Quello andato in scena negli ultimi due giorni a Montecitorio è uno spettacolo indegno anche per una democrazia azzoppata come quella italiana, tra urla, calci, risse tra schieramenti che meno di due settimane fa hanno eletto insieme un nuovo capo dello Stato e, ora, si dichiarano guerra aperta tra i banchi della più alta sede di rappresentanza del popolo.
Come noto, in discussione alla Camera si trova nientemeno che il disegno di legge sulle riforme costituzionali, un passaggio molto delicato per la maggioranza, dopo che l’elezione di Sergio Mattarella al Quirinale ha posto in serio pericolo la tenuta del patto del Nazareno, origine dell’accordo sulle modifiche alla Costituzione tra Renzi e Berlusconi.
Così, le parti in causa hanno ripreso a studiarsi, per dare il via a una nuova fase, forse, nelle premesse, meno Berlusconi centrica, con l’ipotesi, ancora lontana ma via via sempre più plausibile, di un allargamento della maggioranza di governo ad altre forze, a cominciare dal rassemblement dei grillini pentiti, scappati dal gruppo del MoVimento 5 Stelle.
E proprio i reduci tra i banchi pentastellati sono stati tra i protagonisti del vero e proprio match che si è tenuto in aula, anche se, poi, a venire alle mani, a notte fonda, saranno altri.
A partire da martedì scorso, quando le riforme costituzionali sono approdate in aula, è stato messo in pratica un ostruzionismo sistematico da parte dei deputati grillini, che lamentavano il taglio dei tempi di discussione e l’impossibilità di esprimere le proprie posizioni in aula.
Così, ora dopo ora, i toni hanno continuato a salire in maniera sempre più accentuata, fino alla figuraccia generale in Parlamento della scorsa notte che ci ha riportato alla memoria scene ormai dimenticate risalenti a periodi ancor più turbolenti. Per il secondo giorno consecutivo, infatti, è stata imposta una seduta fiume, per arrivare alla chiusura dell’esame sul provvedimento di rinnovamento istituzionale che il premier Renzi rivendica con orgoglio.
Prima, mercoledì, a venire alle mani sono stati alcuni deputati di Lega Nord e Nuovo centrodestra, già ai ferri corti per l’elezione del presidente della Repubblica, dove il partito di Alfano aveva deciso all’ultimo di schierarsi con lo stesso Renzi e il Pd votando Sergio Mattarella.
Poi, ieri notte, la bagarre è proseguita e il livello dello scontro si è alzato ulteriormente, complice anche la stanchezza per le tantissime ore di seduta, dapprima con le rimostranze sempre più accese dei parlamentari grillini, i quali dopo aver intonato all’unisono il grido di “Onestà! Onestà!”, in cinque, sono stati allontanati dalla Camera (tra cui anche Alessandro Di Battista).
Poi, all’improvviso, è scoppiato un tafferuglio tra i banchi del Partito democratico e quelli di Sel, lascito di questa dimenticabile giornata della democrazia italiana e apice di un dibattito destinato a infiammarsi mentre, tra i diretti interessati, volava anche qualche insulto molto pesante.
Nelle ultime ore, è già partita la solita rincorsa a rimpallare la responsabilità della degenerazione in aula agli schieramenti avversi, ma resta uno spettacolo di cui nessun elettore può dirsi fiero. Il solco tra la popolazione e i suoi rappresentanti, forse, non è mai stato così ampio.
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