La contestazione trae origine dalla delibera fatta dal consiglio dei ministri il 20 luglio scorso, in quella data si determinarono i criteri minimi richiesti di superficie (2.500 kmq) e di popolazione (350.000 abitanti) per stabilire quali province sarebbero dovute essere accorpate e quali invece sarebbero sopravvissute al riordino. Questi parametri, naturalmente, hanno sollevato numerose proteste, pervenute a vere e proprie ricorsi al Tar; sono state sette, infatti, le province che, oltre le due venete, si sono rivolte al tribunale del Lazio e hanno chiesto la sospensione del provvedimento perché “in contrasto con gli articoli 5 e 133 della Costituzione”.
I giudici hanno mandato gli atti alla Corte Costituzionale, la quale il 6 novembre deciderà sul riordino della province decretato dal Salvaitalia. Nel testo della sentenza i magistrati dichiarano che la delibera emanata dal governo è “il primo segmento di una sequenza procedimentale destinata a concludersi con un provvedimento di natura legislativa il quale, fermi naturalmente i limiti costituzionali, è per definizione libero nel contenuto e nel fine”.
Decisamente soddisfatto, dunque, per l’esito deliberato dal Tar del Lazio, il ministro per la Pubblica amministrazione, Filippo Patroni Griffi, che vede confermata la bontà del suo provvedimento almeno fino a questo grado di appello. “La decisione del giudice amministrativo – dichiara il ministro per la Pubblica amministrazione – conferma anche sul piano strettamente tecnico-giuridico la correttezza dell’operato del governo e costituisce un ulteriore impulso a portare a termine senza indugio il programma di riordino, in piena collaborazione con le regioni, con le province e con le comunità locali”.
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