Il riordino delle province e la schizofrenia normativa

Il risultato finale è che oggi regna caos e incertezza su funzioni, servizi e personale. Si susseguono le dichiarazioni di autorevoli componenti del Governo sulla portata storica della riforma che però, ad oggi, non ha comportato alcun risparmio né alcuna razionalizzazione dei servizi. Ha determinato soltanto un grave conflitto fra lavoratori delle Province legittimamente preoccupati per il loro futuro e coinvolti in una caotica procedura di mobilità e quanti, idonei in concorsi pubblici aspiravano ad essere assunti; tra i lavoratori dipendenti di aziende private e il lavoro pubblico grazie anche alle dissennate campagne di stampa, disinformate, su assenteismo, su jobs act e la sua applicabilità al lavoro pubblico; ha condotto alla triste soddisfazione di vedere accomunati nelle preoccupazioni di perdere il lavoro anche i dipendenti pubblici.

 

come si è arrivati alla legge delrio

 

Una breve ricostruzione dell’iter di riforma rende palese l’idea del caos che si è determinato.

 

Il tema della cancellazione delle Province era tornato formalmente all’attenzione delle istituzioni e degli studiosi negli ultimi giorni del maggio 2010, in occasione della predisposizione della manovra finanziaria, allorché, per trovare le risorse necessarie, si era ipotizzato – e poi escluso – di operare con legge statale (o meglio con decreto-legge) la cancellazione delle Province con meno di 220.000 abitanti.

La Camera dei Deputati il 7 luglio 2011 ha bocciato a larga maggioranza un ordine del giorno sulla soppressione delle Province.

L’art. 15 del Decreto Legge 13 agosto 2011 n. 138 aveva quindi  previsto la soppressione delle Province diverse da quelle la cui popolazione rilevata al censimento generale della popolazione del 2011 sia superiore a 300.000 abitanti o la cui superficie complessiva sia superiore a 3.000 chilometri quadrati. La soppressione doveva decorrere dalla data di scadenza del mandato amministrativo provinciale.

La Legge 14 settembre 2011 n. 148, di conversione del D. L. 138/2011, ha soppresso le previsioni dell’art. 15.

Il Consiglio dei Ministri ha nel frattempo approvato, nella seduta di giovedì 8 settembre 2011, un disegno di legge costituzionale che disciplina il procedimento di soppressione della Provincia quale ente locale statale, trasmesso il 13 settembre per l’acquisizione del parere della Conferenza Unificata. L’iter si è però interrotto con la crisi di governo.

Con la conversione in legge del D. L. 6 dicembre 2011 n. 201- cosiddetto salva Italia  (Legge 214/2011) viene definito, dopo vari interventi emendativi, il testo della riforma Monti delle Province.

La Legge 211/2011,  all’art. 23, commi 14-20, prevedeva:

a)      L’attribuzione alla Provincia esclusivamente delle funzioni di indirizzo e di coordinamento delle attività dei Comuni nelle materie e nei limiti indicati con legge statale o regionale, secondo le rispettive competenze.

b)      L’individuazione, come organi di governo della Provincia, del Consiglio Provinciale e del Presidente della Provincia, in carica cinque anni.

c)      Le modalità di elezione del Consiglio Provinciale andavano stabilite con legge dello Stato entro il 31 dicembre 2012.

d)      Il Presidente della Provincia è eletto dal Consiglio Provinciale tra i suoi componenti.

Il 6 aprile 2012 il Consiglio dei Ministri approva il disegno di legge per le modalità di elezione degli organi delle Province, non approvato dal Parlamento.

Il Decreto Legge 95/2012 (spending review), dopo l’ennesima fiducia votata dalla Camera dei Deputati, viene convertito in Legge 135/2012 con significative modifiche.

Non si parla più di soppressione e accorpamento delle Province che non hanno i requisiti ma di riordino di tutte le Province

Il Consiglio dei Ministri, in attuazione dell’art. 17 del D. L. 95/2012, approva, con deliberazione del 20 luglio, i criteri per la riduzione e l’accorpamento delle Province, da individuarsi nella dimensione territoriale e nella popolazione residente in ciascuna provincia, tenendo conto dei dati dell’ultimo censimento.

