Sindaci nuovi, metodi vecchi

Massimo Greco 29/08/15

Dai Sindaci di nuova generazione ci si aspetta di più, non solo sul piano della qualità dell’azione di governo, ma anche in ordine all’avvertita esigenza di voltare pagina rispetto a metodi e dinamiche politiche vecchie. Nonostante la crisi dei partiti politici sia irreversibile, e lo dimostra il fatto che nel 2014 solo 16.518 cittadini italiani hanno effettuato la scelta di destinare il due per mille della propria imposta sul reddito delle persone fisiche al finanziamento di un partito politico, i neo Sindaci risultano ingabbiati da accordi pre-elettorali con liste più o meno civiche che li hanno sostenuti. Ai partiti politici (fatta eccezione per il solo partito democratico e al nord per la lega) si sono così sostituiti estemporanei movimenti civici per perseguire, comunque, metodiche e finalità tipiche dei vecchi partiti politici. Le liste civiche, infatti, non si limitano a condividere il Sindaco e il suo programma elettorale ma a partecipare all’azione di governo attraverso l’indicazione di assessori, i quali diventano depositari di istanze politiche né più né meno di come avveniva con i vecchi partiti politici. In sostanza, gli assessori non godono della fiducia politica del Sindaco, se non quella formale dovuta alla nomina, ma della fiducia delle liste civiche di riferimento.

Siffatto stato di cose finisce per avvalorare la tesi di chi sostiene che le liste civiche altro non sono che un modo mascherato di far partecipare comunque alle competizioni elettorali locali quella nomenclatura della politica il cui partito politico di appartenenza risulta viziato da impresentabilità all’occhio dell’opinione pubblica. In tale contesto, i Sindaci stanno perdendo l’occasione storica di ripristinare regole e principi di quell’elezione diretta da sempre osteggiata dai partiti politici, che fin dalla sua introduzione nell’ordinamento è stata travisata ed aggirata attraverso un uso improprio del ruolo dell’assessore.

L’assessore di un Ente locale, invero, preso singolarmente e al netto delle ipotesi della delega di funzioni da parte del Sindaco, o della specifica attribuzione statutaria di poteri gestionali in quei Comuni inferiori a cinque mila abitanti, non ha alcuna funzione né di governo né politica. Lassessore non assume un evidente ruolo di organo monocratico, potendo agire esclusivamente in via collegiale, nell’ambito della funzione di collaborazione col Sindaco, assegnata alla giunta nel suo complesso. L’organo di governo è quindi la giunta e non certo il singolo assessore, che rimane formalmente solo un collaboratore del Sindaco, sprovvisto altresì di funzione politica. L’investitura politica, fatta dai partiti politici prima e dalle liste civiche adesso, mentre rappresenta un uso distorto e non conforme allo spirito dell’elezione diretta dei Sindaci, non ne muta la natura di fiduciario del Sindaco e non del mandatario dell’elettorato. In disparte il caso  double face voluto da un creativo legislatore siciliano, che rende ancora possibile il cumulo della carica di consigliere con quella dell’assessore, quest’ultimo, nella generalità dei casi,  non ha alcun rapporto con l’elettorato; la genesi, l’estinzione e la causa dell’investitura assessoriale non possono ricondursi alla volontà popolare, ma solo a quella del Sindaco. L’assunzione della carica di assessore, pertanto, non è espressione del diritto di elettorato passivo.

Il vero cambiamento si apprezzerà allorquando i Sindaci di nuova generazione sapranno ripristinare le regole di base dell’agire politico a partire da questa.          

 

Massimo Greco

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