A due mesi di distanza dal voto che pareva sancire ancora una volta il predominio della “Dame di ferro”, con la realizzazione di un nuovo governo di coalizione, tutto torna improvvisamente in discussione. E, senza preavviso, anche in Germania si comincia a parlare di ritorno alle urne. A scatenare questo terremoto il partito dei Liberali, con i quali i centristi avrebbe dovuto chiudere un patto di governo “equidistante” insieme ai Verdi: un esecutivo che, negli auspici della cancelliera, avrebbe dovuto tenere ai margini gli altri grandi partiti, a cominciare dai socialisti e dall’astro nascente di estrema destra Alternative Fur Deutschland.
A provocare la fine dei confronti sul nuovo governo, un tema che in Italia è all’ordine del giorno e, a quanto pare, ha fatto breccia anche nell’opinione pubblica tedesca: i rifugiati e il diritto di asilo. Dopo la crisi della marea di profughi vissuta nel 2016, Berlino aveva deciso di sospendere il diritto ai ricongiungimenti per ridurre gli arrivi. Un blocco in scadenza a inizio 2018, che avrebbe così riaperto a nuovi numeri molto elevati in ingresso. Favorevoli a questo scenario i Verdi, mentre le altre forze impegnate a formare il governo erano propense a prorogare lo stop e i filtri in entrata. Lo scontro tra i partiti si è poi allargato ad altre tematiche, fiscali ed ambientali, portando all’interruzione definitiva del dialogo.
Finisce dunque così il mito della stabilità tedesca? A questo punto, le alternative sul piatto restano scarse: riaprire un canale con Spd, il partito avversario principale alle urne, oppure tornare alle urne. La Germania non è Paese da governicchi di minoranza o esperimenti malriusciti: difficile, dunque, si finirà per scegliere questa strada molto pericolosa.
Il fallimento delle trattative in Germania non apre soltanto una fase di incertezza nella politica interna del principale paese europeo, ma soprattutto lancia l’allarme in tutta l’Eurozona, già colpita dalla crisi spagnola – prima con le elezioni ripetute, poi con la questione catalana – e in attesa del voto italiano, che potrebbe generare un nuovo stallo senza maggioranze autosufficienti.
Il pericolo, segnalano gli analisti, è che con eventuali elezioni anticipate in terra tedesca, siano proprio i partiti populisti, e in particolare Afd, a beneficiarne. Uno spettro per tutta l’area moderata, dopo l’exploit di settembre, che portò in dote alla forza emergente ben 94 seggi, con il sorprendente 13% raccolto alle urne.
C’è molto timore, poi, su quelle che potrebbero essere le reazioni dei mercati: ci si attende un nuovo minimo del cambio euro/dollaro. La fragile Europa, insomma, non guarisce e, anzi, continua a essere la causa dei propri mali.
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