Ai sensi di tale deliberazione, tutte le Province sono oggetto di riordino sulla base dei seguenti requisiti minimi:

a)     dimensione territoriale non inferiore a duemilacinquecento chilometri quadrati;

b)    popolazione residente non inferiore a trecentocinquantamila abitanti.

Le Province di Roma, Torino, Milano, Venezia, Genova, Bologna, Firenze, Bari, Napoli e Reggio Calabria sono soppresse, con contestuale istituzione delle relative Città metropolitane, il 1° gennaio 2014.

Esaurito l’iter previsto dalla Legge 135/2012, il Governo interviene con un nuovo decreto legge 5 novembre 2012 n. 188.

Secondo le previsioni del decreto:

a)      Il numero delle Province delle Regioni a statuto ordinario si ridurrà da n.86 a n.51 (ivi comprese le Città metropolitane)

b)      Il decreto legge, dopo aver ribadito all’art. 1, ai fini del riordino delle Province, il riferimento ai requisiti minimi fissati dalla deliberazione del Consiglio dei Ministri (350.000 abitanti e 2.500 km²), all’art. 2 elenca le nuove Province con efficacia dal 1° gennaio 2014.

Il decreto legge non è stato convertito in legge e pertanto non è entrato in vigore definitivamente alla scadenza dei 60 giorni.

La Legge di stabilità 2013 (Legge 228/2012) interviene nuovamente sulle Province così disponendo:

a)      E’ sospeso fino al 31 dicembre 2013 il termine per emanare la legge dello Stato e le leggi regionali di trasferimento delle funzioni oggi svolte dalle Province ai Comuni o alle Regioni stesse;

b)      E’ prorogato al 31 dicembre 2013 il termine per approvare la legge dello stato che regola l’elezione degli organi delle Province (come enti di secondo grado);

c)      Sono prorogati fino al 31 dicembre 2013 i commissariamenti delle Province in essere o di quelle Province i cui organi sono in scadenza nel 2013;

d)      E’ fissato al 31 dicembre 2013 il termine per emanare il nuovo decreto di riordino e accorpamento delle Province, sulla base delle ipotesi di riordino dei CAL e delle proposte di riordino delle Regioni;

e)      Fino al riordino le Province continuano a svolgere le attuali funzioni;

f)       Il Presidente, la Giunta e il Consiglio restano in carica fino alla scadenza naturale dei mandati;

g)      Fino al 31 dicembre 2013 è sospesa l’applicazione delle disposizioni per l’istituzione delle Città metropolitane.

La Corte Costituzionale, con la sentenza n. 220/2013 ha dichiarato incostituzionali tutte le disposizioni del Governo Monti per violazione dell’art. 77 Cost., in relazione agli artt. 117, 2° comma lett. p) e 133, 1° comma Cost., in quanto il decreto-legge, atto destinato a fronteggiare casi straordinari di necessità e urgenza, è strumento normativo non utilizzabile per realizzare una riforma organica e di sistema quale quella prevista dalle norme censurate nel presente giudizio.

Il giorno successivo alla pronuncia della Corte Costituzionale, il 5 luglio 2013, senza attendere le motivazioni, il Governo Letta approva un disegno di legge costituzionale composto da due articoli che prevedono:

a)      Sono abolite le Province

b)      La parola “Province” è cancellata da tutti gli articoli della Costituzione ove essa ricorre

c)      Sono fatte salve le Città Metropolitane con la riserva alla legge dello Stato per la definizione di funzioni, le modalità di finanziamento e l’ordinamento delle Città metropolitane, ente di governo delle aree metropolitane e il mantenimento delle Città metropolitane negli articoli 118, 119 e 120 della Costituzione.

