La rideterminazione della pena accessoria era stata proposta dal procuratore generale della Cassazione, Antonio Mura, che durante la sua arringa dinanzi agli ermellini aveva chiesto di rivedere al ribasso gli anni dell’interdizione, da cinque a tre, ovvero il massimo previsto per i reati fiscali. I giudici della sesta sezione feriale tuttavia hanno optato per il rinvio. In questo modo, il nuovo processo d’appello, tornerà a svolgersi nel mese di novembre a Milano, davanti ad una diversa sezione della Corte d’Appello rispetto a quella che si è già espressa sul merito del processo. Sulla decisione, poi, potrà proporsi il ricorso in Cassazione, di conseguenza per il leader del Pdl (presto riesumato in Forza Italia) potrebbero essere ancora lunghi i giorni da senatore.
Il popolo azzurro sembra già schierato sul piede di guerra: il sottosegretario Michaela Biancofiore subito dopo la sentenza ha annunciato le dimissioni dal proprio incarico. A dare sostegno al Cavaliere dopo il pronunciamento della Cassazione, a Palazzo Grazioli è arrivato lo stato maggiore del Pdl al completo: tra i primi a giungere a via del Plebiscito i due capigruppo Renato Schifani e Renato Brunetta, il coordinatore del partito Denis Verdini e il senatore pidiellino Altero Matteoli. Parole di rispetto per la magistratura e senso di responsabilità verso la giustizia arrivano invece dal Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano. Pochi minuti dopo la lettura della sentenza, il capo di Stato ha fatto sapere in una nota il supporto alla linea mantenuta da sempre: la prevalsa appunto del senso di responsabilità. Dalla Presidenza del Consiglio, il premier Enrico Letta ha espresso “piena adesione alle parole del presidente Napolitano sul pronunciamento della Cassazione. La strada maestra è il rispetto per la magistratura e per le sue sentenze”.
La spasmodica attenzione mediatica che ha tenuto incollato il Paese in questi ultimi giorni sulle vicende processuali di un singolo uomo, peraltro da anni ‘nel mirino’ della giustizia, ad oggi sembra giunta ad una significativa battuta d’arresto. La convalida della condanna a quattro anni di carcere pesa sulle spalle politiche dell’ex premier come un macigno inevitabile. Le oscurità di Tangentopoli, l’inchiesta sul compartimento estero di Fininvest, la discesa in campo del Cavaliere, i conti neri del gruppo Mediaset: anni di raggiri e sospetti sembrano ora destinati a tirare le somme in un epilogo degno, secondo alcuni, dei più auspicabili lieti fine.
Nel lungo video-messaggio che lo stesso Berlusconi ha registrato a seguito del verdetto, fa esplicito riferimento all’esistenza di una magistratura “irresponsabile” nel nostro Paese, una “variabile incontrollabile, con magistrati non eletti dal popolo, assurta a vero e proprio potere dello Stato che ha condizionato permanentemente la vita politica”. Resta ora da vedere come verrà disposto lo scotto della pena: nonostante Berlusconi abbia già annunciato di voler rinunciare sia agli arresti domiciliari che ai lavori sociali, l’ipotesi carceraria rimane ovviamente remota.
Una detenzione domiciliare tre le mura di Arcore non rappresenterebbe poi una così amara condanna: tra Villa Certosa, Palazzo Grazioli e le altre esigue dimore del Cavaliere sparse nella Penisola l’ipotesi degli arresti domiciliari verrebbe dunque ad assumere ‘pittoresche’ conformazioni. Farebbe invece alquanto sorridere l’eventuale ‘conversione sociale’ dell’ex premier: buffo sarebbe infatti immaginare il Cavaliere che, con tanto di giubbotto catarifrangente, si accinge ad aiutare ad attraversare la strada ai piccoli scolari, o ancora più singolare sarebbe vederlo nei panni di un netturbino pubblico che con dovizia e sollecitudine ripulisce gli anfratti più sporchi delle nostre città. Al di là degli scenari che (purtroppo) non potranno mai realizzarsi, sono proprio le ripercussioni che la sentenza della Cassazione riverserà sugli assetti socio-politici, peraltro già precari, del nostro Paese a preoccupare maggiormente. Al di sopra delle polemiche e scongiurando le tesi di chi grida alla congiura della magistratura, l’unico elemento di ‘definitiva’ certezza è che almeno per una volta la giustizia si è rivelata uguale per tutti… e finalmente anche per lui.
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