Della scomparsa del cronista investigativo è stato accusato Riina, l’unico imputato, che oggi viene assolto con formula dubitativa, ai sensi dell’art.530, comma 2, del c.p.p..
Immagino lo stato d’animo della figlia Franca, che ha assistito alla lettura del dispositivo.
Non riesco a trovare le parole giuste per descriverlo, né un verbo per dargli vita, né un aggettivo per qualificarlo.
L’unico modo di cui dispongo è soffermarmi su una circostanza per come l’ho percepita, attraverso i fatti e le parole che altri hanno detto.
A proposito di parole, quelle di Franca De Mauro, le prime pronunciate nell’immediatezza del verdetto, più che pietre , sono macigni: “Sono molto turbata per l’assoluzione di Riina. E se i depistaggi su mio padre fossero dello Stato?”
Dopo più di quarant’anni di buio totale, il dubbio è d’obbligo e le illusioni sull’accertamento della verità si fanno evanescenti.
Per il momento la verità è una e una soltanto e dobbiamo guardarla in faccia. Non abbiamo capito in tempo i fatti e il nemico ha proceduto per suo conto; ha triturato quei pochi impertinenti che sapevano, volevano e osavano parlare.
Tra questi Mauro De Mauro che aveva in corpo, come pochi, il virus dei fiori dell’eccezione.
Altri si sono diretti altrove, sacrificando la buona idea, facendoci sprofondare in un punto cieco, dove ci siamo persi.
Abbiamo avuto un campo sterminato di occasioni, ma abbiamo fallito. Oggi bisogna fare i conti con le azioni omesse che in tanti hanno ritenuto lecito accantonare .
Da questo è dipesa la sorte della verità: la grande vittima non è riuscita a rigenerare se stessa.
Si sono fatti grandi errori e grandi torti, troppo grandi per essere riparati, ma siamo ancora in tempo per non ripeterli, per cambiare percorso.
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