Gli effetti ad essi legati sono lo scioglimento della comunione legale dei beni, la cessazione degli obblighi di fedeltà e di coabitazione, mentre sussistono il dovere di contribuzione nell’interesse della famiglia, dovere di mantenere il coniuge più debole e dovere di mantenere, educare ed istruire la prole.
Si distingue in consensuale o giudiziale.
Nella prima, i coniugi regolamentano i loro rapporti con un accordo che verrà poi omologato dall’autorità giudiziaria.
Nella separazione giudiziale i coniugi sono in disaccordo e uno di essi o ciascuno di essi può ricorrere al Tribunale affinchè emetta una sentenza di separazione che regoli i loro rapporti.
Dalla separazione scaturiscono la corrisponsione dell’ assegno di mantenimento e l’assegno agli alimenti all’altro coniuge.
L’ assegno di mantenimento, ex art. 156, 1° co. c.c., consiste nel diritto a ricevere dall’ altro coniuge quanto è necessario al suo mantenimento, qualora egli non abbia adeguati redditi propri, la cui misura varia in relazione alle circostanze e ai redditi del coniuge obbligato.
Sul punto, la Corte di Cassazione n° 6698 del 2009 ha chiarito che: “il giudice deve accertare innanzitutto il tenore di vita che i coniugi avevano durante il vincolo matrimoniale. Dopodiché si dovrà verificare se il coniuge beneficiario dell’assegno di mantenimento abbia i mezzi economici adeguati a mantenere e conservare lo stesso tenore di vita che aveva durante il matrimonio a prescindere dalla percezione dell’assegno stesso”.
Si differenzia dall’ assegno agli alimenti, in quanto quest’ultimo rappresenta un contributo minimo e indispensabile a soddisfare i bisogni primari dell’ individuo che versi in uno stato di particolare indigenza e povertà (art. 156, 3° co. c.c.).
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