Nella relazione finale del 17 settembre 2013 della Commissione per le riforme istituzionali (nominata con DPCM 11 giugno 2013) si legge:

In relazione al travagliato tema delle Province, si è proposto di eliminare la parola “Provincia” dagli artt. 114 e segg. della Costituzione, abrogando conseguentemente il primo comma dell’art. 133. In questo senso, l’opinione prevalente della Commissione riflette sostanzialmente l’orientamento già emerso in ambito governativo che, nello stabilire la soppressione delle Province, demanda allo Stato (per i princìpi) e alle Regioni (per la loro attuazione) la disciplina dell’articolazione di enti di area vasta per la gestione e il coordinamento delle funzioni che insistono sul territorio regionale

Dalla relazione emerge la riserva di Valerio Onida: “non concordo con la ipotesi della drastica totale soppressione delle Province in Costituzione. Un livello di governo intermedio fra Comuni (tenendo conto della loro dimensione media comunque assai limitata) e Regione è indispensabile nelle Regioni di maggiori dimensioni. I servizi e le funzioni di area vasta infraregionale (pianificazione urbanistica sovracomunale, gestione dei rifiuti e dell’ambiente, viabilità, trasporti automobilistici locali, assistenza tecnica ai Comuni, ecc.) non possono né essere frammentati a livello comunale, né accentrati a livello regionale. La creazione di indeterminati “enti di area vasta” rischia di tradursi in una molteplicità scoordinata di enti funzionali”.

Nuove disposizioni sulle Province sono contenute nel decreto legge 93/2013 (norme contro il femminicidio):

a)      La conferma dei provvedimenti di scioglimento degli organi e di nomina dei commissari nelle amministrazioni provinciali disposti in applicazione dell’art. 23 del decreto salva Italia, dichiarato incostituzionale con la sentenza 220/2013;

b)      La proroga dei commissariamenti in essere fino al 30 giugno 2014;

c)      Il commissariamento degli Enti i cui organi cessano per scadenza naturale o altri motivi nel periodo dal 1° gennaio al 30 giugno 2014.

la legge Delrio

La Legge 7 aprile 2014 n. 56, cosiddetta Legge Delrio, detta finalmente una disciplina apparentemente organica del riordino delle Province.

 

Dopo la sua approvazione la Legge 56/2014 ha subito altresì modifiche introdotte dal D. L. 66/2014, convertito in Legge 23 giugno 2014 n. 89, e dal D. L. 90/2014, convertito in Legge 11 agosto 2014 n. 114.

 

le funzioni fondamentali

 

Sul tema specifico delle funzioni dei nuovi enti, la Legge 56/2014 prevede che le Province, quali enti con funzioni di area vasta, esercitano le seguenti funzioni fondamentali:

a)      pianificazione territoriale provinciale di coordinamento, nonché tutela e valorizzazione dell’ambiente, per gli aspetti di competenza;

b)      pianificazione dei servizi di trasporto in ambito provinciale, autorizzazione e controllo in materia di trasporto privato, in coerenza con la programmazione regionale, nonché costruzione e gestione delle strade provinciali e regolazione della circolazione stradale ad esse inerente;

c)      programmazione provinciale della rete scolastica, nel rispetto della programmazione regionale;

d)      raccolta ed elaborazione di dati, assistenza tecnico-amministrativa agli enti locali;

e)      gestione dell’edilizia scolastica;

f)       controllo dei fenomeni discriminatori in ambito occupazionale e promozione delle pari opportunità sul territorio provinciale.

 

La Provincia montane esercitano altresì le seguenti ulteriori funzioni fondamentali:

a)      cura dello sviluppo strategico del territorio e gestione di servizi in forma associata in base alle specificità del territorio medesimo;

b)      cura delle relazioni istituzionali con province, province autonome, regioni, regioni a statuto speciale ed enti territoriali di altri Stati, con esse confinanti e il cui territorio abbia caratteristiche montane, anche stipulando accordi e convenzioni con gli enti predetti.

 

La Provincia può altresì, d’intesa con i comuni, esercitare le funzioni di predisposizione dei documenti di gara, di stazione appaltante, di monitoraggio dei contratti di servizio e di organizzazione di concorsi e procedure selettive.

Le Province sono state individuate come l’Ente che deve assicurare la gestione unitaria dei “servizi di rilevanza economicache sono i esercitati da enti o agenzie operanti in ambito provinciale o sub-provinciale, che la legislazione statale e regionale dovrebbe ricondurre esplicitamente in capo ad esse (es. ATO).

