Da anni, ormai, le compagnie di assicurazioni cercano di trovare il modo per risparmiare sui costi di riparazione dei veicoli danneggiati a seguito di incidenti stradali. Questo grazie al fatto che le compagnie hanno un importante privilegio, che ha un nome ben preciso: risarcimento diretto.
Prima di procedere dobbiamo fare una premessa fondamentale per poter capire bene questo complesso sistema.
Il sinistro stradale è il più classico esempio di “illecito extracontrattuale”: lo dice il nome stesso, siamo al di fuori di un rapporto contrattuale tra le parti coinvolte nell’evento, pertanto vale la regola generale che “chi rompe”, chiunque esso sia, “paga”, parafrasi che semplifica il concetto giuridico espresso dall’articolo 2043 del codice civile, ove si specifica che chi “cagiona ad altri un danno ingiusto” è obbligato a risarcirne il relativo danno.
Ebbene, con l’introduzione, in ambito di responsabilità civile automobilistica, della procedura di risarcimento diretto (che risale ormai a 13 anni fa) questa logica viene scardinata. Nella maggior parte dei casi non è più la compagnia del veicolo che ha causato il danno a dover pagare, ma la compagnia di chi il danno l’ha subìto.
Non è questa la sede per mettere in luce le moltissime iniquità che comporta questo tipo di procedura, prima tra tutte il complicatissimo meccanismo di compensazione degli importi pagati tra le compagnie stesse (peraltro, che si tratti di un sistema del tutto inefficace è già stato affermato dall’Antitrust in tempi molto recenti).
Ci limiteremo ad osservare un aspetto che spesso viene sottovalutato. Se a pagare il danno è la stessa compagnia con la quale l’automobilista ha sottoscritto il contratto assicurativo per la RC auto, in quel medesimo contratto l’assicurazione potrà stabilire limiti e restrizioni entro le quali il danneggiato potrà esercitare il proprio diritto, un po’ come avviene per le garanzie aggiuntive (kasko, eventi atmosferici, atti vandalici, ecc.).
Non è una considerazione di poco conto, perché tali vincoli non sarebbero prevedibili dalla compagnia di controparte se il soggetto tenuto a pagare i danni fosse, come vuole la regola generale, il civile responsabile. Nei confronti di tale compagnia di assicurazioni il danneggiato non ha nessun rapporto contrattuale, pertanto sarebbe libero di pretendere il suo integrale risarcimento senza altri vincoli se non quelli previsti in generale dall’ordinamento.
Detto in altri termini, grazie al sistema di risarcimento diretto, le compagnie hanno in pugno il danneggiato sin dal momento in cui appone la propria firma in calce alla polizza.
Chiarito questo fondamentale concetto, ci sarà ora più semplice capire le strategie usate delle compagnie per pagare il meno possibile.
Ci hanno provato con la clausola di divieto di cessione del credito: si pretendeva che l’automobilista non potesse concordare con il carrozziere che “si arrangiasse lui” con la compagnia. Per meglio dire, la compagnia pretendeva che il danneggiato non potesse cedere al carrozziere il proprio credito risarcitorio vantato nei confronti dell’assicurazione, affinché il pagamento della fattura di riparazione venisse incassato direttamente dall’autoriparatore. In sostanza, se nella polizza era prevista la clausola di divieto di cessione del credito, il danneggiato avrebbe dovuto farsi pagare lui in prima persona dalla compagnia, e poi pagare a sua volta il carrozziere.
Questo perché, per la compagnia, è molto meno problematico interloquire con un soggetto che non ha competenze tecniche specifiche in materia di riparazione e che, con ogni probabilità, non muoverà particolari contestazioni sull’importo proposto, accettando passivamente, il più delle volte, quanto verrà offerto.
Ebbene, la giurisprudenza, anche di massimo grado, ha confermato ormai da tempo che tale clausola è vessatoria, pertanto il danneggiato può liberamente cedere il proprio credito al carrozziere, affinché gli sia garantita una riparazione a regola d’arte.
