Bene. E dopo?
E’ solo una delle tante migliaia di annullamenti con rinvio del Giudice di Legittimità. Né più né meno che uno dei tanti processi che ritornano al Giudice di secondo grado per un nuovo giudizio.
Ordinaria amministrazione di ordinaria giustizia.
Straordinariamente isterico, semmai, l’atteggiamento di chi – dall’una o dall’altra parte – grida allo scandalo e si strappa i capelli: … Falcone e Borsellino offesi nella loro memoria; … politici vittime di magistrati calunniatori; … traditori e crumiri i pubblici ministeri che chiedono gli annullamenti; … vittime innocenti gli imputati che ingoiano la bile delle udienze penali.
Mi chiedo cosa sarebbe successo se il nome dell’imputato fosse stato Giovanni Malavoglia o Giuseppe Casadei ….
E mi chiedo perché tanti – anche tanti amici del “nostro” imputato – tacciono indifferenti di fronte a miriadi di indagati che patiscono la custodia cautelare in processi poi dichiarati nulli.
Chi – come me – esercita la professione di avvocato vive quotidianamente in mezzo a magistrati più o meno simpatici, a sentenze più o meno giuste ed ingiuste, a riforme, annullamenti e riconferme nel corso dei diversi gradi di giudizi.
Ancora una volta ci si dimentica che la Legge è uguale per tutti, ed anche le traversie della Legge è giusto rimangano uguali per tutti, ricchi o poveri, famosi o delinquenti.
Che il reato di “concorso esterno in associazione mafiosa” sia fattispecie altamente discutibile per la sua eccessiva genericità e la sua poca tracciabilità logico-giuridica è storia vecchia, conosciuta, ridiscussa sin dai tempi della nota sentenza Mannino.
Da sempre l’Avvocatura ha criticato questo tipo di contestazione; da sempre l’Accusa ha cercato di portarla ugualmente avanti.
Che poi tutto dipenda anche dal corredo probatorio sottostante – più o meno sufficiente per una valida sentenza di condanna – lo può dire solo chi abbia attentamente letto ogni singola virgola di ogni singola carta processuale.
I processi sono stati sempre così: un aspro duello – sino all’ultimo sangue – tra Accusa e Difesa.
Piuttosto, l’on. Dell’Utri ha avuto la fortuna di “soffrire” il suo processo tra le comodità di casa sua e le lenzuola di seta del suo lettone matrimoniale.
C’è chi – nonostante assolto in prosieguo di giudizio – ha dovuto adattarsi ad una brandina di ferro in due metri quadrati di cella carceraria.
Vi sembra poco …?
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