Il comma 90 dispone infatti che nel caso in cui disposizioni normative statali o regionali di settore riguardanti servizi di rilevanza economica prevedano l’attribuzione di funzioni di organizzazione dei predetti servizi, di competenza comunale o provinciale, ad enti o agenzie in ambito provinciale o sub-provinciale, si applicano le seguenti disposizioni, che costituiscono princìpi fondamentali della materia e princìpi fondamentali di coordinamento della finanza pubblica ai sensi dell’articolo 117, terzo comma, della Costituzione:

a)      il DPCM ovvero le leggi statali o regionali, secondo le rispettive competenze, prevedono la soppressione di tali enti o agenzie e l’attribuzione delle funzioni alle province nel nuovo assetto istituzionale, con tempi, modalità e forme di coordinamento con regioni e comuni, da determinare nell’ambito del processo di riordino;

b)      per le regioni che approvano le leggi che riorganizzano le funzioni di cui al presente comma, prevedendo la soppressione di uno o più enti o agenzie, sono individuate misure premiali con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze.

Alla città metropolitana sono attribuite le funzioni fondamentali delle province e quelle attribuite alla città metropolitana nell’ambito del processo di riordino delle funzioni delle province nonché le seguenti funzioni fondamentali:

 

a)      adozione e aggiornamento annuale di un piano strategico triennale del territorio metropolitano, che costituisce atto di indirizzo per l’ente e per l’esercizio delle funzioni dei comuni e delle unioni di comuni compresi nel predetto territorio;

b)      pianificazione territoriale generale, ivi comprese le strutture di comunicazione, le reti di servizi e delle infrastrutture appartenenti alla competenza della comunità metropolitana;

c)      strutturazione di sistemi coordinati di gestione dei servizi pubblici, organizzazione dei servizi pubblici di interesse generale di ambito metropolitano. D’intesa con i comuni interessati la città metropolitana può esercitare le funzioni di predisposizione dei documenti di gara, di stazione appaltante, di monitoraggio dei contratti di servizio e di organizzazione di concorsi e procedure selettive;

d)      mobilità e viabilità, anche assicurando la compatibilità e la coerenza della pianificazione urbanistica comunale nell’ambito metropolitano;

e)      promozione e coordinamento dello sviluppo economico e sociale;

f)       promozione e coordinamento dei sistemi di informatizzazione e di digitalizzazione in ambito metropolitano.

 

Lo Stato e le regioni, ciascuno per le proprie competenze, possono attribuire ulteriori funzioni alle città metropolitane.

 

Spettano alla città metropolitana il patrimonio, il personale e le risorse strumentali della provincia a cui ciascuna città metropolitana succede a titolo universale in tutti i rapporti attivi e passivi, ivi comprese le entrate provinciali, all’atto del subentro alla provincia. Il trasferimento della proprietà dei beni mobili e immobili è esente da oneri fiscali.

Al personale delle città metropolitane si applicano le disposizioni vigenti per il personale delle province; il personale trasferito dalle province mantiene, fino al prossimo contratto, il trattamento economico in godimento.

 

il riordino delle funzioni

I commi 91 e 92 dell’articolo 1, della Legge 56/2014, prevedono da un lato la definizione di un Accordo, sancito in sede di Conferenza unificata, tra lo Stato e le Regioni per la determinazione delle funzioni provinciali oggetto di riordino, dall’altro l’individuazione con Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, previa intesa in sede di Conferenza unificata, dei criteri per il trasferimento, agli enti subentranti, dei beni e delle risorse finanziarie, umane, strumentali e organizzative connesse all’esercizio delle funzioni trasferite.

In data 11 settembre 2014 in sede di Conferenza Unificata è intervenuto il predetto Accordo tra Governo e Regioni; in data 11 settembre 2014 in sede di Conferenza Unificata è intervenuto il predetto Accordo tra Governo e Regioni;  nella Gazzetta Ufficiale del 12 novembre 2014 è stato pubblicato il Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 26 settembre 2014.

