Separazione o divorzio: quando l’assegno di mantenimento può essere negato?

Redazione 07/12/15
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Dopo la separazione o il divorzio, se uno dei due coniugi si risposa o instaura una nuova convivenza con un altro partner, quando l’assegno di mantenimento può essere negato?

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Seguendo l’orientamento tracciato dalla Corte di Cassazione, la risposta viene a dipendere da chi dei due coniugi intraprende la successiva relazione.

Da un lato, infatti, se a sposare o a convivere con il nuovo partner è il soggetto che beneficia dell’assegno di mantenimento, il diritto a quest’ultimo decade. Il coniuge che ha avviato la nuova relazione, infatti, sia in caso di nozze successive che di semplice convivenza, purché stabile e duratura con altra persona, automaticamente non ha più diritto a pesare economicamente sul coniuge precedente.

Dall’altro lato, invece, qualora la subentrata convivenza o le seconde nozze dovessero riguardare il coniuge obbligato a versare l’assegno di mantenimento, viene rimesso al giudice il compito di calcolare nuovamente la misura dell’importo, considerando i cambiamenti subiti nella condiziona economica del coniuge coinvolto che, nella maggior parte dei casi, saranno ridotte per via delle mutate condizioni familiari e per l’obbligo di mantenimento anche nei confronti della nuova famiglia.

Fin qui, tutto sembra chiaro, in realtà, però, non sempre è così facile ottenere la riduzione (o ancor più la totale cancellazione) dell’assegno di mantenimento, dovendo passare sotto il vaglio del giudice.

La Suprema Corte è intervenuta sottolineando quelli che sono considerati i parametri da utilizzare per determinare l’ammontare dell’assegno di mantenimento (in caso di separazione) o quello divorzile (se si parla di divorzio).

Nello specifico, tali parametri sono:

1) pregresso tenore di vita della famiglia;

2) condizioni economiche e patrimoniali dei due coniugi (l’assegno, infatti risponde allo scopo di cancellare gli squilibri tra i due redditi);

3) potenzialità reddituali attuali di entrambe i coniugi: in tal caso si deve valutare sia se il coniuge obbligato al versamento è soggetto a nuove spese (ad esempio l’affitto), sia se il coniuge beneficiario è ancora ritenuto abile al lavoro e dunque capace di procurarsi un proprio reddito;

4) durata del matrimonio;

5) oneri di contribuzione al mantenimento della nuova famiglia da parte del soggetto obbligato al mantenimento.

Redazione

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