Dopo il completamento della discutibilissima riforma degli enti intermedi, l’Assemblea Regionale Siciliana ha giurato di approvare anche la legge sulla ri-pubblicizzazione della gestione delle risorse idriche entro la programmata chiusura estiva. Il ddl, caldeggiato dai parlamentari del M5S, sta generando non poche frizioni all’interno della maggioranza di governo, atteso che sul principio-cardine della riforma si registra il parere negativo del Governo Crocetta per incostituzionalità di quelle disposizioni che prescrivono il modello pubblicistico per la gestione del servizio idrico. Bene, dare ragione al Governatore Crocetta è diventato veramente impossibile, ma questa volta siamo costretti a farlo. Non essendo infatti contagiati da nessuna forma di antipolitica e riuscendo ancora a discernere, con la necessaria serenità, fatti, norme e politiche pubbliche, sentiamo di evidenziare quanto segue. Al legislatore regionale spetta soltanto l’onere di disporre l’attribuzione delle funzioni delle liquidande Autorità d’ambito territoriale ottimale (AATO), nel rispetto dei principi di sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza, e non spetta, di conseguenza, provvedere direttamente all’esercizio di tali funzioni affidando la gestione ad un soggetto determinato.
In base all’attuale normativa statale che ha programmato la soppressione degli AATO, la legge regionale deve limitarsi ad individuare l’ente o il soggetto che eserciti le competenze già spettanti all’AATO e, quindi, anche la competenza di deliberare la forma di gestione del servizio idrico integrato e di aggiudicare la gestione di detto servizio. In tale contesto la Corte Costituzionale non ha mai censurato la gestione diretta del servizio idrico integrato in quanto tale né la regionalizzazione dell’Autorità d’ambito, ma si è limitata ad evidenziare che il potere di scelta di tale modello di gestione non può essere stabilito con legge regionale perché in violazione di prerogative esclusive dello Stato in materia di tutela della concorrenza e tutela dell’ambiente.
La scelta in ordine alle modalità di affidamento del servizio idrico integrato (gestione diretta, gestione attraverso aziende speciali, gara pubblica, in housing e gestione con società mista pubblico-privata) rimane di tipo amministrativo ed affidata alla cura dell’individuata nuova Autorità d’ambito. L’indiscussa spettanza allo Stato della facoltà di disporre la soppressione delle AATO non significa che alle Regioni, che pure godono di una potestà legislativa concorrente in materia, sia vietato qualsiasi intervento al riguardo, atteso che la medesima norma prevede un’ampia sfera di discrezionalità in materia di moduli organizzativi più adeguati a garantire l’efficienza del servizio idrico integrato. Tuttavia, tale discrezionalità non può spingersi fino al punto di alterare le regole di funzionamento del mercato e quindi i livelli di tutela della concorrenza fissati dalla legislazione nazionale. Si tratta infatti di una operazione normativa da ritenersi in sé non consentita, in quanto direttamente incidente su materia riservata alla legislazione statale, rispetto alla quale la legislazione regionale può solo fungere da strumento di ampliamento del livello della tutela del bene protetto e non – all’inverso, come nel caso prospettato all’ARS – quale espediente dichiaratamente volto ad introdurre una restrizione indifferenziata del mercato concorrenziale in un settore la cui rilevanza economica è pacifica.
I Comuni siciliani, a loro volta, lungi dall’essere stati legittimati alla gestione diretta del servizio idrico integrato dalla L. R. n. 2/2013, sono stati individuati come rispettivi “organi di governo”. Questi, allorquando concretamente immessi nell’esercizio delle relative funzioni a seguito dell’approvazione della legge in discussione all’ARS, senza poter essi stessi realizzare la sua gestione diretta, dovranno esercitare la scelta, se provvedervi mediante una società in house, ovvero mediante l’avvio di una procedura di evidenza pubblica per l’individuazione dell’operatore economico cui affidare la gestione del servizio. In ciò, del resto, confermano le previsioni della sopravvenuta L.R. n. 12/2014. Quest’ultima, preso atto della mancata consegna al gestore degli impianti necessari allo svolgimento del servizio idrico integrato da parte di taluni fra i Comuni dell’ATO Idrico di Siracusa, seppure ha autorizzato gli stessi “a gestire direttamente, in forma singola o associata, il servizio idrico”, ciò ha fatto come mera misura emergenziale ed interinale, “nelle more dell’adozione del nuovo piano d’ambito del servizio idrici integrato per i comuni ricompresi nell’Ambito territoriale ottimale della provincia di Siracusa”: confermando, ove mai ce ne fosse stato bisogno, che la regola generale, anche nell’ambito della Regione Siciliana, non è certo quella della gestione diretta del servizio idrico integrato da parte dei Comuni, in forma singola o associata.
In sostanza l’ARS rischia di commettere l’errore di voler imporre con “legge provvedimento” un unico modello di gestione del servizio idrico integrato attraverso una gestione totalmente pubblica. Se riflettiamo, è lo stesso errore, al contrario, che il legislatore statale dell’abrogato art. 23-bis del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112 aveva commesso con l’introduzione della gara pubblica quale modello obbligatorio di gestione dei servizi pubblici locali. Siamo infatti in presenza di due modelli estremi, quello statale pro-concorrenza “spazzato” dal corpo elettorale attraverso il referendum e quello della Regione Siciliana pro-Stato che, verosimilmente sarebbe “spazzato” dalla Corte Costituzionale come già fatto per la Regione Puglia.
L’insegnamento che si ricava da questi eventi di politica pubblica è che in tempi di instabilità istituzionale, gli estremismi non pagano, né quando questi provengono dallo Stato né, tanto meno, quando questi provengono dalle Regioni. Vale qui la pena riprendere l’affermazione di Norberto Bobbio, mutuata dall’omonimo titolo di una delle sue tante pubblicazioni: “Né con Marx né contro di Marx”.
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