In particolare l’Accordo detta procedure e tempi per la ricognizione e il riordino delle funzioni delle province, prevedendo che entro il 31 dicembre 2014 le Regioni adottino le iniziative legislative di propria competenza per la definizione del nuovo assetto di funzioni; le leggi regionali di riordino dovranno essere approvate “sentiti gli Osservatori regionali, previa consultazione con il sistema delle autonomie locali, anche attraverso i Consigli delle autonomie locali“.

L’Accordo, al punto 13, stabilisce l’istituzione presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri di un Osservatorio nazionale a cui sono attribuite funzioni di impulso raccordo e monitoraggio per l’attuazione della l. n. 56/2014; dispone inoltre che presso ciascuna Regione sia costituito un Osservatorio regionale, composto secondo le modalità definite da ciascuna di esse in modo da assicurare la presenza di rappresentanti di ANCI e UPI e del Sindaco della Città metropolitana ove istituita.

Agli Osservatori regionali sono riconosciute funzioni di impulso e coordinamento per la ricognizione delle funzioni amministrative provinciali oggetto di riordino e per la conseguente formulazione di proposte concernenti la loro riallocazione presso il livello istituzionale più adeguato, in attuazione dei principi di cui all’art. 118 della Costituzione.

Inoltre secondo quanto previsto dall’art. 2 dello schema di Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, l’Osservatorio regionale verifica la coerenza della ricognizione, effettuata dalle Province, dei beni e delle risorse da trasferire, con i criteri definiti dal medesimo D.P.C.M. e ne valida i contenuti trasmettendo la documentazione all’Osservatorio nazionale.

 

la legge di stabilità 2015

Mentre è in corso l’iter per il riordino delle funzioni interviene la Legge 23 dicembre 2014 n. 190 (legge di stabilità 2015)

La legge di stabilità non ha alcuna coerenza con la riforma Delrio, in quanto anticipa gli effetti che la Delrio prevedeva successivamente al riordino delle funzioni.

La legge 56/2014, pur criticabile per molti aspetti, prevedeva un ordine logico:

a)      si indicano quali sono le funzioni fondamentali che debbono restare in carico alle province;

b)      si stabilisce che le altre funzioni siano ridistribuite tra altri enti;

c)      si apre un processo per quantificare finanziamenti e spese per gestire entrambe le tipologie di funzioni, presso ciascun singolo ente;

d)      si decide quali delle funzioni non fondamentali vadano allo stato, quali alle regioni, quali ai comuni;

e)      si attribuiscono agli enti destinatari i finanziamenti ed il personale necessari.

Dunque, la Delrio prevedeva un semplice spostamento di risorse e funzioni e considerava i trasferimenti del personale logicamente successivi a tutto il resto, mentre non considera per nulla probabili risparmi di spesa, tanto che non ne quantifica.

L’intero iter previsto dalla Legge Delrio, dall’accordo in conferenza unificata e dal DPCM 26 settembre 2014 viene completamente vanificato.

In conformità a detto iter le Province hanno effettuato la mappatura delle funzioni e l’osservatorio regionale ha provveduto alla validazione e trasmissione all’osservatorio nazionale e le Regioni stanno adottando le iniziative legislative di loro competenza.

La legge di stabilità, invece, rompe totalmente questa logica e impone alle Province di tagliare i costi della dotazione organica prima ancora che sia concluso il processo descritto sopra.

La legge di stabilità impone infatti dal 1° gennaio 2015 il taglio delle dotazioni organiche:

a)      per le Province, in misura pari al 50% del costo della dotazione organica del personale di ruolo al 8 aprile 2014;

b)      per le Città metropolitane, in misura pari al 30% del costo della dotazione organica del personale di ruolo al 8 aprile 2014.

senza alcun riferimento alle funzioni.

Viene totalmente ignorato l’esito della mappatura imponendo una riduzione indiscriminata della dotazione organica senza tener conto:

a)      del numero di dipendenti effettivamente addetti all’esercizio delle funzioni fondamentali;

b)      del diverso assetto di deleghe tra le diverse Regioni

c)      della razionalizzazione già realizzata in numerose amministrazioni che si trovano maggiormente penalizzate

d)      senza tener conto di alcun rapporto dipendenti/abitanti o costo del personale/abitante

e)      dell’assetto organizzativo dei singoli Enti e dell’eventuale esercizio di funzioni fondamentali tramite società partecipate.

