Il Sezione I del TAR Sardegna, con sentenza n. 00084/2013 del 30 gennaio 2013, depositata in Segreteria il 4 febbraio 2013, ha accolto il ricorso, annullando i provvedimenti impugnati.
Secondo i Giudici:
“La giurisprudenza amministrativa, confortata anche dalla conforme interpretazione del principio fornita dalla Corte Costituzionale, ha in più occasioni riconosciuto all’art. 51 Cost. (che sancisce “tutti i cittadini dell’uno e dell’altro sesso possono accedere agli uffici pubblici e alle cariche elettive in condizioni di eguaglianza, secondo i requisiti stabiliti dalla legge. A tale fine la Repubblica promuove con appositi provvedimenti le pari opportunità tra donne e uomini“.) valore di norma cogente e immediatamente vincolante, come tale idonea a conformare ed indirizzare lo svolgimento della discrezionalità amministrativa, ponendosi rispetto ad essa quale parametro di legittimità sostanziale.
Il principio in questione deve intendersi in primo luogo come immediato svolgimento del principio di uguaglianza sostanziale di cui all’art. 3 Cost., non solo nella sua accezione negativa (come divieto di azioni discriminatorie fondate sul sesso), ma anche positiva, impegnando le “Istituzioni alla rimozione degli ostacoli che di fatto impediscono la piena partecipazione di uomini e donne alla vita sociale, istituzionale e politica del Paese”.
Per il Collegio il principio assume valenza trasversale all’interno dell’ordinamento, anche in rapporto ad altri valori costituzionali “nella misura in cui lo si ricollega, in chiave strumentale, al principio di buon andamento e imparzialità dell’azione amministrativa: la rappresentanza di entrambi i generi nella compagine degli organi amministrativi, specie se di vertice e di spiccata caratterizzazione politica, “garantisce l’acquisizione al modus operandi dell’ente, e quindi alla sua concreta azione amministrativa, di tutto quel patrimonio, umano, culturale, sociale, di sensibilità e di professionalità, che assume una articolata e diversificata dimensione in ragione proprio della diversità del genere” (Tar del Lazio sent. n 6673/2011)”.
Il TAR richiama quindi le disposizioni “poste dal legislatore ordinario a tutela della effettiva realizzazione della parità tra uomini e donne : il codice delle pari opportunità tra uomo e donna (d.lgs. 11 aprile 2006, n. 198), all’art. 1, comma 4, precisa che “l’obiettivo della parità di trattamento e di opportunità tra donne e uomini deve essere tenuto presente nella formulazione e attuazione, a tutti i livelli e ad opera di tutti gli attori, di leggi, regolamenti, atti amministrativi, politiche e attività“, mentre l’art. 6 TUEL (d.lgs 267/2000) al comma 3 prevede “Gli statuti comunali e provinciali stabiliscono norme per assicurare condizioni di pari opportunità tra uomo e donna ai sensi della legge 10 aprile 1991, n. 125, e per promuovere la presenza di entrambi i sessi nelle giunte e negli organi collegiali del comune e della provincia, nonché degli enti, aziende ed istituzioni da esso dipendenti“.
In riferimento a tale normativa viene richiamato lo Statuto comunale di Castiadas che all’art. 2, lettera p), impegna l’azione degli organi comunali ad adottare misure concrete, funzionali alla prospettiva di valorizzazione della parità di genere.
Ponendosi tale disposizione “come norma cogente che rinvia inevitabilmente a coerenti successive determinazioni amministrative… compresa la determinazione sindacale di scelta della compagine assessorile”.
Le giustificazioni addotte dalla difesa del Comune “sulla sussistenza di ragioni politiche e di adeguata professionalità ostative all’equilibrata presenza di entrambi i generi nella Giunta,non sono state accolte dal TAR, che anzi le ha ritenute un ulteriore argomento confermativo di un atteggiamento potenzialmente discriminatorio nei confronti delle appartenenti al genere femminile, quasi come se il requisito in questione fosse prerogativa dei soli appartenenti al genere maschile”.
Il Tar attraverso apposita attività istruttoria ha ritenuto che il potere sindacale di nomina della Giunta comunale, che esclude completamente dal suo seno la rappresentanza femminile, sia stato esercitato entro le guide della legittimità formale e sostanziale: esigenze di logica e ragionevolezza imponevano, nel caso di specie, che la scelta di non rendere presenti in seno alla Giunta comunale componenti di sesso femminile, pur se, in assoluto non illegittima, fosse motivata in maniera puntuale, illustrando i confini dell’apprezzamento operato e del giudizio conseguente (T.A.R. Sardegna, Sez. II, 2 agosto 2011, n. 864)”.
“Ed invero, solamente lo svolgimento di un’attività istruttoria, indirizzata, in via preventiva, all’acquisizione, in seno al nominando consesso, di specifiche professionalità appartenenti al genere femminile, (anche al di fuori dei componenti del Consiglio, fra i cittadini in possesso dei requisiti di candidabilità, eleggibilità e compatibilità alla carica di consigliere ai sensi dell’art. 47 TUEL) in grado di conciliare le esigenze di carattere strettamente politico con quelle del necessario rispetto dei vincoli legali e statutari, in tema di parità di genere nella rappresentanza democratica, avrebbe potuto giustificare, in caso di comprovato esito fallimentare della stessa attività, ove fosse stata obiettivamente acclarata l’impossibilità di procedere altrimenti, la mancanza della componente femminile in seno alla Giunta”.
Per i Giudici, “di tale attività preventiva e promozionale non vi è traccia nella motivazione dell’atto gravato dalle ricorrenti, non essendo sufficiente addurre, a giustificazione dell’atto di nomina della Giunta priva di rappresentanti del sesso femminile, la necessità di acquisire tra i suoi componenti persone aventi pregressa esperienza politica e/o amministrativa al fine di ottimizzare attività, funzioni e risultati”.
Scrivi un commento
Accedi per poter inserire un commento