In mancanza di tale autorizzazione, come nel caso in esame, la riproduzione costituisce una violazione della norma e integra i presupposti della condotta illecita ai sensi dell’art. 2043 c.c., sussistendo quindi i presupposti per una pronuncia cautelare “posto che l’uso indiscriminato dell’immagine di beni culturali è suscettibile di svilirne la forza attrattiva”.
Il precetto, pacifico (per quanto riguarda le opere conservate nei musei) ma ad oggi ancora troppo poco rispettato, è stato ribadito dal Tribunale di Firenze, al termine di un procedimento d’urgenza promosso dal Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo nei confronti di un’agenzia di viaggio che riproduceva alcune opere custodite dalla Galleria dell’Accademia, tra cui il David di Michelangelo, per reclamizzare i propri servizi, senza consenso dell’autorità.
Il Tribunale non ha invece ritenuta allo stato sufficientemente comprovata la fondatezza delle ulteriori doglianze proposte per atti di concorrenza sleale e di lesione del nome e dell’immagine del Ministero, in quanto non risulterebbe dimostrato in che modo sia stato denigrato l’ente e in quali termini le parti in causa siano tra loro concorrenti.
Contro l’ordinanza nessun reclamo
L’ordinanza, favorevolmente accolta dalla stampa e dalle istituzioni, costituisce un interessante precedente in quanto rappresenta una delle prime decisioni sul tema della illiceità della riproduzione non autorizzata dei beni culturali a fini commerciali e dimostra l’attenzione prestata dal Ministero per la valorizzazione di un assets, quello dei beni culturali, che costituisce un importante patrimonio del nostro paese (e, probabilmente, il volano del nostro futuro).
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