Sulla gestione dei rifiuti in Sicilia, su cui si registra l’ennesima ordinanza emergenziale, lo Stato centrale sembra avere finalmente detto stop, disponendo il commissariamento di numerosi aspetti amministrativi di competenza regionale. Tra questi, quello che rappresenta una vera e propria “tagliata di faccia” nei confronti sia del Governo regionale che dello stesso legislatore regionale è rappresentato dall’obbligo di ridurre il numero degli ambiti territoriali ottimali a non più di cinque.
Ma dietro questa prescrizione si nasconde, implicitamente, la soppressione degli ambiti di raccolta ottimale (conosciuti con l’acronimo A.R.O.) previsti da una nefasta legge regionale del 2013 sfuggita all’attenzione del Commissario dello Stato ma non anche alla Presidenza del Consiglio dei Ministri. Con due forti azioni promosse lo scorso anno, la Presidenza del Consiglio dei Ministri, prima diffida la Regione Siciliana a ridurre il numero degli ambiti territoriali ottimali, al fine di agevolare quelle economie di scala in territori non inferiori a quello provinciale, poi, in sede d’impugnativa della riforma siciliana degli enti intermedi, non perde occasione per acclarare che anche la legislazione in materia di gestione integrata dei rifiuti è incostituzionale al pari di quella approvata, e successivamente impugnata, sulla riforma del sistema idrico.
La questione è sempre la stessa e concerne il tentativo di frammentare gli ambiti territoriali ottimali nel disperato tentativo di restituire gradatamente ai Comuni le competenze in materia di acqua e di rifiuti, non accettando il principio, non solo fondato su basi giuridiche (principio verticale ed orizzontale di unicità), che l’ambito territoriale per la gestione di un servizio pubblico a rilevanza economica, qual’è quello dei rifiuti, è ottimale solo nella misura in cui si riescono ad assicurare le economie di scala, e questo a prescindere da una gestione pubblicistica o privatistica del servizio. Basti pensare che l’Autorità per il mercato e la concorrenza ha bacchettato il legislatore statale per avere definito con legge un ambito territoriale ottimale coincidente con quello delle Province. Se quello delle Province è, potenzialmente, un ambito territoriale non ottimale perché piccolo, figuriamoci come si possano generare economie di scala in territori-polvere quali sono la maggior parte dei Comuni siciliani.
Si mettano il cuore in pace i Sindaci, conservando in un cassetto le “luccicanti” pratiche degli ARO con i connessi tentativi di gestione in house del servizio a società pubbliche appositamente costituite, ed impegnando il proprio prezioso tempo nel fare decollare le nuove società di regolamentazione dei rifiuti, senza dimenticare che l’azione del legislatore statale, sulla spinta delle direttive e della giurisprudenza comunitaria, è da tempo orientata nel senso di accrescere la concorrenza nel settore. Da ultimo, l’intento è stato ribadito dall’art. 19 della legge delega n. 124/2015, dedicato, appunto, al riordino della disciplina dei servizi pubblici locali di interesse economico generale che, richiamando i principi della tutela e della promozione della concorrenza, ha invitato il legislatore delegato a definire i criteri per l’attribuzione di diritti speciali o esclusivi, solo ove non sussistano i presupposti della concorrenza e del mercato.
Scrivi un commento
Accedi per poter inserire un commento