 

Il disallineamento tra le previsioni della Legge 56/2014 (Delrio) e la Legge di stabilità crea evidenti problemi di gestione del personale.

La determinazione per legge della quota di sovrannumero – non basata  su ragioni organizzative né di riassetto delle funzioni – ma esclusivamente, in modo indifferenziato, sulla spesa del personale alla data dell’8 aprile 2014 determina effetti iniqui tra le varie Amministrazioni

Anziché fissare per tutti il 50%, sarebbe stato certamente più coerente prevedere la rideterminazione della dotazione organica, per ciascuna Provincia, sulla base del personale  assegnato, alla data di entrata in vigore della Legge 7 aprile 2014 n. 56, allo svolgimento delle funzioni fondamentali di cui all’art. 1, comma 85 e comma 88, della stessa Legge nonché alle funzioni generali di amministrazione, di gestione e di controllo, come risultante dalla mappatura effettuata in conformità a quanto previsto dal DPCM 26 settembre 2014 e validata dagli osservatori regionali, ai sensi dell’art. 2, comma 3, del DPCM.

La riduzione prevista della spesa corrente per le Province e Città Metropolitane di un miliardo per il 2015, 2 miliardi per il 2016 e 3 miliardi per il 2017 produce effetti pesantissimi sui bilanci delle Province.

La simulazione, per ciascuna Provincia, degli effetti sul bilancio dei tagli previsti dal disegno di legge di stabilità 2015 sull’esercizio delle funzioni fondamentali ha dimostrato un disavanzo generalizzato di parte corrente e l’impossibilità di effettuare investimenti ed anche semplici interventi di manutenzione su strade e scuole.

La legge di stabilità sostanzialmente modifica e abolisce le disposizioni della legge Delrio, proprio perché introduce un fattore completamente nuovo: l’obbligo in capo alle Province di versare allo Stato a regime 3,380 miliardi.

Al riguardo, si pone un’evidente questione di legittimità costituzionale dei tagli (o meglio della riduzione prevista della spesa corrente) per le Province e Città Metropolitane di un miliardo per il 2015, 2 miliardi per il 2016 e 3 miliardi per il 2017, che si traduce in un versamento allo Stato di una quota rilevante delle entrate proprie degli Enti per violazione dell’art. 119 della Costituzione.

Il comma 4 dell’art. 119 prevede che “Le risorse derivanti dalle fonti di cui ai commi precedenti (entrate proprie e trasferimenti dello Stato) consentono ai Comuni, alle Province, alle Città metropolitane e alle Regioni di finanziare integralmente le funzioni pubbliche loro attribuite”.

Ebbene l’effetto combinato dei tagli previsti dal D. L. 24 aprile 2014 n. 66, convertito in Legge 23 giugno 2014 n. 89, (“Le Province devono assicurare una riduzione della spesa per acquisti di beni e servizi pari a 340 milioni di euro nel 2014 e di 510 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2015 al 2017”)  e della Legge di stabilità 2015 (un miliardo per il 2015, 2 miliardi per il 2016 e 3 miliardi per il 2017) non consente l’esercizio neanche delle funzioni fondamentali riconosciute alle Province e Città metropolitane dalla Legge 56/2014, con conseguente disavanzo di parte corrente, interruzione dei servizi e premessa per il dissesto finanziario.

Inoltre l’intero iter previsto per la mobilità del personale soprannumerario appare lungo ed incerto, posto che non si conoscono i posti disponibili verso le amministrazioni cui dovrebbero transitare i dipendenti.

