A riportare d’attualità la tassa sulla sigaretta elettronica, il direttore dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, Giuseppe Peleggi, a seguito, come detto, dell’improvvisa presa di posizione dell’organo chiamato alla tutela della salute pubblica, che di fatto ha posto sullo sesso piano sigarette classiche ed elettroniche, allargando anche a quelle di ultima generazione i divieti della storica legge Sirchia del 2005, che inibiva al consumo nei locali pubblici delle bionde.
“Sicuramente una regolarizzazione del settore va fatta – ha esordito Peleggi nel corso di un’audizione alla commissione finanze della Camera, tenutasi ieri – ma vale la pena aspettare che si esprima il Ministero della Salute per capire se vale il criterio dei danni alla salute per l’accisa”.
Ancora, infatti, non ci sono studi che confermino ufficialmente il tasso di nocività delle e-cig, il che rende tortuoso il cammino per applicare l’accisa parificata a quella già esistente sui prodotti di tabacco, come negli intenti del Parlamento.
Nelle settimane scorse, infatti, un emendamento per introdurre il balzello sulle bionde elettroniche era apparso in sede di discussione del decreto che ha sbloccato 40 miliardi di debiti della pubblica amministrazione, a firma di esponenti sia del Pd che del Pdl, alleati nella maggioranza che sostiene il governo delle larghe intese.
Poi, improvvisamente, la proposta di imposizione era rientrata, un po’ per la fretta con cui era stata inserita, e un po’ per la necessità di avere un quadro più chiaro del comparto e dell’indotto generato da un prodotto che nei mesi scorsi ha conosciuto un vero e proprio boom.
A ruota, comunque, si sono incrociate sia le proteste dei tabaccai, che hanno avanzato un ricorso al Tar per chiedere l’introduzione di un adeguata cura fiscale sulle e-cig, sia quelle delle case produttrici degli svapatori, che hanno trovato un settore molto remunerativo e non sono disposti a rinunciare agli incassi elevati che stanno segnando la diffusione della e-cig, ormai una moda.
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