, unitamente alle altre risultanze istruttorie raccolte o richieste dalle parti nel corso del procedimento.

Le osservazioni che precedono possono essere estese anche a casi diversi ma analoghi quali, ad esempio, le opposizioni ai verbali che accertano violazioni del Codice della Strada. In questo caso, però, dovendo contrastare la veridicità delle dichiarazioni dello stesso pubblico ufficiale puntando sull’erronea percezione sensoriale degli accadimenti, dobbiamo tener presente che il compito potrebbe essere molto più difficile in quanto le dichiarazioni, seppur valutative, del pubblico ufficiale tendono ad essere considerate sempre più attendibili rispetto a quelle del cittadino che contesta la sanzione.

Silvia Surano

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