 

La legge di stabilità prevede che:

a)      Entro 60 giorni vanno definite le procedure di mobilità del personale interessato, con decreto del Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione, previa consultazione con le confederazioni sindacali rappresentative e previa intesa in sede di conferenza unificata, che dovrà fissare i criteri per realizzare i processi di mobilità, anche con passaggi diretti di personale tra amministrazioni senza preventivo accordo, per garantire l’esercizio delle funzioni istituzionali da parte delle amministrazioni che presentano carenze di organico;

b)      Entro 90 giorni, tenuto conto del riordino delle funzioni di cui alla legge 56/2014, secondo modalità  e criteri definiti nell’ambito delle procedure e degli osservatori regionali, va individuato il personale che rimane assegnato alle Province e quello da destinare alle procedure di mobilità, nel rispetto delle forme di partecipazione sindacale previste dalla normativa vigente;

c)      Le regioni e gli enti locali, per gli anni 2015 e 2016, destinano le risorse per le assunzioni a tempo indeterminato all’immissione nei ruoli dei vincitori di concorso pubblico collocati nelle proprie graduatorie vigenti o approvate alla data del 1° gennaio 2015 e alla ricollocazione nei propri ruoli delle unità soprannumerarie destinatarie dei processi di mobilità. Esclusivamente per le finalità di ricollocazione del personale in mobilità le regioni e gli enti locali destinano, altresì, la restante percentuale della spesa relativa al personale di ruolo cessato negli anni 2014 e 2015, salva la completa ricollocazione del personale soprannumerario. Le assunzioni effettuate in violazione di tali disposizioni sono nulle;

 

d)      Il Dipartimento della funzione pubblica avvia, presso le amministrazioni dello Stato, una ricognizione dei posti da destinare alla ricollocazione del personale delle Province interessato ai processi di mobilità. Le amministrazioni statali comunicano un numero di posti, soprattutto riferiti alle sedi periferiche, corrispondente, sul piano finanziario, alla disponibilità delle risorse destinate, per gli anni 2015 e 2016, alle assunzioni di personale a tempo indeterminato. Le procedure di mobilità si svolgono procedendo in via prioritaria alla ricollocazione presso gli uffici giudiziari;

e)      Fino alla conclusione delle procedure di mobilità, il personale rimane in servizio presso le Città metropolitane e le Province con possibilità di avvalimento da parte delle regioni e degli enti locali attraverso apposite convenzioni che tengano conto del riordino delle funzioni e con oneri a carico dell’ente utilizzatore;

f)       A conclusione del processo di ricollocazione, le Regioni e i Comuni, in caso di delega o di altre forme, anche convenzionali, di affidamento di funzioni alle Province, dispongono contestualmente l’assegnazione del relativo personale con oneri a carico dell’ente delegante o affidante, previa convenzione con gli enti destinatari;

 

g)      Al 31 dicembre 2016, nel caso in cui il personale interessato ai processi di mobilità di non sia completamente ricollocato, presso ogni ente di area vasta, ivi comprese le città metropolitane, si procede, previo esame congiunto con le organizzazioni sindacali che deve comunque concludersi entro trenta giorni dalla relativa comunicazione, a definire criteri e tempi di utilizzo di forme contrattuali a tempo parziale del personale non dirigenziale con maggiore anzianità contribuiva;

h)      Nel caso di mancato completo assorbimento dei soprannumeri e a conclusione del processo di mobilità tra gli enti, si applicano le disposizioni dell’articolo 33, commi 7 e 8, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165;

Come si può notare, la mancata ricollocazione del personale eccedentario delle Province presso altre pubbliche amministrazioni determinerebbe la risoluzione ex lege del rapporto di lavoro.

 

Ad esso si aggiunge la possibile decurtazione dei contributi previdenziali per i dipendenti in esubero delle Province che siano utilizzati con contratti di lavoro a tempo parziale, i quali subiscono gli effetti di una situazione di compromesso non ricercata, ma solo subita.

 

La procedura mobilità risulta peraltro del tutto avulsa dal riordino delle funzioni.

E’ assolutamente necessario prevedere una norma transitoria, di carattere finanziario, che consenta a Province e Città Metropolitane di sostenere la spesa per il personale soprannumerario.

Tutte le Province hanno rappresentato che la riduzione delle entrate correnti proprie, legate ai tagli conseguenti alla spending review ed alla flessione dei tributi propri, nonché alle previsioni di cui al comma 418 rendono impossibile la predisposizione del bilancio di previsione 2015 in equilibrio, se non attuato il processo di riordino.