Senz’altro più solida è la strategia del “convenzionamento” delle carrozzerie da parte delle compagnie di assicurazioni.
La compagnia, infatti, ha la facoltà di vincolare contrattualmente il danneggiato a riparare il suo mezzo soltanto in una delle carrozzerie ad essa convenzionata. In questo modo l’assicurato (spesso colpevolmente ignaro di aver accettato tale clausola) viene pesantemente limitato nella propria possibilità di scelta in quanto, qualora decidesse di rivolgersi ad un carrozziere non convenzionato, gli verrebbe applicata una pesante franchigia.
Va ricordato che, oltre al costo di riparazione del veicolo, esistono tutta una serie di voci di danno legate al danno materiale il cui risarcimento spetta sempre e comunque al danneggiato che sia in grado di provarle e documentarle: parliamo del fermo tecnico, del costo per il noleggio di un’auto sostitutiva nonché, per i danni più gravi, della svalutazione commerciale del mezzo. Ebbene, tali voci di danno, anche in presenza di una riparazione fatta presso una carrozzeria convenzionata, possono comunque oggetto di richiesta di risarcimento. Pertanto, se la compagnia, grazie al convenzionamento della carrozzeria, riesce a risparmiare sulla voce principale, ovvero il costo di riparazione (visto che, come è intuibile, per poter essere “convenzionata” la compagnia accetta passivamente tempari e costi orari al ribasso imposti dall’assicurazione), essa resta tenuta a risarcire tutte le altre. Questo perché il danneggiato ha comunque la percezione di quanto la compagnia sta pagando, in quanto la fattura di riparazione è comunque intestata a lui e, quindi, può essere oggetto di contestazione, magari con l’ausilio di un professionista patrocinatore.
Ecco, quindi, la nuova genialata.
Nel caso di riparazione fatta da una carrozzeria convenzionata la fattura di riparazione non viene più intestata al danneggiato, ma ad una società che si assume l’onere di pagarla per conto del proprietario del mezzo, liberandolo dal relativo onere, e che altro non è che una “costola” della compagnia stessa.
Capito il trucchetto? La compagnia supera l’ostacolo della non cedibilità del credito al carrozziere inventandosi questa sorta di “benefattore” di comodo che si fa intestare la fattura e paga direttamente la carrozzeria.
Cosa comporta questo sistema? Che, di fatto, il danneggiato viene disincentivato ad agire nei confronti della compagnia per ottenere il suo integrale risarcimento (come detto, composto anche da voci ulteriori oltre al costo di riparazione del mezzo) in quanto il risarcimento per i costi di riparazione non gli viene versato dalla compagnia affinché paghi la carrozzeria, ma viene integralmente pagato da questa società esterna.
In altre parole, il danneggiato non ha nemmeno la possibilità di valutare se la compagnia stia riconoscendo tanto o poco per il suo danno, non se ne preoccupa nemmeno e l’unico a doversene preoccupare è il carrozziere che sciaguratamente ha accettato di entrare in questo sistema distorto, un vero e proprio cappio al collo che, a fronte dell’indirizzamento degli assicurati verso la sua officina (neanche più di tanto garantito, visto che le compagnie tendono ad estendere sempre più il numero di “convenzionati”) gli impone tempi e modi per svolgere il proprio lavoro, perché è lo stesso debitore, ovvero l’assicurazione, a decidere se e quanto pagare il proprio debito!
Un sistema assurdo, da censurare sul nascere e destinato a suscitare forti polemiche soprattutto all’interno della categoria professionale degli autoriparatori, ai quali chi scrive è da sempre vicino e ne ha più volte appoggiato le iniziative volte a garantire la possibilità di lavorare in autonomia così da garantire il miglior servizio possibile al cliente.
Sembra inevitabile che i carrozzieri saranno costretti ad alzare la voce per l’ennesima volta contro i soprusi sempre più sfacciati messi in atto dalle compagnie assicurative, a danno non soltanto della loro categoria professionale ma anche, e soprattutto, dei danneggiati privati del sacrosanto diritto di essere risarciti in modo equo e integrale.
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