Riordino delle province: un salto nel buio costosissimo

Luigi Oliveri 02/11/12
Il riordino delle province avrà dei costi rilevantissimi a fronte di risparmi piuttosto incerti ed evanescenti.

La riforma prevista dal Governo, sia nel breve, sia nel medio periodo, impone una serie di costi finanziari ed economici che non pare siano stati seriamente stimati e, comunque, non risultano computati dal decreto approvato dal Consiglio dei ministri nei giorni scorsi.

Basti pensare agli adempimenti imposti: entro il 30 aprile 2013 (termine certamente irrealistico) le province che sorgeranno dall’accorpamento dovranno effettuare la ricognizione dei dati contabili ed economico-finanziari, del patrimonio mobiliare, incluse le partecipazioni, e immobiliare, delle dotazioni organiche, dei rapporti di lavoro e di ogni altro dato utile ai fini dell’amministrazione.

Un’impresa titanica, che non solo si presenta complicatissima per la quantità di dati da rilevare, ma soprattutto per i risultati.

Far confluire tutti i cespiti patrimoniali in un inventario unico costituirà un problema operativo rilevantissimo, anche per tutte le volturazioni da effettuare.

I dati di bilancio, poi, dovranno essere combinati tra loro. Il pericolo è che i delicatissimi equilibri richiesti dal patto di stabilità e le varie altre regole vincolistiche su mutui e indebitamento, a seconda della situazione finanziaria di partenza delle province, possano determinare per le nuove province insormontabili questioni finanziarie. Connesse, anche, alla necessità di omogeneizzare tariffe, aliquote, modalità di programmazione.

Poi, c’è l’immenso problema della combinazione dei sistemi informativi. A partire da quello del bilancio, per passare da quello per la gestione del protocollo, dei procedimenti amministrativi, delle procedure per la gestione dei servizi per il lavoro.

Le nuove province dovranno affrontare costi rilevantissimi per l’unificazione delle banche dati e delle procedure. Con inevitabili rischi di “fermo macchina” e dispersione di informazioni.

Il tutto, poi, al netto della necessità di aggiornare completamente modulistica, intestazioni, procedure e prassi che, naturalmente, per quanto simili, saranno diverse e necessiteranno un pesantissimo lavoro di coordinamento ed amalgama. Rilevantissime differenze possono esservi, per esempio, nell’approccio rispetto alla programmazione territoriale e alle modalità di effettuazione dei controlli delle attività di competenza.

Per non parlare della rete scolastica, che necessiterà una totale revisione, ed una riprogrammazione delle spese per le manutenzioni delle sedi degli istituti. Le nuove province saranno costrette ad affrontare spese rilevantissime e a dare corso ad appalti di valore sicuramente molto più alto del passato, proprio in tempi di restrizione degli investimenti.

Costi economici ed organizzativi, quelli imposti dal riordino, che probabilmente finiranno per incidere negativamente in particolare sui cittadini. E’ evidente che per tutto il 2013 le province saranno impegnate prevalentemente nella defatigante attività finalizzata alla confluenza nei nuovi enti.

I bilanci del 2013 saranno, sostanzialmente, inattendibili. La programmazione triennale impossibile.

Secondo il Governo, i vantaggi finanziari del riordino saranno conoscibili al termine del processo. Sarà interessante confrontarli, se vi saranno, con i certissimi e rilevantissimi costi. Se si dovesse scoprire, come appare molto probabile, che i costi avranno superato i benefici, sarebbe fondamentale sapere chi se ne dovesse assumere le responsabilità ad ogni livello.

Luigi Oliveri

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