Considerato che il processo di trasferimento delle funzioni di cui all’art 1, comma 89, della legge 7 aprile 2014, n. 56, è ancora in fase di attuazione e proprio per non ostacolarne il buon esito, sarebbe dunque necessario che dall’ammontare della riduzione della spesa corrente prevista per ciascun ente, (un miliardo per il 2015), venga detratta la spesa per il personale soprannumerario, con decorrenza 1 gennaio 2015,  fino alla effettiva ricollocazione.

Il punto 11 dell’accordo dell’11 settembre 2014 in sede di Conferenza Unificata prevede che sono sottratti al riordino le funzioni che rientrino nell’ambito di applicazione di disegni di legge o disegni di legge delega o di deleghe già in atto relativi a riforme di settori organici, fino al momento dell’entrata in vigore delle riforme in discussione.

 

Si tratta in particolare delle competenze in materia di servizi per il lavoro e politiche attive e di funzioni di polizia di tutela dell’ambiente e del territorio.

Fino a tale data, le predette funzioni, nel rispetto del principio di continuità amministrativa, continuano ad essere esercitate dalle Province o dalle Città metropolitane a queste subentrate.

Nulla viene disposto in merito al finanziamento di tali funzioni.

Sui centri per l’impiego, in particolare, andrebbero definite le modalità per l’accesso al fondo dei 60 milioni previsto dal comma 429 della legge di stabilità e andrebbe data attuazione al più presto alla riforma considerato che detta somma è appena sufficiente a garantire la copertura per la spesa del personale assegnato ai centri per l’impego per i primi due mesi dell’anno.

Fra i decreti delegati esaminati dal Consiglio dei Ministri il 24 dicembre, in virtù delle deleghe contenute nella Legge 10 dicembre 2014 n. 183, manca il testo relativo all’istituzione dell’Agenzia nazionale per l’occupazione e la correlata attribuzione all’Agenzia di competenze gestionali in materia di servizi per l’impiego.

Infine le Città metropolitane, la cui istituzione venne salutata come una riforma storica, nascono nella totale incertezza su risorse disponibili, funzioni e struttura organizzativa.

La situazione di caos determinata dalla schizofrenia normativa è dunque sotto gli occhi di tutti.

Malgrado le dichiarazioni di vari esponenti del Governo, la prima immediata conseguenza sarà il taglio dei servizi ai cittadini.

Da anni, e ripetutamente dal decreto “salva Italia” del governo Monti alla Legge Delrio, abbiamo scritto e segnalato le incongruenze ed il rischio caos per i servizi determinati da riforme disorganiche, per nulla ponderate, che interessavano gli Enti Locali in generale, e le Province in particolare.

Riforme – se così si possono definire – avulse da un disegno organico, ignare dell’assetto delle funzioni e finalizzate a dare risposte ad una crescente e dissennata campagna di stampa demolitoria ad ogni costo più che ad esigenze reali di razionalizzazione e contenimento della spesa, solo a dimostrazione della volontà della classe politica di saper finalmente “riformare”.

Resta il fatto che nell’immediato, dal 1° gennaio 2015, nessuno si preoccupa di chiarire chi dovrebbe finanziare tutte le funzioni che la legge Delrio considera non fondamentali, posto che – come afferma lo stesso Presidente Renzi e il sottosegretario Delrio – le risorse residue per le Province sono sostenibili soltanto per garantire le funzioni fondamentali rimaste e che Regioni e Comuni hanno già dichiarato, anche alla luce dei tagli imposti anche ai loro comparti dalla stessa legge di stabilità, non possono e non intendono finanziare tali funzioni.

Nessuno si preoccupa di precisare che tra tali funzioni “non fondamentali” rientrano servizi certamente non sopprimibili quali il sostegno al reddito dei figli riconosciuti da un solo genitore, i servizi di integrazione scolastica per i disabili sensoriali nelle scuole di ogni ordine e grado, la formazione professionale, il trasporto scolastico nelle scuole superiori dei disabili, la promozione turistica locale, i servizi per il lavoro.

Non è soddisfacente né consolante concludere con il consueto ed inutile “lo avevamo detto”. Non lo è tanto più che le vicende delle ultime settimane vanno oltre le stesse – pur di per sé imperfette e caotiche – previsioni normative.

Carlo Rapicavoli

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